Jurassic World - La Rinascita, terrore e magia 32 anni dopo. La recensione del film
Cinema Universal via Webphoto
Atre decenni dall'inizio della iconica saga, il mondo ha perso interesse per le creature provenienti dal passato preistorico ma ne ha bisogno per assicurarsi una vita più lunga. Gareth Edwards e David Koepp, sceneggiatore dei primi due film di Steven Spielberg, riportano sullo schermo lo spirito delle avventure degli inizi
Sono passati tre anni da quando si è chiusa la seconda trilogia della saga di Jurassic Park - con Jurassic World - Il dominio - e trentadue anni da quando il primo leggendario lungometraggio di Steven Spielberg è arrivato nelle sale per cambiare la storia del cinema - in senso sempre più digitale - e spostare un po' più in là il senso di meraviglia di adulti e bambini davanti allo splendore maestoso delle ere passate.
Nel tempo presente i dinosauri non interessano più a nessuno, non fanno tendenza, direbbero alcuni. Ma contano ancora parecchio per questioni di scienza, perché i loro geni potrebbero assicurare agli uomini una vita più lunga e più sana.
Dalla creazione di un parco divertimento tematico a quella di un farmaco prodigioso, è sempre una questione di dominio dell'uomo sui dinosauri, da più di trent'anni.
Insomma, la storia non smette di ripetersi, anche se gli scenari sono differenti e i volti sono cambiati.
In Jurassic World - La Rinascita, pellicola targata Universal al cinema dal 2 luglio, Rupert Friend è un nuovo tipo di cattivo, il capo di un colosso farmaceutico, Jonathan Bailey è lo scienziato (allievo di Alan Grant, oltretutto, il primo paleontologo del franchise), Scarlett Johansson l'avventuriera a caccia di denaro a capo di una missione in cui si porta dietro gli amici Mahershala Ali e Ed Skrein. Come sarà andata questa volta?
La trama: una nuova missione in un'isola remota
Quando Zora Bennett (Scarlett Johansson) si vede proporre da Martin Krebs (Rupert Friend) una cifra con un numero considerevole di zeri per guidare una missione in una zona off-limits del mondo, non si fa scrupoli ad accettare il lavoro, anche se questo implica l'incontro ravvicinato con dei dinosauri.
Delle creature una volta estinte e riportate in vita trent'anni fa lei non sa granché. Per gli aspetti tecnici occorrono le competenze del Dott. Henry Loomis (Jonathan Bailey), un uomo che ha fatto un po' di scavi e lavora in un museo dove i visitatori scarseggiano, circondato dai fossili dei giganti. Loomis sa che l'industria di Krebs sta lavorando alla creazione di un farmaco rivoluzionario che darà agli esseri umani un cuore forte come quello dei dinosauri ma non sa che il DNA di questi ultimi che occorre per realizzarlo andrà estratto da alcuni degli esemplari più grossi e temibili esistenti - che infatti sono confinati su un'isola in una remota zona equatoriale.
Il destino della missione di Zora si incrocia con quello di una famiglia qualsiasi, un padre (Manuel Garcia-Rulfo) e tre ragazzini, che per caso si trova nelle stesse acque battute dal team di avventurieri e scienziati.
Fin dalle prime miglia marine sembra evidente che nessuno sarà in grado di cavarserla. I Mosasauri che abitano le acque ribaltano le imbarcazioni e costringono tutti a ripiegare sull'isola abitata solo da creature selvagge.
Lì ci sarà da recuperare il DNA da altre due specie ma, essenzialmente, occorrerà salvarsi la vita.
La sopravvivenza non è certa
Da quando esiste Jurassic Park il meccanismo è sempre uguale: la meraviglia e lo stupore iniziale si trasformano nel giro di poche sequenze in un noi contro loro che tiene incollati alla sedia. In questo, il film di Gareth Edwards riesce perfettamente, specie per la riproposizione di due storie parallele, quella del gruppo di Zora e quello della famiglia capitata accidentalmente sull'isola.
Si teme per gli adulti e si teme per i bambini, un meccanismo classico nella saga ma questo non è l'unico aspetto di questo nuovo film che rimanda all'insieme dei film del passato.
Dall'universo cinematografico di Jurassic Park proviene la caratterizzazione dei singoli personaggi - quelli di oggi, figli di quelli di ieri - l'approccio alle creature - con quelle erbivore che suscitano incanto, rispetto alle altre, carnivore e predatrici - e molto altro (i fan si divertiranno a scovare citazioni e easter eggs) ma il film non si può classificare come un'operazione nostalgia.
L'intelligenza non è l'elemento determinante nella lotta per la vita. "La sopravvivenza non è certa", ripete Loomis al businessman del farmaco.
Tutto il film è attraversato dall'amara consapevolezza dell'aver devastato risorse, ecologia, futuro, un sentimento che oggi è reale e diffuso e non fa più parte dell'universo filmico. Non resta che preservare il salvabile e un fondo di umanità che trascende ogni altra cosa.
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Sulla terra, nei sotterranei, in acqua, gli scontri non lasciano scampo e suscitano un terrore primitivo nello spettatore accentuato dall'aspetto delle creature, di cui alcune, le più tremende (quelle mutanti, frutto di incroci e sperimentazioni selvagge avvenute anni prima sull'isola), sono figlie delle bestie dentate di Ridley Scott.
Non si limita a questo l'omaggio di Edwards, regista classe 1975, al mondo dei film con cui è cresciuto.
Da Alien (dove sembra di tornare nelle scene del laboratorio abbandonato) a Lo squalo, l'autore britannico ha provato a soffiare la magia dei primi titoli della saga su questo reboot, tornando allo spirito genuino delle prime avventure.
In questo, riesce grazie al copione di David Koepp, lo sceneggiatore che ha contribuito a creare l'universo mitico dei primi due film di Spielberg degli anni Novanta, una scrittura dove hanno valore anche i silenzi che lasciano allo spettatore lo spazio di perdersi nei suoni della foresta. O sobbalzare al minimo scricchiolio.
Nella colonna sonora c'è poi uno dei punti di forza di questo settimo film. Le composizioni originali sono opera di Alexandre Desplat, due volte premio Oscar che ha celebrato il tema originale di John Williams in più momenti. Desplat è un ammiratore di Williams, infatti, ha registrato agli Abbey Road Studios dove il veterano ha registato le musiche di Star Wars e Harry Potter.
Essere fan sfegatata della saga di Jurassic Park ha aiutato certamente Scarlett Johansson a entrare nei panni di Zora, mettendo a segno forse la sua migliore interpretazione in campo action, dove pure vanta una certa esperienza.
Jonathan Bailey pure è irresistibile nel collocarsi come ultimo arrivato nell'elenco di scienziati con gli occhiali tondi e il cuore tenero in grado di cambiare con la gentilezza le sorti di una missione disperata.
Sempre più richiesto, Bailey è un altro protagonista dell'avanzata di una nuova generazione di star che sta conquistando il pubblico e Hollywood con una personalità completamente opposta a quella dei divi dei primi del Duemila e degli anni ancora precedenti.
La star di Bridgerton ha dimostrato affetto verso questa produzione anche fuori dal set. Oltre ad aver suonato il clarinetto per un assolo contenuto nella colonna sonora originale del film, ha idossato alla première mondiale del titolo a Londra un berretto di Friends, come omaggio a uno dei personaggi della sit-com, Ross Geller, paleontologo come il suo Henry sullo schermo e come lui preoccupato del fatto che dei dinosauri non importi più a nessuno. Ma sarà poi vero?