North of Loreto: Bassi Maestro alla riscoperta delle sue radici musicali

Musica

Marco Agustoni

Foto: Francesco Caracciolo
North of Loreto Bassi Maestro

Dopo l’addio all’hip hop, il rapper, dj e produttore milanese prosegue con il suo nuovo progetto incentrato su sonorità dance ed elettroniche e pubblica il secondo album, intitolato M. LEGGI L'INTERVISTA

Attivo da oltre trent’anni nel panorama hip hop italiano, dove si è imposto come dj, produttore ed mc di spessore, Bassi Maestro (visita il suo profilo Instagram) ha di recente sentito il bisogno di cambiare direzione e ha dato vita al progetto North of Loreto. Dopo il primo, omonimo album a cavallo fra dance, funk ed elettronica, esce ora il secondo capitolo di questa nuova saga, intitolato M (ascolta il disco su Spotify), che conferma il cammino intrapreso, con nove tracce che traggono ispirazione dalle sonorità house e acid nate fra New York e Chicago a cavallo fra gli anni ’80 e ’90. Ecco l’intervista.

 

Il primo disco come North of Loreto poteva magari essere preso per un esperimento, ma questo bis arriva come una conferma del percorso intrapreso, giusto?


Avevo già annunciato due anni fa che North of Loreto non era un semplice passatempo, quando ho smesso ufficialmente di fare il rapper. Da lì in poi ho deciso di non fare più niente che fosse legato a quel mondo. Dopo venticinque anni quel che dovevo vedere l’ho visto, per cui ho sentito il bisogno di cambiare. Ma non si tratta di una cosa nata all’improvviso: era sempre lì, solo che rimaneva in secondo piano rispetto a quella che era la mia occupazione principale. Il rap era il mio lavoro e richiedeva cura, per cui non è che rimanesse molto tempo per dedicarsi ad altro.


C’è stato un motivo scatenante oppure questo passaggio è avvenuto in maniera spontanea?


È stato spontaneo e naturale. A partire da cinque-sei anni fa ho cominciato a inserire musica diversa nei miei dj set, a suonare un po’ di tutto. E questo in un certo senso è stato il preludio a North of Loreto.


Nel precedente disco c’era il featuring con Ghemon, mentre in M non c’è nessun rapper: è stata una scelta voluta per rimarcare questo tuo cambiamento?


Nì, nel senso che non so se senza il lockdown questo disco sarebbe stato uguale. Avevo alcune collaborazioni in piedi, ma ovviamente ho dovuto mettere tutto in pausa. Per cui ho preso il materiale più omogeneo che già avevo a disposizione e l’ho chiuso. Mi serviva una conferma di quanto fatto finora, per cui ci ho messo dentro le cose più dritte, più elettroniche che avevo da parte.

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A livello di influenze cosa è entrato in M?


Tutto quello che sentivo da ragazzino e che tentavo di produrre già allora. Il disco precedente era più black, più West Coast, mentre questo è più East: si sentono New York, Chicago, l’acid house, la deep house…


Insomma è una sorta di registrazione di quella che è stata la tua formazione musicale...


Sì, mi piace come definizione, è quello che sto cercando di fare. La mia formula è sempre stata di fare quello che volevo, di rendere pubblici i miei interessi personali, senza preoccuparmi troppo di quello che voleva il pubblico. Che, mi rendo conto, come scelta è rischiosa. Adesso mi sento di fare questa cosa e ho cominciato a farla in modo molto spontaneo. Senza contare che a livello di rap c’è un po’ il pieno. Non volevo riciclarmi, anche perché è facile, quando sai fare bene una cosa. Sentivo più bisogno di stimoli, che di conferme.


Ricollegandoci alla situazione generale, in cui al momento di conferme ce ne sono ben poche, si può anche dire che cercare nuovi stimoli sia l’unica soluzione possibile…


Sicuramente. Poi molti si adagiano su quello che c’è, ma è un periodo in cui ad aver voglia di scavare oltre la superficie si può trovare di tutto. Se vai oltre la programmazione radiofonica – mi fa ridere che anche quest’anno siano lì a proporci le canzoni dell’estate, solo perché ce le avevano già pronte, quando onestamente visto come stanno le cose nessuno ne sentiva il bisogno – tra Spotify, Youtube e Twitch ci sono tantissimi mondi da scoprire.

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Nei tuoi dischi si sente, questa ricerca continua?


Credo che il primo fosse un buon disco, ma un po’ ingenuo a livello musicale e di produzioni. Probabilmente oggi lo farei diverso. Ma ci deve essere un punto di partenza... per me in questo momento è un continuo imparare cose nuove. Nel prossimo, anche per bilanciare il lockdown, ho in programma di inserirci molte collaborazioni, per renderlo un’opportunità di scambio musicale con cantanti e produttori.


Rimane, quindi, l’esigenza di confrontarsi…


Oltre che in studio, sto lavorando anche su Twitch, dove sul mio canale ho la possibilità di sperimentare. Trovo che sia interessante, a proposito di Twitch, aver creato a livello internazionale un canale che comunica con le dirette. Mi ha dato l’occasione di confrontarmi con persone che magari non ho mai incontrato, ma con cui mi trovo molto bene. Per molti che condividono il mio percorso è stata l’opportunità di ritrovare in parte quel senso di comunità che c’era con l’hip hop e che poi, anche semplicemente perché da allora è passato parecchio tempo, è andato perso.


A proposito di confronto diretto, sei già riuscito a farti un’idea di come potrà riprendere l’attività live?


No, credo che l’unica cosa da fare sia avere pazienza, senza arrendersi ai fatti. Bisogna sempre essere pronti a tornare a fare le cose con la mentalità di prima. Ma temo che fino all’estate prossima sarà difficile riprendere a fare live in maniera continuativa.


Il quartiere di NoLo a Milano, che dà il nome al progetto e dove hai il tuo studio da più di dieci anni, come ha retto l’impatto con la pandemia e il lockdown?


Ci si rimbocca le maniche. Tante iniziative già nate o che stavano per nascere sono rimaste con le gambe troncate, ma si respira la voglia di rimettersi in moto non appena possibile.


Il vinile, nel progetto North of Loreto, rimane un punto di riferimento importante…


I vinili li metto sempre al primo posto di tutto, perché per me sono l’unico modo di avere stimoli spendibili in concreto. Se compro un disco non è per tenermelo da parte dietro una vetrina, ma perché non vedo l’ora di suonarlo durante un set oppure di usare un sample. Da sette-otto anni c’è stato un ritorno del 45 giri: credo che investire in questo formato sia anche un po’ un modo, per quelli della mia generazione, di rimettere le cose in prospettiva. Tutti quanti hanno un pc, un controller… tutti possono mettere su i dischi. Ma siamo noi ad avere i dischi rari, noi li suoniamo, li collezioniamo. È una cosa diversa. Per me è stato come fare due più due: il risultato è North of Loreto.

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