My Love Lockdown: il disco di SINA ci fa rivivere ed esorcizzare l’isolamento da Covid-19

Musica

Camilla Sernagiotto

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Esce domani l’album del giovane rapper che ha postato su Instagram e Telegram i suoi pezzi a tema lockdown durante la quarantena. Il primo EP di SINA per Island Records/Universal Music arriva dritto al cuore, dribblando il cervello. Che comunque stimola parecchio grazie a una tracklist che si rivela un viaggio introspettivo, tra elucubrazioni mentali, Stream of Consciousness ed emozioni forti. Ecco l'INTERVISTA

Vi ricordate del rapper che durante la quarantena pubblicava pezzi a tema su Instagram e Telegram, allietandoci (ma anche scuotendoci non poco) in pieno isolamento sociale?

SINA (al secolo Enrico Silanos) è tornato e stavolta quelle canzoni così emotivamente scioccanti e intelligentemente disturbanti confluiscono in un disco dal titolo emblematico: My Love Lockdown (Midnight Sun).

Si tratta del primo EP di questo giovane artista sardo, classe ’95 e originario di Alghero ma da mesi trasferitosi a Milano per entrare nel roster di Island Records/Universal Music.

Stream of Consciousness per esorcizzare la pandemia

Dall’ugola di questo cantautore rap sgorgano liriche che diventano veri e propri flussi di coscienza. Uno Stream of Consciousness da cui emerge la sua urgenza espressiva. Il tutto inzuppato come una madeleine proustiana in una dimensione lo-fi altamente malinconica.
Le sonorità così come i testi richiamano le atmosfere dei film di Miyazaki e dello studio Ghibli, immaginario a cui si ispirano pure i visual pubblicati dal rapper sui social network. Ma non mancano all’appello nemmeno le canzoni dal retrogusto trap, energiche e con quel ritmo sincopato che scrolla sia fuori sia dentro.

Undici canzoni ad alto tasso di spontaneità

Undici tracce composte di getto ma senza tralasciare quell’attenzione quasi maniacale di SINA nel cogliere le sfumature e l’essenza di ogni lirica e ciascun beat. Il risultato è un album che parla di una tematica che speriamo proprio di esserci lasciati alle spalle (il lockdown appunto) ma che non invecchia, non ha scadenza.

Il merito di questo musicista è quello di avere saputo fotografare con una nitidezza incredibile un momento storico a dir poco delicato, mettendo in musica fedelmente le vibrazioni del momento, senza tuttavia legare troppo i pezzi alla parentesi temporale della quarantena.  
Il motivo è semplice: benché la raccolta rappresenti un racconto personale di SINA del lockdown, analizzando le oscurità da lui vissute con un rigore quasi autoptico, a monte di tutto c’è un viaggio di formazione, una crescita che diventa il fil rouge dell’EP.

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Notti, la canzone in cui tutti ci rivediamo (in pieno lockdown)

La traccia che fa da incipit, Notti, è la più iconica del disco e amplifica un sentimento apocalittico che grava sulle giornate trascorse in casa tra solitudine, lontananza dalla città d’origine, complessa gestione dei rapporti e necessità di trovare vie di fuga. Un vissuto emotivo personale che diventa tuttavia universale, immediatamente riconosciuto da qualsiasi persona a qualsiasi latitudine in questo momento di pandemia.

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Tante collaborazioni, da Mecna a Priestess e CoCo

A completare e impreziosire la tracklist ci sono vari feat: dalle collaborazioni con nomi più affermati come Mecna, Priestess e CoCo fino alle giovani promesse Malakay e Yamba, My Love Lockdown (Midnight Sun) è un caleidoscopio di sound, sentimenti e tasselli di vita. Il puzzle che ne esce? Lo abbiamo voluto ricomporre pezzo dopo pezzo proprio assieme a lui.

Ecco cosa ci ha raccontato il rapper SINA di questo suo disco - disponibile su tutte le principali piattaforme digitali per Island Records/Universal Music - e di tanto, tantissimo altro ancora.

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Intervista a SINA

Come è nato questo disco? Da quale urgenza emotiva?

È nato nel periodo del lockdown, momento in cui io - come tutti - avevo tanta voglia di esprimermi a livello artistico. Chiusi a casa come eravamo, ho dovuto scrivere per esigenze quasi terapeutiche. Sentivo il bisogno di fare musica e pubblicarla, condividerla. La cosa si è riflessa sul pubblico, da cui ho ricevuto un feedback positivo. La gente aveva bisogno di distrarsi, di staccare la testa. Oltre a Instagram, ho usato Telegram, un gruppo Telegram per avere un contatto diretto, una chat collettiva che mi desse accesso diretto ai fruitori, agli ascoltatori. E ti dirò: è stato terapeutico sia per me sia per loro, da quello che mi hanno detto. Avevamo bisogno di ingannare il tempo e non solo.

Quali sono i brani più forti, emotivamente e musicalmente parlando? E perché.

Tutto il disco è una bella botta di emozioni. È molto intimo, un flusso di coscienza continuo. La canzone Sta scrivendo... l’ho scritta a notte tarda, dopo una litigata, e sembra proprio che io stia parlando con quella persona. È uscita molto forte nella sua spontaneità. Pure Vintage/ Bla Bla e Ok :) si basano sul pensiero libero, sul flusso di coscienza e sono una specie di dedica alla vita. Mi sono trasferito a Milano i primi di marzo, due giorni prima del lockdown in pratica. Crescere tutto in un colpo in una situazione fuori dall’ordinario, in piena quarantena, non è facile. Fragile è uno dei pezzi che potrebbe diventare cult. Uno dei miei punti di forza è la fragilità che metto nelle canzoni: non voglio fare il superman ma, anzi, fare emergere la mia fragilità che considero il mio punto di forza.  


