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A Complete Unknown, Timothée Chalamet racconta a Roma il suo Bob Dylan, esempio di libertà

Cinema

Vittoria Romagnuolo

PH Vittoria Romagnuolo

L'attore candidato al Golden Globe per la sua versione del cantautore sul grande schermo ha lavorato per cinque anni.
Da Bob Dylan ha appreso che la libertà e la ricerca di sé sono essenziali per raggiungere gli obiettivi più grandi

A Complete Unknown, il biopic di James Mangold dedicato al travolgente esordio nella musica di Bob Dylan nei primi anni Sessanta, è l'affresco di un'epoca ma, di fatto, è un'opera che accende i riflettori su un uomo, un artista rivoluzionario e sul suo interprete, Timothée Chalamet, protagonista della tappa italiana del tour promozionale del film che è arrivato a Roma con anticipo sull'uscita italiana del film del 23 gennaio (IL TRAILER).
Chalamet è Dylan anche fuori dal set col suo stile anni Settanta, col completo di velluto millerighe color caramello, la sciarpa avvolta attorno al collo non irresistibile noncuranza e gli stivaletti col tacco da rocker, gli occhiali da sole con le lenti scure e i cristalli (di Prada) ma torna se stesso quando risponde alle domande del pubblico della proiezione anticipata (prima di quella serale del 17 sera, all'Auditorium Ennio Morricone, dove l'attende il tappeto rosso e un bagno di folla) col consueto entusiasmo spontaneo che fa sembrare facile anche la performance più faticosa.
Buona parte delle domande sono per lui: quanto è stato complesso entrare nella mente di un artista indecifrabile, che cosa gli è rimasto addosso di questo ruolo memorabile.
Curiosità che valgono anche per i suoi compagni di avventura, Monica Barbaro ed Edward Norton, Joan Baez e Pete Seeger nel film, entrambi a Roma come il regista James Mangold.
Il film ha sfidato tutti a calarsi nei panni di personaggi esistiti ed esistenti, provando a far rivivere al pubblico la magia di un'epoca irripetibile.

Chalamet: trovare la propria voce (come ha fatto Dylan)

"Abbracciare la propria individualità, il proprio spirito creativo, trovare se stesso in totale libertà, sono queste le lezioni che si possono apprendere dall'esperienza di Bob Dylan", ha detto Timothée Chalamet, che ha aggiunto: "Lui ha capito chi voleva essere e ha capito che doveva fare qualcosa di più grande. Non sapeva esattamente che cosa sarebbe diventato ma sapeva cosa fare per arrivarci".
Il quasi trentenne Chalamet ha ritrovato lo spirito di un Dylan quasi coetaneo nel suo approccio alla vita di tutti i giorni, come quando, determinato ad emergere, a New York faceva il giro dei casting.
Il divo di Dune e di Wonka e di tanti altri successi globali, preferisce parlare del musicista che tutti, lui compreso, abbiamo conosciuto.
Non ha mai incontrato Bob Dylan ma se lui vorrà, gli piacerebbe farlo. ll film parla di come Dylan è cresciuto umanamente e come artista difendendo la sua determinazione a fare musica liberamente. Lui, da attore, durante tutta la lavorazione del film, ha concentrato tutta la sua attenzione su tutti gli aspetti esteriori del personaggio e della sua storia.
Tra i riconoscimenti ufficiali per il suo impegno, quello di Tom Cruise ma anche di Neil Young, tutti endorsement che lo lusingano e che commenta spostando l'attenzione su di sé facendo sorridere il pubblico romano. Aspetta l'approvazione di Totti, dice, da grande tifoso della squadra della Capitale. "Spero che veda il film".

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Edward Norton e Monica Barbaro: essere se stessi oltre il biopic

Chalamet ha impiegato cinque anni per prepararsi per questo ruolo e quando, nei tre mesi e mezzo di riprese, ha potuto esprimere ciò che aveva imparato, è stata una liberazione.
Mangold ha chiesto a tutti di non farsi imprigionare da ciò che sapevano sui loro famosissimi personaggi.
"Liberarci ognuno dai propri riferimenti è stato liberatorio" ha detto Edward Norton, che ha ammesso di aver appreso da YouTube tutto quello che sa di Pete Seeger, dalla postura alla voce.
Gli ha fatto eco su questo punto Monica Barbaro, che si è confrontata con la vera Joan Baez che oggi ha 84 anni. "Abbiamo avuto la libertà di essere umani" ha detto l'attrice che ha sottolineato come un'interpretazione troppo perfetta della cantautrice che ha diviso negli anni Sessanta il palco e non solo con Dylan, non avrebbe reso giustizia all'identità dell'icona del folk.
"Non stiamo scrivendo una pagina di Wikipedia, stiamo facendo un film", ha aggiunto James Mangold che ha ammesso di aver visto e letto ogni contributo possibile sui protagonisti della sua storia musicale.
L'autore, anche co-sceneggiatore di A Complete Unknown, ha ammesso che, come anche Dylan dice nel film, è lecito, anzi, molto umano, riscrivere la storia, enfatizzando alcuni momenti e minimizzandone degli altri.
Su Bob Dylan, in particolare, non c'è una verità assoluta: molte fonti si contraddicono, ha detto Mangold.
Gli attori sono stati bravi a ricreare un punto di vista veritiero ma il lavoro vero è stato cercare un equilibrio tra il loro mondo interiore e quello dei personaggi. Bisognava rendere il tutto interessante, ha concluso il regista.  

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L'impegno civile nelle canzoni

Come sempre, i biopic riaccendono l'attenzione su alcuni personaggi e momenti storici e c'è chi da qualche tempo parla di Dylan-mania.
Cosa resta del Bob Dylan descritto nella pellicola, talentuoso musicista e artista inquieto, al netto dei dischi che hanno cambiato la rotta della storia della musica a stelle e strisce e planetaria e del ritorno del suo stile iconico, dalle giacche di pelle, alle camicie abbottonate fino al collo, agli occhiali con le lenti scure, la sciarpa stretta (nuovo oggetto di culto, grazie a Chalamet)? Qualcuno è in grado oggi di scrivere musica come la sua, intrisa di impegno civile?
Bob Dylan si è distinto per tante cose, inclusa la genuinità della sua ispirazione. Timothée Chalamet ammette che se oggi qualcuno si mette a scrivere una canzone politica ci sarà sempre qualcuno che chiederà che cosa lo spinge davvero. "Non voglio essere cinico. Spero che qualcuno riuscirà a rompere questo schema", ha detto.
"Le canzoni di Dylan, come quelle di Joan Baez, dimostrano che la storia si ripete, che certi problemi, l'ipocrisia umana, sono senza tempo", ha detto Monica Barbaro.
"Ciascuno deve leggerci ciò che vuole", ha detto Edward Norton.
Lo stesso Dylan, del resto, era convinto che dare un significato a una canzone comportasse la perdita del suo potere, ha spiegato l'attore di American History X. Le canzoni e i film, ha detto, funzionano nello stesso modo.  

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