Dopo il grande successo come attrice nella serie tv Desperate Housewives, l'artista ha esordito dietro alla macchina da presa per lottare in favore della rappresentanza a Hollywood dei talenti di origine ispanica, fino all'ultimo lungometraggio Flamin' Hot
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“Mi hanno offerto di tutto. E ho rifiutato tutto”. In un’intervista rilasciata a The Hollywood Reporter; Eva Longoria ha ricordato il periodo successivo alla fine delle riprese dell’ottava e ultima stagione di Desperate Housewives, avvenuta nel 2012. “Pensavo: “Non riesco a respirare”. Avevo la sindrome da stress post-traumatico per i 24 episodi all’anno” ha raccontato l’attrice e regista, che dal 2004 ha recitato per 11 mesi all’anno nella serie tv di successo in onda in prima serata. Provata dalla faticosa esperienza, Longoria ha scelto di cambiare prospettiva e di fare un salto dietro alla macchina da presa, non senza difficoltà. “Il settore è decisamente diffidente nei confronti di un attore che entra in scena per dirigere. Per me si è trattato di superare questa situazione. Non si trattava di sessismo o razzismo. Era come dire: “Ecco che arriva una stupida attrice””.
GLI ESORDI COME REGISTA
Tra i primi lavori televisivi, Longoria ha diretto alcuni episodi di Devious Maids – Panni sporchi a Beverly Hills, serie ideata dal creatore di Desperate Housewives Marc Cherry e della quale lei stessa è stata produttrice, per poi passare alla sitcom Telenovela del 2015, alle commedie Black-ish e The Mick, al dramedy Jane the Virgin e alla serie Netflix Ashley Garcia: anche i geni si innamorano. “Un giorno ho alzato gli occhi ed erano passati 10 anni” ha commentato l’attrice e regista.
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L’ATTIVISMO
“L’obiettivo e lo scopo di passare dietro la macchina da presa era quello di creare maggiori opportunità per la mia comunità” ha dichiarato Longoria, che ha recentemente esordito alla regia del lungometraggio Flamin’Hot sulla storia di Richard Monañez, un inserviente della Frito-Lay che una volta diventato dirigente del marketing ha incanalato le sue origini messicane nel lancio delle patatine Flamin’ Hot Cheeto. L’attrice e regista texana di nona generazione, che dopo il trasferimento a Los Angeles avvenuto 25 anni fa ha “finito per interpretare molti italiani” dopo aver sostenuto invano sia provini per ruoli da latina, fallimentari perché troppo bianca, sia provini per ruoli da bianca, fallimentari perché troppo latina, ha lottato a lungo per la rappresentanza dei latinos nell’industria dei sogni di Hollywood e non ha mai perso le speranze nonostante la mancanza di ruoli per le donne latine. “Non era una conversazione così importante come lo è ora. Oggi la parola “diversità” viene usata tantissimo. All’epoca non c’erano davvero sforzi, programmi o iniziative”. Come dimostrato da un rapporto dell’Annenberg Inclusion Initiative del 2021, i latini sono sottorappresentati nel cinema e nella televisione: l’esame dei 100 film di maggior incasso dal 2007 al 2009 ha evidenziato una presenza soltanto del 5% di personaggi protagonisti di etnia ispanica/latina, valore ulteriormente ridotto al 3,5% con riguardo ai ruoli principali o ai co-protagonisti. Inoltre, su 1300 film esaminati, solo il 4,2% dei registi sono di etnia ispanica/latina. Uno dei primi riscatti di Longoria è arrivato con l’offerta di Bob Iger, amministratore delegato di Disney, di condurre gli American Latino Media Arts Awards, che sono stati istituiti per riconoscere e valorizzare i risultati ottenuti dai latini nel campo dell’intrattenimento e dei media e che “è come se fossero gli Oscar, i Grammy e gli Emmy, tutto in uno”. Rintracciare progetti per le cadidature, però, non è stato affatto semplice: “Avremmo avuto un solo premio perché c’era un solo film con protagonista latinoamericani” ha spiegato Longoria, che allora era anche “l’unica latina del network”. Le successive prime collaborazioni con organizzazioni e onlus rappresentative della comunità latina hanno risvegliato nell’artista il desiderio di conoscere e comprendere le questioni aperte sul tema. “Stavo facendo tanto attivismo nel 2010, subito dopo il primo mandato di Obama” ha ricordato l’artista, che ricollega la nascita del suo impegno al “bisogno di sapere qual era la situazione della nostra comunità, e da dove nasceva. Continuavo a dire: “Ma perché l’immigrazione è così incasinata?””. Da allora, Longoria ha frequentato ha ottenuto un master in studi chicani, ha sostenuto la riforma dell’immigrazione, ha prodotto i film The Harvest del 2010 sul lavoro agricolo minorile in America e Food Chains del 2014 sul lavoro agricolo dei migranti e ha co-presieduto la campagna di rielezione di Obama nel 2012.
