Usa, Hollywood bloccata con gli sceneggiatori in sciopero: saltata trattativa sui compensi

Spettacolo
©IPA/Fotogramma

Migliaia di autori televisivi e cinematografici americani incrociano le braccia dopo il fallimento dei colloqui sull’aumento dei loro stipendi. Per i sindacalisti della Writers Guild of America, il lavoro degli sceneggiatori è arrivato a un nodo “esistenziale"

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Dopo il fallimento delle trattative con i principali studi e piattaforme televisive e cinematografiche sull'aumento delle loro retribuzioni, migliaia di sceneggiatori americani si mettono in sciopero. Lo ha annunciato il consiglio del potente sindacato Writers Guild of America (Wga) che "agendo sotto l'autorità conferita dai suoi membri, ha votato all'unanimità a favore di un ricorso allo sciopero" che prende il via il 2 maggio. 

Cosa è successo

Il 98% dei votanti (9.218, il 78% del totale degli iscritti al sindacato) aveva autorizzato i propri rappresentanti ad arrivare allo strappo, in caso gli Studios avessero continuato a fare muro. I punti della discordia restano i salari, i diritti d'autore e il lavoro di scrittura che precede l'effettiva produzione, spesso non retribuito. Da un'indagine tra gli iscritti alla Wga, risulta che la metà di loro percepisce la paga minima (mentre dieci anni fa guadagnava così solo il 33%) e che lo stipendio settimanale medio è sceso del 23%, considerando l'inflazione. Una questione spinosa è il ricorso alle mini-room. Gli Studios non assumono più sceneggiatori per scrivere uno show di cui è stato approvato il pilota. Ormai, convocano piccoli gruppi di creativi per scrivere in tempi brevi 8-10 episodi, ancor prima di decidere se entrare in produzione. Se poi la serie non si fa, non sempre pagano.

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Cosa chiedono gli sceneggiatori

Nel mirino, oltre alle royalties sui programmi in streaming in un clima di crisi generale (Disney sta tagliando settemila posti di lavoro, Warner Bros Discovery ha un debito di 50 miliardi e nelle ultime settimane ha licenziato migliaia di dipendenti) sono appunto le cosiddette, e sempre più frequenti, "mini-stanze", paragonate da un negoziatore a "campi di lavoro", in cui sceneggiatori sottopagati lavorano per due o tre mesi su serie o programmi che ancora non sono stati opzionati dagli studi. Dovrebbero passare mesi prima che gli spettatori si rendano conto dell'effetto dello sciopero su serie tv e film, ma al tempo dell'ultimo sciopero nel 2007 i 100 giorni di blocco costarono all'economia di Los Angeles circa 2,1 miliardi di dollari con un impatto negativo anche sulla serie del momento di allora Lost.

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L’impatto dello sciopero su Hollywood

Il blocco dei 10.000 sceneggiatori iscritti al sindacato - secondo i media locali - avrà una ricaduta su più di 800.000 lavoratori dello spettacolo, bloccando set, produzioni e programmi come il Jimmy Kimmel Live o il The Tonight Show starring Jimmy Fallon. Era dal 2007, quando le writers room si fermarono per cento giorni, che non accadeva nulla di simile. Per i sindacalisti della Writers Guild of America, il lavoro degli sceneggiatori è arrivato a un nodo "esistenziale": i compensi sono fermi da un decennio nonostante l'esplosione di serie tv nell'era dello streaming. "È in gioco la sopravvivenza della nostra carriera", hanno avvertito i negoziatori in prima linea. “Il comitato di negoziazione della Wga - si legge nella nota firmata dai rappresentanti che hanno condotto la contrattazione - ha trascorso le ultime sei settimane a negoziare con Netflix, Amazon, Apple, Disney, Discovery-Warner, NBC Universal, Paramount e Sony sotto l'egida dell'Alliance of Motion Picture and Television Producers (AMPTP). Nel corso della trattativa, abbiamo spiegato come le pratiche commerciali di queste società abbiano ridotto drasticamente i nostri compensi e i nostri diritti d'autore e, quindi, minato le nostre condizioni di lavoro. Abbiamo chiarito che siamo determinati a raggiungere un nuovo contratto con una retribuzione equa che rifletta il valore del nostro contributo al successo dell'industria e includa protezioni per garantire che la scrittura continui a essere una professione sostenibile”.

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Le voci degli sceneggiatori

"Quando stavamo scrivendo Everything sucks - si sfoga su Twitter lo sceneggiatore Michael Mohan - io e Ben rubavamo cibo dalla mensa di Netflix perché per molti mesi abbiamo lavorato gratis". "Serie con milioni di dollari di budget non dovrebbero avere scrittori nelle mini-room che non ce la fanno a pagarsi l'assicurazione medica", twitta Josephine Green Zhang con l'hashtag #WGAstrong. Un altro nodo da sciogliere è quello dei diritti d'autore per i lavori destinati allo streaming. Se anni fa era facile calcolarli sui biglietti venduti e sui passaggi televisivi, la situazione ora è molto più complicata. Quando il CEO di Netflix Ted Sarandos ha festeggiato il successo di Bridgerton - guardato da 82 milioni di account nel 2020 - la sceneggiatrice Leila Cohan ha twittato: "Questa è una bella notizia! Sai cosa sarebbe bello anche? Ricevere i diritti d'autore proporzionati a questo grande successo!". Chiudere taccuini e computer degli sceneggiatori significa inceppare tutto il "sistema Hollywood" a monte. Si bloccano le produzioni di serie e film e le redazioni di programmi tv. "Non avrei un programma, se non fosse per i miei autori. Sono con loro fino in fondo", ha esemplificato Jimmy Kimmel sul tappeto della Met Gala. Molti volti noti del piccolo e grande schermo esprimono solidarietà agli scrittori. L'hanno fatto anche i sindacati di attori e registi: il loro contratto scade tra un mese.

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