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“Panico” a Venezia 80 per Dario Argento. La recensione del documentario

Cinema

Gabriele Acerbo

Il fascino senza tempo del cinema di Dario Argento trova nuova forza con la presentazione alla Mostra del cinema di Venezia di “Panico”, documentario di Simone Scafidi che ne esplora la vita e le opere

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Un altro documentario sul maestro del brivido? Ma se ne sentiva il bisogno? Sì, perché stavolta - se non è quello definitivo - è quello giusto. Sceneggiato da due super-esperti di cinema di genere come i nocturniani Manlio Gomarasca e Davide Pulici, e diretto da Simone Scafidi che aveva già firmato il sorprendente Fulci for Fake somministrando dosi potenti di fiction all'impianto classico del doc biografico, Dario Argento Panico parte da una premessa: se Argento scrive i suoi film in una camera d'albergo, perché non seguirlo con una troupe mentre passa i suoi giorni in hotel?

Questo è il pretesto e questa è la parte divertente del film. Argento, nell'impersonare l'artista che, mentre cerca la solitudine per scavare nella sua parte più oscura e creare così una delle sue storie di morte e paura, è costretto a convivere con una macchina da presa che gli sta alle calcagna. E tira fuori tutta la sua verve comica: "Dove cazzo mi avete portato?" esclama interdetto mentre fa colazione.

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Profondo Argento

Il resto è uno splendido viaggio proprio nella sua parte oscura, una discesa nell'Argento profondo grazie a bellissimi reperti da vecchi cinegiornali (il Luce sul set del primo film, L'uccello dalle piume di cristallo), teche Rai (una dichiarazione shock a Marzullo in cui confessa manie suicide), interviste sepolte (una confessione sull'amore che non è più uno svago al centro dell'universo, mentre accanto a lui ride divertita l'allora compagna Daria Nicolodi), preziosi backstage che dimostrano come Argento segua maniacalmente ogni aspetto dei suoi film, come quando lo vediamo agitare frenetico i fiori in un campo mentre al suo fianco il fonico registra il suono.
Ma per scendere ancora più in profondità ci sono le testimonianze della sua prima moglie, Marisa Casale, della sorella Floriana e delle figlie Fiore ed Asia. Ed è esattamente in questa discesa che il documentario sale di livello, permettendo allo spettatore di accedere all’universo di Argento uomo e artista

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Mogli e figlie

La Casale confessa la fine del suo matrimonio per colpa del successo del marito e di un film, 4 mosche di velluto grigio, in cui lei, nel volto dell'assassina Mimsy Farmer, riconobbe se stessa; Asia imputa a Suspiria la rottura insanabile tra i suoi genitori, causa il risentimento di Daria Nicolodi (scomparsa tre anni fa) per non essere stata scelta come protagonista del film horror che lei stessa aveva in gran parte concepito; ed è ancora Asia a raccontare come sia stato complicato recitare le scene di sesso estremo di La Sindrome di Stendhal e il litigio feroce col padre per non aver voluto recitare nel thriller Il cartaio (la parte andrà a Stefania Rocca).
La morale? Nella vita di Argento i veri assassini sono i film.

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Chi è Argento?

Uno dei punti più alti di Dario Argento Panico è probabilmente quando entra in scena Cristina Marsillach che Scafidi riporta sul set del film che la vide protagonista, Opera: un Teatro Regio di Parma completamente vuoto ma ancora abitato, almeno ad ascoltare il sonoro, dai corvi del film. Come ricostruisce Michele Soavi, il rapporto tra Argento e l'attrice spagnola allora 24enne non fu dei migliori: lei si rifiutava di svestirsi e lui si rifiutava quasi di parlarle. Marsillach oggi confessa che la freddezza, il distacco, persino il disprezzo di Argento nei suoi confronti le fu d'aiuto nel suo lavoro. Ma alla fine, alla domanda su chi sia Argento, l’attrice risponde incerta e un filo disperata: “Non lo so!”

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Negli appassionanti 102 minuti del documentario, tra i mille aneddoti raccontati dai tanti collaboratori e amici di Dario, da Lamberto Bava a Luigi Cozzi, da Franco Ferrini a Vittorio Cecchi Gori, ci sono mille perle da scoprire, come il racconto della persecuzione ad opera di un mitomane o il conflitto con Tony Musante, protagonista di L’uccello dalle piume di cristallo, che si presentò di notte alla porta del regista per picchiarlo. E c’è l’omaggio di tre registi di prima grandezza che non hanno remore a riconoscere l’influenza del Maestro nel loro cinema: sono Nicolas Winding Refn, Guillermo del Toro e Gaspar Noè, quest’ultimo anche regista di Vortex, film che vede Argento per la prima volta attore. Le loro parole trasudano pura devozione e dimostrano che la missione del cinema del regista di Profondo rosso, dichiarata in una vecchia intervista tv (“Faccio cinema perché voglio essere amato!”) è compiuta. Love, Dario!