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Andrej Tarkovskij, 90 anni fa nasceva il regista sovietico: i 7 film da recuperare. FOTO

Cinema fotogallery
04 apr 2022 - 06:30 15 foto
WebPhoto/Getty

Nato il 4 aprile 1932 e morto il 29 dicembre 1986, è considerato uno dei maestri del cinema moderno, citato come fonte d’ispirazione da altri grandi. Da L'infanzia di Ivan a Sacrificio, ecco i suoi 7 lungometraggi, considerati da molti dei capolavori

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Andrej Tarkovskij è uno dei più famosi registi sovietici, nato il 4 aprile 1932 a Zavraž'e e morto nel 1986 a Parigi. È uno dei maestri del cinema moderno, citato come fonte d’ispirazione da altri grandi. Ha girato 7 lungometraggi, considerati da molti dei capolavori. Tra i suoi tratti caratteristici, le sequenze lunghe, le strutture narrative atipiche, l’uso della fotografia cinematografica, i diversi livelli di significato. Tra i temi, anche la libertà d’espressione sotto il regime sovietico. Celebriamo i 90 anni dalla sua nascita riscoprendo i suoi 7 film

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L'infanzia di Ivan (Ivanovo detstvo), 1962 - È il primo lungometraggio di Tarkovskij. Vince il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia, ex aequo con Cronaca familiare di Valerio Zurlini. Ambientato durante la Seconda guerra mondiale, racconta la storia del 12enne Ivan e della sua infanzia rubata: dopo che i tedeschi gli hanno sterminato la famiglia, fa la staffetta e l'esploratore per i partigiani russi. Il crudo realismo del conflitto si alterna a digressioni oniriche, in una pellicola tragica e lirica allo stesso tempo

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Una delle locandine del film L'infanzia di Ivan. In Italia la pellicola scatena una polemica e, in sua difesa, si schiera anche Jean-Paul Sartre. “In un certo senso, io penso che il giovane regista abbia voluto parlare di sé e della sua generazione. Non di coloro che sono morti, ma, al contrario, di coloro la cui infanzia è stata spezzata dalla guerra e dalle sue conseguenze”, scrive sulle pagine de l'Unità

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Andrej Rublëv, 1966 - È considerato tra i migliori film degli anni ’60, presentato - con alcuni tagli - al Festival di Cannes 1969. Composto da 8 capitoli, un prologo e un epilogo, mostra momenti diversi della vita di Andrej Rublëv, famoso pittore di icone, con sullo sfondo la Russia del XV secolo, sconvolta dalle lotte tra principi rivali e dalle invasioni dei Tartari. I temi e i livelli allegorici sono diversi, tra cui la libertà di espressione artistica sotto il regime sovietico e la fede. È l’inizio di un lungo braccio di ferro con le autorità

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La locandina di Andrej Rublëv. Ingmar Bergman su Tarkovskij: “Il film, quando non è un documentario, è un sogno. Per questo è il più grande di tutti. Porta nel cinema un nuovo linguaggio che gli permette di afferrare la vita come apparenza, come sogno. Quando scoprii il suo primo film fu per me un miracolo. Mi trovavo davanti alla porta di una camera di cui non possedevo la chiave. Una camera dove io avrei voluto penetrare e dove lui si trovava a suo agio. Mi vidi incoraggiato e stimolato: qualcuno era riuscito a esprimere quello che io avevo sempre voluto dire”

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Solaris (Soljaris), 1972 - Il film è tratto dall'omonimo romanzo di fantascienza del polacco Stanisław Lem. Al Festival di Cannes vince il Grand Prix Speciale della giuria. Racconta di uno scienziato che arriva sulla stazione spaziale in orbita attorno al pianeta Solaris per indagare su alcuni strani fenomeni: scopre che l'oceano del pianeta è una entità senziente che materializza il passato e i ricordi. Più che un viaggio nello Spazio, è quindi un viaggio nel subconscio umano. Ritmo lento, lunghe inquadrature, allegorie: è un film tanto angoscioso quanto ipnotico

