Jon Batiste racconta l’album "Beethoven Blues": "Musica che cura la nostra quotidianità"

Musica
Valentina Clemente

Valentina Clemente

Foto di Eyerusalem Yaregal Seyoum & Melketsadek

"Beethoven Blues" è il nuovo album di Jon Batiste, il terzo in studio del musicista premio Oscar e il primo in cui fonde le composizioni classiche di Beethoven con lo spirito indomito del blues. Ne abbiamo parlato insieme in un’intervista, in cui l’artista da cinque Grammy Awards e secondo afroamericano della storia a vincere un Oscar per la migliore colonna sonora ci ha raccontato di come le sue origini nel sud degli Stati Uniti abbiano plasmato la sua vita, come artista e come attivista per un’America migliore

Jon Batiste si affaccia alla telecamera e guarda curioso chi è collegato, per poi salutare ognuno di noi. Non siamo moltissimi, ma l’artista premio Oscar riserva un sorriso a tutti. Jon Batiste ha un’energia contagiosa, che si trasmette anche attraverso lo schermo di un computer. Di energia, e soprattutto di quella che riesce a diffondere con la sua musica così contagiosa, iniziamo a parlare insieme: gli racconto che l’ho visto a Coachella quest’anno, e che definire il suo concerto all’Outdoor Theatre, uno dei palchi più importanti del Festival, è riduttivo. "È stata una festa, Jon! Tu e i tuoi musicisti ci avete fatto cantare, ballare, muovere all’infinito: un’energia così positiva che raramente un concerto sa trasmettere. Sicuramente uno dei più belli visti quest’anno a Indio. Ma dove trovi tutta questa forza?" gli chiedo curiosa. Lui mi guarda divertito, entusiasta di aver colpito nel segno: "La mia energia? Parte tutta dalla mia anima, è il Soul Power" mi dice.

"La mia energia, il mio Soul Power"

La potenza dell’anima, pronunciata con quel bellissimo accento del sud dell’America, quel sud che nelle sue vene di musicista scorre il sangue del Sud dell’America, ricco di soul e jazz. Musica che racconta anche storie di dolore, segregazione e battaglie per difendere i propri diritti, per cui ha lottato il nonno David, presidente del sindacato dei lavoratori postali della Louisiana. Ne parleremo nel corso dell’intervista, perché questa storia deve essere raccontata, anche perché ci permette di capire la grandezza di un artista come Jon Batiste. "Sai, quest’anno è stato il mio primo concerto a Coachella. È stata una bellissima esperienza: io e la mia band abbiamo suonato al tramonto, nel deserto, c’era una luce bellissima. E poi, forse lo ricordi, mi sono buttato in mezzo al pubblico: essere tra la gente, cantare e suonare, che meraviglia". Ricordo molto bene quel concerto, e dico a Jon Batiste che trovare le parole giuste per descrivere quei momenti è difficile, proprio perché un aggettivo che unisca divertimento, forza, musica e molto altro ancora è un po’ complicato. Lui sorride entusiasta e alla nostra conversazione aggiunge subito: “Quello che mi dici ha un valore fortissimo. Amo quello che faccio, e questo è il cuore di tutto”. 

La musica, il cuore di tutto

Il cuore di tutto, la sua musica. Anche quella di "Beethoven Blues", il suo terzo album in studio, in cui Jon Batiste unisce la musica classica al blues più indomito. Ascoltatelo: ne vale la pena. Ma perché esplorare il mondo di Beethoven?, gli chiedo. Batiste sorride e dice subito: “Amo la musica di Beethoven e ho pensato che questo album potesse essere un amico per tante persone. Un album che si ascolta in momenti diversi della vita: lo si può sentire mentre si medita o al lavoro, mentre ci si dedica alla scrittura o quando si pensa a qualcosa. Si può pregare con la musica, anche piangere, andare a dormire, o far vibrare la propria casa: è la bellezza della classica musica. In questo album la unisco a stili afroamericani come il blues, il gospel, il soul jazz. E la porto in altre forme musicali. Ci sono momenti in cui l’album ha delle sfumature più orientali e sembra più spirituale. Il pianoforte è lo strumento che ci connette a noi stessi. Mi piacerebbe che le persone ascoltassero questo album proprio in questo modo: è molto di più della musica in sé".

