Challengers, amore e potere secondo Luca Guadagnino. La recensione del film con Zendaya

Cinema
Paolo Nizza

Paolo Nizza

Esce al cinema il 24 aprile, il lungometraggio diretto dal regista italiano e incentrato su un sensuale triangolo ambientato nel mondo del tennis. Tra smash e volée, le leggi del desiderio e le regole dell’ambizione interpretate da un cast perfetto

Con Challengers (nelle sale cinematografiche italiane dal 24 aprile), Luca Guadagnino vince game, set, match, ovvero gioco, partita incontro. Eppure, il regista di Bones and All, prima di girare questo lungometraggio, non sapeva alcunché dello sport praticato da Jannik Sinner. Ma il film trasfigura in immagini in movimento le parole dello scrittore David Foster Wallace: “Le infinite radici della bellezza del tennis sono autocompetitive. Si compete con i propri limiti per trascendere l’io in immaginazione ed esecuzione". Così i challengers, la serie di tornei internazionali di tennis di seconda categoria, nati per consentire a giocatori di seconda fascia di acquisire un ranking sufficiente per accedere ai tabelloni principali, diventano una sfida tra caos e ordine, tra ragione e sentimento. Solo che i giocatori in campo sono tre. Perché, in questo caso, la competizione obbedisce alle regole dell’attrazione, alle leggi del desiderio.

Una  partita a tre, tra corpo e anima

Antonin Artaud si domandava spesso “se fosse l’anima ad avere un corpo, oppure il corpo ad avere un’anima”. Challengers non pretende di avere la risposta a questo interrogativo. Tuttavia, il film riesce attraverso un movimento del capo, un bacio rubato, una cicatrice sul ginocchio a racchiudere un mondo. Tra soggettive e primi piani, lo spettatore si ritrova a essere una pallina sbalzata nel vortice delle emozioni provate dai tre protagonisti al centro del lungometraggio. In fondo la pellicola è un invito a giocare fino a che la partita non si è conclusa, a perdersi in un film dove per i personaggi conta solo vincere. Perché negli States non c'è spazio se sei un looser.

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"Ogni match è una vita in miniatura"

Jules e Jim di François Truffaut o The Dreamers di Bernardo Bertolucci sono ispirate a fascinazioni, meravigliosi fantasmi che si fermano sulla soglia. Il triangolo amoroso messo in scena da Guadagnino è assolutamente originale e potente. La pellicola ci porta a spasso nel tempo, naviga avanti e indietro nelle vite di questi personaggi ci illustra con ricercatezza l’educazione sentimentale di due ragazzi e una ragazza accomunati dalla passione per il tennis. Al vertice del ménage à trois , giganteggia Tashi Duncan (Zendaya), astro nascente del tennis costretta da un incidente a optare per la  carriera di allenatrice. Suo marito è Art Donaldson (Mike Faist), plurivincitore del Grande Slam, in crisi di identità e di risultati. Per riaccendere nel campione il fuoco sacro, la fame di vittorie, la donna iscrive il coniuge al challenger di New Rochelle, New York. Solo che in finale, il fuoriclasse in difficoltà dovrà affrontare Patrick (Josh O'Connor, The Crown), asso della racchetta ormai finito, un tempo suo migliore amico ed ex fidanzato di Tashi. Il passato sfida così il presente. La posta in palio e la possibilità di avere un futuro. Come dice Andrea Agassi: "Ogni match è una vita in miniatura."

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Una sfilata di emozioni dentro e fuori dal campo

Una partita lunga 13 anni: dal 2006 al 2019. Un triello tra sfidanti, amici amanti. Senza ricorrere a triti e arlecchineschi effetti digitali, in Challengers, Guadagnino plasma con finezza il tempo grazie a make-up e costumi. L’evoluzione degli abiti e l’evoluzione dell’anima e la cosmesi si impone come scienza del cosmo. Oggi nessuno usa più il lucida labbra con i brillantini ma nel 2007…  Insomma, gli outfit scelti da Fantozzi e Filini nell’iconica partita a tennis non abitano qui. L'inusitato talento di una testa di serie del calibro di Jonathan Anderson – direttore creativo di LOEWE e forza trainante del marchio che porta il suo nome, imbastisce attraverso abiti che passano dallo stile preppy alla mise da donna in carriera, un défilé emotivo in cui la forma è sempre contenuto. Tra suggestioni da Yvi League e allure da commedia sofisticata, il significante danza con il significato e la settima arte abbraccia felicemente l'intrattemimento.

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 C’mon: E' nel movimento la vittoria

Le relazioni pericolose, i giochi di potere, le schermaglie d’amore, le vie dell’ambizione, di cui Challengers si nutre non risulterebbero abbacinanti e coinvolgenti se non ci fossero tre attori impeccabili nei loro rispettivi ruoli. E il risultato è un melò, capace di intrigare pure chi non ama il genere, parimenti chi non ha la minima idea di cosa sia il Roland Garros. Ritmata da un’ipnotica e audace colonna sonora firmata dai due premi Oscar Trent Reznor e Atticus Ross. Challengers è una magnifica ossessione, tra brand imperanti e (s)oggetti del desiderio. Un match point che inizia e finisce con un "C’mon" urlato al mondo. Lo sapeva bene l’Orda d’Oro guidata da Tamerlano “E’ nel movimento la vittoria". E con questo film Guadagnino ha vinto dentro e fuori dal set.

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