Griff, l’intervista: un passo dopo l’altro… alla conquista del mondo

Musica

Marco Agustoni

Griff

La cantautrice britannica, premiata come Rising Star ai Brit Awards, ha pubblicato il nuovo singolo Black Hole e si prepara a conquistare le classifiche con il mixtape One Foot in Front Of the Other

Per molti addetti ai lavori Griff, vent’anni appena compiuti, è a un passo dal raggiungere la fama internazionale come prima di lei alcuni degli artisti più quotati in circolazione. Parliamo di nomi come Adele, Florence & the Machine, Sam Smith e Celeste, che prima di lei hanno vinto il premio Rising Star ai Brit Awards, riservato all'artista britannico più promettente dell'anno.


Scelta per il prestigioso riconoscimento, la cantautrice britannica si esibirà alla cerimonia dell’11 maggio. Per lei potrebbe essere la consacrazione, in vista oltretutto dell’uscita l’11 giugno del suo mixtape One Foot in Front Of the Other, anticipato dal singolo Black Hole. Ecco che cosa ci ha raccontato Griff in un’intervista esclusiva.

Adele, Florence & the Machine, Sam Smith, Celeste… con il premio come Rising Star ai Brit Awards ora hai qualcosa in comune con loro. Come ci si sente?
È strano, a dire il vero. Mi sento come se non avessi idea di come ci sono riuscita. Come se avessi bisogno di qualcuno che mi dia un pizzicotto per avere la certezza di non stare sognando. Mi terrorizza pensare che potenzialmente potrei avere una carriera come la loro. E ovviamente per me è un grandissimo onore e privilegio.


Parliamo del nuovo singolo, Black Hole: cosa ci puoi dire in proposito?
L’ho registrato durante la mia ultimissima session prima del Covid. Eravamo in cerca di un’idea da tutto il giorno e poi nell’ultima ora si è praticamente scritta da sé. Vuole essere una di quelle canzoni un po’ melodrammatiche che all’ascolto ti fanno venire voglia di piangere, ma allo stesso tempo anche di ballare.


A proposito invece di One Foot in Front Of the Other: come mai lo definisci un mixtape e non un album?
Ci sono dentro troppe canzoni, sette, per considerarlo un semplice EP, ma allo stesso tempo non mi sento ancora pronta per uscire con un album vero e proprio. Credo di avere ancora molto lavoro da fare prima di arrivarci.

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È anche a questo che si riferiscono titolo e copertina? Fare le cose un passo dopo l’altro?
Sì, sicuramente. Quando ho scritto le canzoni di One Foot in Front Of the Other, che sarà anche il titolo del prossimo singolo, avevo in testa questa immagine nitida, di quando ti rialzi e cominci a camminare, ed è come se per l’appunto facessi un passo dopo l’altro su una fune. Procedi con cautela, non sai mai cosa succederà al passo successivo, ma non puoi fare altro che andare avanti, un po’ alla volta. Credo che sia il modo in cui mi approccio in generale alla vita, alla musica, alle relazioni…


Le canzoni sono state registrate durante la pandemia: quanto ti ha influenzato quello che stava succedendo?
Molto, perché mi sono ritrovata chiusa in casa a scrivere. È difficile trovare l’ispirazione, quando non metti il naso fuori. In questo senso sono stata costretta a scavare di più dentro di me per trovarla, questa ispirazione. È una delle sfide di essere cantautori: non è sempre facile essere ispirati, qualche volta devi forzare il processo creativo.


Sei anche producer del mixtape… per te era una prima volta?
Ho cominciato producendo beat nella mia cameretta quando ero una ragazzina, e anche quando ho firmato con la Warner, il mio primo brano lo avevo realizzato per conto mio. Quindi, anche se ho lavorato con vari producer, per me era importante rimanere parte del processo di produzione delle tracce. Non sono tante le ragazze che lavorano come producer, per cui credo sia importante che io continui a farlo.

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Ti piacerebbe lavorare anche come producer per altri artisti?
Credo di non essere ancora abbastanza sicura di me per farlo, ho ancora molto lavoro da fare per migliorare come producer. Però sì, un giorno mi piacerebbe.


Però scrivi già per altri, come ad esempio hai fatto per Hailee Steinfield…
Sì, è vero. E mi piacerebbe tantissimo continuare a farlo, anche perché prima ancora di diventare una cantante, ho cominciato scrivendole, le canzoni.


Come funziona il tuo processo di scrittura?
Non è che io abbia una formula particolare. Quando scrivo per conto mio, di solito ci metto più tempo. Prendo appunti sulle cose che mi vengono in mente, poi ci torno sua distanza di qualche giorno e vedo se c’è qualcosa che mi convince. Ma la cosa buffa è che ogni volta che mi metto a scrivere una canzone, mi sembra come se fosse la prima volta e io non sapessi esattamente cosa devo fare.


Hai un tour in programma per ottobre: è un segnale positivo, perché significa che ci si sta preparando per un ritorno alla musica dal vivo…
Sì, speriamo! Prima ancora, a maggio, ci sarà la mia esibizione ai Brit Awards. Sarà fantastico, ma anche terrificante, perché mi esibirò con artisti come Dua Lipa e passerò dall’esibirmi per duecento persone a cantare in un’arena.


Negli articoli e interviste su di te, una delle primissime cose a cui si fa riferimento sono le tue origini miste, come se fosse ancora qualcosa di curioso…
Sì, è vero. C’è da dire però che in effetti un mix fra la comunità giamaicana e quella cinese non è ancora qualcosa che si vede spesso. La cultura black e quella cinese sono un po’ l’opposto, di solito non si armonizzano molto bene, quindi nella musica occidentale è ancora una novità.

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E pensi che in effetti queste origini miste abbiano avuto un impatto sul tuo modo di concepire la musica e la tua carriera?
Credo di sì, perché entrambe le culture mi hanno influenzata. La parte giamaicana è quella che mi ha influenzata di più musicalmente, mentre dalla cultura asiatica ho preso l’idea di fare le cose per conto proprio e darsi da fare perché siano fatte, che credo sia il motivo per cui voglio essere coinvolta in ogni passaggio creativo e produttivo della mia carriera. Inoltre sono cresciuta in un quartiere molto “bianco”, per cui sono abituata a sentirmi differente e a essere vista come qualcosa di particolare. Spiccare così nel mio contesto mi ha spinta a cercare nella musica uno spazio sicuro in cui non dovermi preoccupare dei giudizi altrui.


Sono quasi due anni che hai firmato con la Warner: quanto sono andate veloci le cose da allora e quanto sei rimasta in controllo della situazione?
Quando ho firmato avevo i miei dubbi, perché senti tante “storie dell’orrore” sulle major che ti dicono tutto quello che devi fare. Ma la verità è che mi sono trovata benissimo e sono rimasta sempre in pieno controllo, per cui sono felicissima. Da un certo punto di vista sì, sta succedendo tutto molto velocemente. Dall’altro, però, è da quando ho dieci anni che lavoro per tutto questo e da allora ne sono passati altri dieci, per cui c’è comunque voluto molto, molto tempo.

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