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Una delle locandine di Solaris. In Italia il film, pubblicizzato come "La risposta della cinematografia sovietica a 2001: Odissea nello spazio", arriva nel 1974. Curata da Dacia Maraini, l’edizione italiana viene “snellita” senza consultare il regista: tagliati, ad esempio, i primi 40 minuti. Nonostante queste difficoltà, la pellicola ottiene applausi dal pubblico e dalla critica

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Lo specchio (Zerkalo), 1975 - È il film più personale ed ermetico del regista, quello che avvicina di più il cinema alla poesia. Arrivato ai 40 anni, Tarkovskij fa un bilancio della sua vita. Il presente, il passato, i sogni e i filmati dei cinegiornali si mescolano, in bianco e nero e a colori: il racconto segue il lavoro della memoria, con le sue frammentarietà, lacune, sostituzioni e deformazioni. Alcuni attori interpretano due personaggi. Il virtuosismo tecnico è finalizzato alla creazione di un'atmosfera eterea. Fu ostacolato in ogni modo dal regime sovietico

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Una delle locandine del film Lo specchio. “Per me è Dio”, ha detto Lars von Trier su Tarkovskij. In un’intervista ha confessato di aver guardato questa pellicola almeno venti volte. “La visione de Lo specchio fu un’esperienza spirituale perché davanti a me si aprirono mondi di cui non conoscevo l’esistenza, ma per i quali provai immediatamente simpatia”, ha spiegato

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Stalker, 1979 - È liberamente tratto dal romanzo di fantascienza dei fratelli Strugackij Picnic sul ciglio della strada. È il lento e suggestivo viaggio di uno scrittore e uno scienziato, guidati da uno “stalker”, all’interno di una misteriosa “Zona” dove si dice esista una stanza in cui vengono esauditi i desideri: emergono, e si scontrano, le tre diverse concezioni della vita dei protagonisti. Presentato al Festival di Cannes, è l’ultimo film di Tarkovskij girato nell’Urss, prima del trasferimento in Italia

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Una delle locandine di Stalker. “Io amo tutti i film di Tarkovskij. Amo la sua personalità e tutte le sue opere”, ha detto Akira Kurosawa sul regista sovietico

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Nostalghia, 1983 - È il primo film di Tarkovskij fuori dalla Russia, autobiografico, girato nella campagna senese. È la storia di un intellettuale russo che, mentre si trova in Italia per scrivere la biografia di un musicista del XVIII secolo, è consumato dalla nostalgia per la madrepatria. Fa amicizia con il matto del paese, Domenico, che gli affida un voto da compiere in sua vece. Premiato a Cannes, è scritto con Tonino Guerra e ha la splendida fotografia di Giuseppe Lanci

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Una delle locandine di Nostalghia. Alejandro González Iñárritu su Tarkovskij: “Ricordo che la prima volta che ho visto un film di Tarkovskij ne sono rimasto scioccato. Non sapevo come reagire. Sono rimasto affascinato dalla sua regia. Improvvisamente ho capito come i film possano contenere molti più strati nascosti di quanto potessi immaginare, di quanti ne vedi al primo impatto”

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Sacrificio (Offret), 1986 - L’ultimo film di Tarkovskij, girato in Svezia. Presentato a Cannes, vince 4 premi (tra cui il Grand Prix Speciale della giuria) e la mancata Palma d’oro provoca polemiche. Racconta la storia di Alexander, vecchio intellettuale che vede crollare tutto per lo scoppio di una guerra nucleare. Prega Dio di salvare il mondo, in cambio fa voto di rinunciare a tutto. Ne esce una pellicola raffinata, sontuosa, lenta, austera, che lascia spazio alle interpretazioni di chi guarda. Si conclude con una dedica al figlio, “con speranza e fiducia”

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Una delle locandine di Sacrificio. Quando il regista inizia a lavorare a questo film, sa di essere gravemente malato di cancro. Muore nella notte tra il 28 e il 29 dicembre del 1986, a 54 anni, in una clinica di Parigi

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