Elezioni Usa 2024, Jon Batiste: "La mia musica per un'America guarita"

Nelle sue vene di musicista scorre il sangue del South, di quel South ricco di soul, jazz e storia, che si può trovare solo in alcuni Stati americani. Proprio quel soul e jazz che raccontano anche storie di dolore, segregazione e battaglie per difendere diritti fondamentali, tradotti poi in musica quasi per trasformare la tristezza in bellezza e voglia di rivalsa. Jon Batiste non è solo un musicista e cantautore straordinario, ma soprattutto una persona molto attenta alla storia, della sua famiglia e di tante persone che lo vedono come esempio. La storia del nonno, presidente del sindacato dei lavoratori postali della Louisiana, diventata un'ispirazione La sua famiglia è sempre stata molto attiva nella lotta contro la segregazione razziale e il nonno, David Gauthier, era presidente del sindacato dei lavoratori postali della Louisiana, coinvolto nello sciopero dei lavoratori del 1968 promosso dal Dipartimento dei Lavori Pubblici di Memphis per ottenere salari più alti e condizioni di lavoro più sicure. Uno sciopero che porta alla presenza di Martin Luther King, dove pronuncia il suo discorso I’ve Been to the Mountaintop, il giorno prima del suo assassinio. Jon Batiste ha sempre visto il nonno David come esempio, nella vita e nel suo percorso di musicista: “Molto di quello che siamo oggi è frutto del nostro passato. Vedere ciò che ha fatto nonno per me e per la società è molto importante, per tutti” mi racconta in un’intervista. L'impegno di Jon Batiste nella società civile Nella nostra chiacchierata parliamo molto di musica, ma anche del suo impegno nella società civile: dalla sua prima jazz band, Stay Human, all’organizzazione delle proteste pacifiche a New York contro la brutalità della polizia e partecipando alle marce organizzate dal movimento Black Lives Matter. Preferisco fare le cose difficili perché hai la ricompensa più grande Gli chiedo perché per lui è così importante dare il suo contributo, soprattutto oggi, in un’America molto divisa e in difficoltà, dove nulla sembra facile. Batiste non ha dubbi: “È molto più facile cadere nella disperazione che essere un faro di luce. E riempire uno spazio in cui nessuno vuole entrare. Preferisco fare le cose difficili perché hai la ricompensa più grande. E il risultato più grande. E non lo è solo per te: è un risultato per chi verrà dopo di te, che a sua volta potrà fare qualcosa di ancora più grande. Ho fatto tante cose più grandi di me, ma credo sia fondamentale superare l’ambizione egoistica e vivere come persone generose”. La generosità, sì, oggi. Che si traduce anche nella sua musica, senza limiti e generi: “C’è così tanto da conoscere e condividere della musica…non possiamo mai fermarci alla prima difficoltà” aggiunge Jon Batiste con un sorriso. Jon Batiste, esempio per tanti musicisti Gli ricordo le parole di Kamala Harris, quattro anni fa, quando disse all’America I may be the first, but I won’t be the last : tante bambine, in quel momento, vedono nella prima vicepresidente donna della storia americana un modello. Mi immagino quanti giovani artisti guardino a Jon Batiste come un esempio da seguire, e gli chiedo che effetto gli fa, anche solo l’idea. Lui sorride e mi risponde entusiasta: “Sono sempre grato di incontrare giovani musicisti di colore che mi vedono come ispirazione. È bellissimo vedere i nostri valori e sapere chi siamo. È bello poterlo fare, soprattutto in un momento in cui stanno cercando di portare via proprio la nostra identità”. "Spero la mia musica possa essere la colonna sonora di un'America guarita" Gli chiedo se gli piacerebbe che Beethoven Blues, il suo nuovo album in uscita il prossimo 15 novembre, fosse la colonna sonora di una nuova America. Lui sorride, felice, mi guarda e dice: “Spero la mia musica sia la colonna sonora delle nostre vite, ma soprattutto di un’America guarita”. Anche grazie alla magia che Batiste, con il suo pianoforte sa creare.

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