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FLAMIN’HOT
Nel film Flamin’ Hot, Longoria ha inserito nel cast talenti di origine ispanica. “Eva è una regista e un’artista sinceramente interessata al pubblico. Questo non è sempre il caso dei registi con cui lavoriamo” ha dichiarato Matthew Greenfield, co-presidente della casa di produzione Searchlight. “Fa leva su tutti i suoi punti di forza” ha proseguito l'attrice, regista e produttrice Kerry Washington. “Non solo come regista, ma anche come essere umano. Quando si pensa alla vita di advocacy che ha vissuto e a come ha lottato per avere un posto e una voce nelle grandi aziende, e poi si guarda alla sua abilità come regista e al suo gusto, è come se questo film non potesse essere realizzato senza di lei”.
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GLI OSTACOLI NEL MONDO DEL CINEMA
“Quando iniziano a circolare parole come “austerità” o “riduzione dei costi", alcuni dei primi progetti ad essere tagliati sono quelli interpretati o realizzati da persone di colore. Gli Studios pensano: “Questo è un progetto diverso”. È in una scatola a sé stante” ha sottolineato Longoria che lo scorso anno, in seguito alla fusione tra Hbo Max Warner Bros. Discovery, ha subito la cancellazione della serie Gordita Chronicles sulla storia di una ragazzina che negli anni Ottanta si trasferisce da Santo Domingo a Miami. “Quando si guardano solo i numeri o quando l’unico parametro di successo è il risultato economico, non si capisce il punto. Non si capisce il resto del quadro” ha commentato. L’artista ha anche altre ragioni per criticare il mondo dello streaming, recentemente osteggiato anche dal Writers Guild of America, il sindacato statunitense degli sceneggiatori in sciopero dal 2 maggio contro gli Studios di Hollywood, e dal Screen Actors Guild, il sindacato statunitense degli attori ancora in fase di trattative. “Non possiamo fare giornate di 18 ore. Nessuno può fare una giornata di 18 ore. Quando facciamo giornate di 12 ore, mi chiedo: “Quando vedi tuo figlio?” Sono così in ansia per la mia troupe” ha dichiarato Longoria. “Il modo in cui produciamo contenuti oggi, per le piattaforme, gli streamer, i network, è come un mostro che non può mai essere saziato. Dobbiamo continuare a lavorare costantemente, e il lavoro è il motore di questo processo. Quindi, se la manodopera è il motore, dobbiamo rivalutare il modo in cui la paghiamo”.
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I PROGETTI FUTURI
L’artista ha recentemente partecipato alla serie Eva Longoria: Searching for Mexico e comparirà presto nell’adattamento Disney+ del classico libro per bambini Alexander and the Terrible, Horrible, No Good, Very Bad Day e nella miniserie Apple Land of Women. Sul lato registico, Longoria ha in serbo svariati progetti in fase di sviluppo, ma ha sottolineato che “tutti mi incontrano con questa nuova definizione di “regista”. Ultimamente ho avuto molti incontri con grandi produttori o Studios e mi sono detta: “Sono anche un’attrice. Ho ancora il mio lavoro quotidiano”.