Credi che questo tuo disco si potrà ascoltare anche tra due, tre, quattro anni, a pandemia (si spera) finita?

Sì, assolutamente sì. Ho pensato a questa cosa: fotografando un periodo così particolare c’era il rischio che rimanesse confinato a quei giorni. Ma in realtà è un disco così spontaneo che ha le carte in regola per poter restare. Me lo auguro.

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La canzone "Covid Jouer"

Hai scelto tu i feat., con chi collaborare?

Sì, ho scelto io. Avevamo un bacino di scelta molto ampio ma ho voluto assolutamente scegliere Mecna in Sta scrivendo… che è perfetto. CoCo ha scelto Fragile ed è perfetto anche questo: nella musica di CoCo vedo tanto la fragilità, la stessa che mi appartiene. Priestess in Almeno un po’. Yamba è una scelta fuori dalla sfera, fuori dalla confezione del disco, almeno per quanto riguarda le sonorità. Fuori dalla mia comfort zone insomma, perché Yamba ha un suono più trap nella sua musica ma ha arricchito a suo modo il pezzo. Poi c’è Malakay che è una persona con cui lavoro da sempre. È come un fratello, ho vissuto un mese da lui prima di trovare casa qui a Milano quindi ci unisce un legame molto forte.

Chi ti ha più ispirato nel tuo percorso musicale?


A livello artistico c’è Drake che seguo da tantissimo. I suoi pezzi hanno una potenza nell’intimità fuori dall’ordinario. Durante il lockdown ho ascoltato molto HIStory e Off the Wall di Michael Jackson. La musica in quarantena è stata però una cornice, la ascoltavo quando non scrivevo e non è entrata così tanto nei miei pezzi. Ma mi hanno influenzato in generale, nel mio percorso artistico, Drake e Michael Jackson.


Qual è stato il momento decisivo, quell’attimo che ogni artista vive chiamato “sliding doors” che cambia radicalmente la strada da percorrere nella vita?

Tre anni fa mi sono reso conto che non ero felice della vita che stavo facendo. Mi dividevo tra lavoro e studio. Faccio musica da quando ho 16 anni ma volevo farla al 1000%, non volevo che fosse un hobby, un contorno. A livello empatico è stata una botta rendermene conto e decidere di farlo nella vita e per la vita. Mi sono voluto più bene, mi sono capito.


Come vivi l’impotenza di suonare dal vivo a causa del Covid-19?

Adesso non ho fretta. Mi piace un sacco stare in studio e produrre in generale. La parte più importante è l’espressione in sé, quando mi metto a scrivere e quando ascolto. Il live mi manca ma non la sto vivendo così male, sarebbe però bello avere un contatto con il pubblico che adesso manca.

Hai in programma un live digitale, qualcosa sui social? Il tuo album del resto è nato sui social. raccontaci di quella genesi, del progetto in nuce su IG e Telegram.

È stato un po’ assurdo, sarà che sono ancora provinciale come mentalità. Ho fatto tutto per dare la musica alla gente, avevo voglia e bisogno di fare uscire le cose. C’ero io che producevo a ruota e mi spiaceva fare invecchiare la roba nel computer. Così ho appaiato ai brani dei visual che sono stati molto d’impatto, ispirati alla filmografia di Miyazaki. La città incantata mi ha aperto la vita in quarantena. L’ho rivisto e mi ha folgorato. A mezzanotte, stanotte, esce l’EP. Alle 23.30 live su IG (il profilo di Instagram è mylovesina, ndr).

Stasera incomincia X Factor (LO SPECIALE). Cosa ne pensi di questa edizione così diversa e unica che porterà finalmente la musica dal vivo nelle case?


Ho seguito qualche edizione in passato. Sono curioso di vedere cosa succederà in questa. Ho da poco conosciuto Sofia Tornambene, conosciuta come Kimono, la vincitrice della scorsa edizione. Davvero eccezionale. Partecipare a X Factor vuol dire andare incontro a una mole di lavoro e di responsabilità pazzesche.


Hell Raton (GUARDA LA VIDEO-INTERVISTA) è uno dei giudici di X Factor 2020. È anche lui sardo, rapper e ha cinque anni in più di te. L’hai mai conosciuto, ti piacerebbe collaborare con lui?

Stiamo parlando di persone che sono partite dalla loro terra (che è la mia terra) e hanno creato un impero. Dire che ho rispetto per lui è il minimo. Rispetto molto il suo percorso, per me sarebbe bellissimo conoscerlo.

E partecipare a X Factor?

Ovviamente mia madre ha cercato di dirmi più volte “Perché non provi ad andare a X Factor?”. Ma per ora il mio unico obiettivo è fare i miei dischi, dischi che restino e che raccontino di me, per ora mi accontento di questo. Trovo che i talent siano percorsi un filo diversi e a me per ora basta fare la mia musica, scrivere e suonare le mie canzoni, applicarmi e spingere su quello. Non è nelle mie corde, nella mia volontà però magari domani diventerà mio interesse e percorrerò quella strada. Rispetto chi dà il 100% in quelle situazioni, ci vogliono una grinta e una responsabilità enormi. Però non è il mio percorso, per ora.

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