 

È proprio così: vai ben oltre la musica. Tu e la musica siete una cosa sola.

Esatto. Non riuscirei mai a comporre melodie che non mi rappresentano. La musica sarà sempre lo specchio di chi sei e della tua umanità: provo sempre a non separare queste due entità, è fondamentale nel mio percorso.

 

Le radici soul e jazz, unite alla musica classica

È importante mettere le tue origini nella tua musica? Nei tuoi brani si respira il sud dell’America, così ricco di musica, storie, sfumature…e insieme alla classicità di Beethoven stanno benissimo. Spiegami, perché questo aspetto mi incuriosisce.

Ho studiato musica per molti anni. La musica classica è bellissima ma ho sempre sentito delle implicazioni verso la musica, che puoi estendere e ridefinire in un modo diverso. Essere di New Orleans, Louisiana, far parte di una famiglia di musicisti di musica afroamericana, della musica di New Orleans stessa e unire tutti questi aspetti sin da bambino è tutto molto naturale. Ho studiato alla Julliard ma anche all’università di New Orleans, ma non quella vera…quella della strada. Anima e scienza si uniscono ed è qualcosa di stupendo: non so perché è stato fatto in più occasioni, prima o dopo Beethoven…a me viene naturale.

 

Beethoven ha cambiato la musica, è stato un gamechanger. È quello che stai facendo anche tu oggi. La musica può essere ancora così potente?

La musica è un’allegoria che ci rappresenta. Possiamo unirci, separarci, possiamo essere tutti insieme: la musica ci consente di fare tutto questo. Ecco perché non credo nei generi, perché separano le persone e le idee. Trovo meraviglioso saper guardare qualcosa dalla prospettiva di un’altra persona. Dobbiamo sempre essere in grado di vederci l’un l’altro, di vedere l’altra persona e non essere ciechi davanti all’umanità dell’altro.

 

Humanity, umanità: è una parola che dobbiamo ripetere più spesso, soprattutto oggi. Restare umani, soprattutto in questo periodo in cui ci sono tante divisioni tra le persone. Credi che la musica ci possa aiutare veramente aiutare? E la tua musica, nello specifico, può essere anche la cura a tanti mali?

Sì, certo. La mia missione è unire le persone come un faro di luce e dare speranza con la mia musica. È sempre stato così. La musica unisce: in un periodo storico in cui tutti si schierano, è importante stare dalla parte della verità e dell'amore. E la musica lo fa meglio di quasi qualsiasi cosa al mondo.

 

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"Le mie collaborazioni sono frutto di amicizia e stima"

Raccontami delle collaborazioni che hai realizzato con altri artisti: so che hai lavorato con Lana Del Rey, ma anche con molti altri. Come riesci ad unire la tua musica a quella di altri cantautori con origini musicali diverse dalle tue?

Quando si collabora si punta sempre a fare qualcosa di bello. E se si prova a fare qualcosa che non si genuino o puro, beh ci capisce benissimo. Quando scelgo con chi lavorare non lo faccio per la fama o il riscontro sui social: lo faccio perché c’è una connessione naturale con l’altro artista. Dietro ad ogni mia collaborazione c’è sempre una storia. Io e Lana, per esempio, siamo amici da tempo e spesso ci siamo incontrati per chiacchierare ma senza parlare di eventuali collaborazioni. Poi un giorno stavamo parlando al pianoforte e abbiamo iniziato a comporre, tanto che abbiamo realizzato tante canzoni, molte di più rispetto a quelle che sono uscite. Ecco, le mie collaborazioni nascono proprio così: non inseguo il successo, ma mi baso soltanto sulla mia intuizione.

