
Roberto Benigni, la sua carriera da La Vita è bella al Leone d'Oro. FOTO
Nato a Castiglion Fiorentino il 27 ottobre del 1952, è la quintessenza della toscanità e dunque dell'italianità a un tempo modernissima e ancestrale. Dal teatro del Beat ’72 all’approdo al cinema, negli ultimi anni è stato ambasciatore della Costituzione e di Dante.

Roberto Benigni è stato premiaro con Leone d'oro alla carriera della 78/A Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia, che ha fatto propria la proposta del direttore della Mostra Alberto Barbera
Mostra del Cinema, Leone d'oro alla carriera a Roberto Benigni
"Il mio cuore è colmo di gioia e gratitudine. È un onore immenso ricevere un così alto riconoscimento verso il mio lavoro dalla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia”, ha commentato Benigni
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Oscar per “La vita è bella” nel 1999, Roberto Benigni è l’unico attore uomo italiano ad essersi aggiudicato l’ambita statuetta come miglior attore protagonista, recitando nel ruolo principale in un film in lingua straniera. È impossibile non tornare con la memoria alla notte del 21 marzo 1999 quando fu Sophia Loren a chiamarlo sul palco dell'Oscar con un sonoro ''Robberto!!!'' a celebrare l'incredibile trio di statuette conquistate dal film
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Roberto Benigni è la quintessenza della toscanità e dunque dell'italianità a un tempo modernissima e ancestrale
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Ma nel microcosmo della terra del suo amato Dante, due luoghi se ne contendono la paternità: Castiglion Fiorentino nell'aretino, dove è nato nel 1952 da genitori contadini sfoggiando un altisonante Remigio come secondo nome all'anagrafe, e Prato, dove è cresciuto e ha conseguito il diploma di ragioneria

Quarto figlio dopo tre adorate sorelle, l'adolescente Roberto tradisce presto la vena poetica e creativa, apprende l'arte antica del poetare all'impronta, si cimenta nel canto e debutta al Metastasio di Prato, non ancora trentenne, sostituendo irruenza e talento allo studio della drammaturgia e della recitazione

Nella vicina Firenze entra in contatto con attori come Carlo Monni e Marco Messeri, con cui andrà a comporre un'affiatata coppia comica

Poi si trasferisce a Roma: sono gli anni del Beat '72, la compagnia di Lucia Poli con cui si esibisce nelle cantine e nei teatrini e qui incontra nel 1975 Giuseppe Bertolucci, il primo a intuirne tutte le potenzialità di poeta vernacolo e formidabile istrione

Bertolucci gli cuce addosso il monologo del 'Cioni Mario' con cui, partendo da Teatro Alberico, otterrà un clamoroso successo in tutta Italia. È l'inizio della vera carriera, subito confermata dalle trasmissioni televisive “Onda libera” e “Vita da Cioni" e dal primo invito al Premio Tenco di Amilcare Rambaldi

Scoperto il set nel 1976 con “Berlinguer ti voglio bene”, sempre di Giuseppe Bertolucci, Benigni non lo lascerà più, nonostante incursioni costanti in tv, nella canzone, nell'improvvisazione dal vivo come quando sconvolge le leggi della rappresentazione politica prendendo in braccio, durante un comizio del 1983, proprio il leader del Pci, lo schivo Enrico Berlinguer

Dello stesso anno è la sua prima regia: il film a episodi “Tu mi turbi”, seguito da un exploit forse non previsto nemmeno dai due protagonisti: “Non ci resta che piangere”, diretto e interpretato a quattro mani con Massimo Troisi nel 1984

Ormai popolarissimo anche grazie alle incursioni televisive come quella al festival di Sanremo del 1980 (il sensualissimo bacio alla sua compagna dell'epoca, Olimpia Carlisi), rasserenato nella vita privata dopo l'incontro e il matrimonio con Nicoletta Braschi, Roberto Benigni fugge lontano per non rischiare un'overdose di successo

Sbarca negli Stati Uniti chiamato da un altro talentuoso come Jim Jarmush che lo vuole sul set di "Daunbailò" del 1986. Dalla trasferta riporta in patria una diversa sicurezza come regista, l'amicizia con Walter Matthau e l'idea per un nuovo film, il primo scritto insieme a Vincenzo Cerami che lo incontra grazie a Giuseppe Bertolucci

Nasce così “Il piccolo diavolo” del 1988, cui seguiranno “Johnny Stecchino” (1991), “Il mostro” (1994), fino al trionfo de “La vita è bella” (1998), rivelato al festival di Cannes (premio speciale della giuria da parte di un estasiato Martin Scorsese) e confermato all'Oscar l'anno dopo con sette candidature e tre premi (miglior regista, migliore attore protagonista e migliori musiche per Nicola Piovani)

“La vita è bella” è il film italiano che ha incassato di più nel mondo, è quello che ha vinto più Oscar. Ma ancora prima del trionfo in quella notte del 21 marzo 1999, il capolavoro di Benigni era riuscito a conquistare diversi primati. Nessun film in lingua straniera, prima di allora, aveva mai incassato così tanto in America

I due film successivi, l'ambizioso “Pinocchio” del 2002 e il poetico “La tigre e la neve” del 2005 (sempre in coppia con Cerami) non hanno il successo dei film precedenti, anche perché abbandonano la vena comica che lo aveva sempre caratterizzato per essere di più al servizio della ricerca poetica con un voluto azzeramento di ogni virtuosismo anche recitativo

Da allora Benigni ha ridotto le presenze sul set (salvo sporadiche apparizioni come in “To Rome with Love", di Woody Allen) per riabbracciare il teatro con le spettacolari letture dantesche cominciate nel 2006 e la tv con apparizioni-evento, come per la celebrazione dell'unità italiana

Benigni si è impegnato come lettore, interprete a memoria e commentatore della Divina Commedia di Dante, per la cui diffusione la stampa svedese ipotizzò addirittura una sua candidatura al Premio Nobel per la letteratura 2007. Nelle vesti di divulgatore ha, inoltre, recitato il Canto degli Italiani, i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana e i dieci comandamenti biblici ricevendo consensi di pubblico e critica

Nel 2019, dopo sette anni di assenza, è tornato sul grande schermo con “Pinocchio” di Matteo Garrone: ricopre il ruolo di Geppetto

In occasione del Dantedì del 2021, Benigni ha letto il XXV Canto del Paradiso nel Salone dei Corazzieri, al Quirinale, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del ministro della Cultura Dario Franceschini

Premiato in tutto il mondo, Benigni ha speso la sua carriera nella meticolosa costruzione di una maschera popolare che respira la commedia dell'arte, distilla una crescente sapienza culturale, ricerca nei modi più inattesi la parola poetica