Alice Rohrwacher racconta La Chimera a Sky TG24. VIDEO

Cinema
Denise Negri

Denise Negri

Un film definito dalla critica lirico, poetico, libero. Una regista in grado di seguire la propria strada cinematografica senza seguire, come lei stessa dice, le rigide regole del "genere"

È in sala “La Chimera”, il film diretto da Alice Rohrwacher presentato al Festival di Cannes e alla Festa del Cinema di Roma.

Una storia lirica e poetica su un gruppo di tombaroli alla ricerca dei tesori etruschi. Ma anche una storia d'amore raccontata seguendo un eroe romantico.

Nel cast Josh O’Connor, Carol Duarte, Isabella Rossellini ma anche Alba Rohrwacher in una piccola parte.

Ecco cosa ci ha raccontato la regista nata a Fiesole.

 

“In genere tutti i tesori sono sempre un po' difficili da trovare e la ricerca fa parte del tesoro. Del resto, non sarebbe un tesoro se potessimo subito accedervi.

In qualche modo questo film ricalca una caccia al tesoro, perché all’inizio siamo un po’ persi e abbiamo bisogno di una mappa che non sappiamo esattamente dove cercare e non sappiamo nemmeno cosa cercare e dobbiamo collezionare degli indizi.

Poi ad un certo punto iniziamo ad intravedere dei percorsi.

Nel film presentiamo anche un eroe, che è un eroe romantico, in un mondo che non crede più a quel genere di eroe e nemmeno al romanticismo.”

 

Questo eroe è interpretato da Josh O’Connor

 

“Josh è un attore incredibile che ha dato tanto al film e al personaggio.

Lui è uno straniero, un archeologo e nel film viene chiamato “l’inglese”.

Ha iniziato a “lavorare” con dei tombaroli, in verità non vuole più farlo ma poi rimane con loro perché questi tombaroli in verità sono l’unica famiglia che lui ha, visto che è un vagabondo, un uomo senza radici, o meglio è un uomo che ha una sola radice che ha trovato dentro una donna ma questa donna non c’è più”.

 

Nel tuo film il Mondo dei Vivi e il Mondo dei Morti si parlano in qualche modo

 

Si i due Mondi si parlano e sono legati dalla memoria, da un filo di memoria che attraversa tutto il film. C’è poi un personaggio che si chiama Italia che io amo molto e nel quale ho messo tutto il mio amore per il nostro paese.

Diciamo subito che Italia non è italiana ma è una straniera che però incarna una grazia e una generosità che io cerco sempre ancora di rintracciare nel mio paese anche se diventa sempre più difficile trovarle”.

 

Anche il personaggio che interpreta Isabella Rossellini è molto bello. Lei è Flora una donna allo stesso tempo dolce e fiera, aggraziata e cinica. Anche Flora poi insegue una sua “chimera”

 

“Si la “chimera” di Flora è una delle sue figlie, perché lei ne ha tante di figlie ma questo non vuol dire che non ci può mancare quella che non c’è più, perché non è vero che nell’abbondanza una perdita si sostituisce.

La sua personale “chimera” dunque è il racconto. È il raccontarsi che questa figlia c’è da qualche parte e che va solo trovata.

Isabella Rossellini è stata dentro questo film con una generosità e con una interezza veramente incredibile. La ringrazio per avermi accompagnata e per aver portato la sua ironia così seria e profonda”.

 

Tu sei da sempre legata alla tua terra, alle tue radici. Che cosa trovi lì che non trovi altrove?

 

“Io vivo in Umbria, a poche centinaia di metri dalla Toscana e dal Lazio.

Questo significa che vivo in una terra di confine e da qui credo nasca il mio amore per i confini, per i margini. In qualche modo il fatto di abitare su un confine credo comporti un’evoluzione costante dell’appartenenza, non si è mai chiusi dentro un’appartenenza fossilizzata.

Le mie radici credo siano così importanti per me perché in realtà le radici ci aprono, non ci chiudono. Quando parliamo delle nostre radici sembra che vogliamo parlare di noi, ma  invece vuol dire lasciare andare e parlare di ciò che ci rende umani e ci unisce. Credo che dentro le nostre radici ci sia una connessione profonda con un popolo e una cultura.”

Vedendo il tuo film, non so bene perché, mi sono chiesta quale sia la tua stagione preferita

 

“(Risata) ..ogni volta che vivo una stagione mi dico che è la mia preferita!.

In primavera, ad esempio, mi piace la “resurrezione” della natura a cui assistiamo e in cui credo. Poi arriva l’estate e mi dico che è fantastica, proprio come canta Pippi Calzelunghe. In autunno mi rendo conto che mi piace farmi avvolgere da questi colori, come adesso, quando percorro la strada che porta ad Orvieto ed è piena di tigli, ed è una fiamma gialla. In verità poi con l’arrivo dell’inverno capisco che non riuscirei mai a fare nulla senza di lui, perché mi concentro, sono seme, mi chiudo e sviluppo idee per l’avvenire”.

 

L’ultima domanda te la faccio per farti sorridere: come ti senti ad essere una regista donna

 

“(Risata) …mi sento molto fortunata perché ho un’eredità grandissima e bellissima di tutte queste donne che non hanno magari potuto parlare pubblicamente ma hanno elaborato modi di raccontare unici e speciali. Io parlo ma dentro di me ci sono tante voci e mi sento di portare avanti un coro. Mi sento anche molto fortunata perché io sono figlia di un padre e di una madre femministi; quindi, sono cresciuta pensando che fosse una battaglia già vinta.

Quando però ho iniziato a fare questo lavoro ho capito che non era così perché tutti, 10, 20, 100, 400 volte mi hanno chiesto appunto come mi sentissi da regista donna. All’inizio ero infastidita, poi ho capito la grande possibilità che avevo, e cioè che potevo riflettere sulla mia identità: i maschi non lo possono fare perché nessuno gli chiede come ci si sente ad essere un regista uomo.

Allora forse credo che dovremmo dare anche loro dare questa possibilità, di riflettere sull’identità di genere, perché a noi è stato chiesto e ci ha portato a migliorare, secondo me. Potrebbe fare bene anche a loro”.

 

 

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