 

E dove trovi l’ispirazione per comporre questi brani?

In ambiti che non sono la musica. È la vita quotidiana che mi regala tante idee. Sai, quando suono, racconto la vita in musica: suono le esperienze, ciò che la vita ci regala ogni giorno. È quello che fanno gli artisti che ammiro, ed è quello che provo a fare anch’io. Posso raccontare le cose più semplici come un tramonto o la mia quotidianità, che possono essere d’ispirazione per la mia prossima sinfonia. Oppure osservare un bambino che balla in strada, e proprio quei movimenti possono ispirare la mia coreografia durante un concerto. Quindi, ecco: prendo ispirazione da tante cose, principalmente non legate alla musica.

Il nonno, la sua famiglia e l'impegno civile

A proposito di ispirazione, continuiamo a parlare della sua famiglia e in particolare del nonno David, che per Jon Batiste è stato un riferimento importante. La famiglia di Jon Batiste è sempre stata molto attiva nella lotta contro la segregazione razziale e il nonno, David Gauthier, è stato per molto tempo presidente del sindacato dei lavoratori postali della Louisiana, coinvolto nello sciopero dei lavoratori del 1968 promosso dal Dipartimento dei Lavori Pubblici di Memphis per ottenere salari più alti e condizioni di lavoro più sicure. Uno sciopero che portò alla presenza di Martin Luther King, che pronunciò il suo discorso I’ve Been to the Mountaintop, il giorno prima del suo assassinio. Jon Batiste ha sempre visto il nonno David come esempio, nella vita e nel suo percorso di musicista: “Molto di quello che siamo oggi è frutto del nostro passato. Vedere ciò che ha fatto nonno per me e per la società è molto importante, per tutti” mi racconta.

L'impegno per un'America migliore e la comunità afroamericana

Nella nostra chiacchierata parliamo molto del suo impegno nella società civile: dalla sua prima jazz band, Stay Human, all’organizzazione delle proteste pacifiche a New York contro la brutalità della polizia e partecipando alle marce organizzate dal movimento Black Lives Matter.

Gli chiedo perché per lui è così importante dare il suo contributo, soprattutto oggi, in un’America molto divisa e in difficoltà, dove nulla sembra facile. Batiste non ha dubbi: "È molto più facile cadere nella disperazione che essere un faro di luce. E riempire uno spazio in cui nessuno vuole entrare. Preferisco fare le cose difficili perché hai la ricompensa più grande. E il risultato più grande. E non lo è solo per te: è un risultato per chi verrà dopo di te, che a sua volta potrà fare qualcosa di ancora più grande. Ho fatto tante cose più grandi di me, ma credo sia fondamentale superare l’ambizione egoistica e vivere come persone generose".

"Cadere nella disperazione è facile, ma io preferisco fare le cose difficili: la ricompensa è più grande"

La generosità, sì, oggi. Che si traduce anche nella sua musica, senza limiti e generi: "C’è così tanto da conoscere e condividere della musica…non possiamo mai fermarci alla prima difficoltà" aggiunge Jon Batiste con un sorriso.

Come ultima cosa, prima di salutarci, gli chiedo se ha un augurio per chi ascolterà "Beethoven Blues": "Spero che questa musica vi possa accompagnare nelle vostre giornate, e che possa anche aiutare a guarire ciascuno di noi".

 

Beethoven Blues TrackList

1.       Für Elise-Batiste 

2.       Symphony No. 5 Stomp 

3.       Moonlight Sonata Blues 

4.       Dusklight Movement 

5.       Seventh Symphony Elegy 

6.       American Symphony Theme 

7.       Ode to Joyful 

8.       Fifth Symphony in Congo Square 

9.       Waldstein Wobble 

10.    Life of Ludwig 

11.    Für Elise-Reverie 

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