Operazione Fortune, Guy Ritchie dirige Jason Statham nel nuovo Sky Original. Recensione

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Alessio Accardo

Alessio Accardo

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Da lunedì 17 aprile in esclusiva su Sky Cinema e in streaming solo su NOW  arriva Operazione Fortune, il nuovo Sky Original diretto da Guy Ritchie e interpretato dal suo attore-feticcio Jason Statham

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Era il lontano 1998, quando il trentenne Guy Ritchie, regista inglese dell’Hertfordshire, debuttava nel lungometraggio con un film che farà epoca: Lock & Stock - Pazzi scatenati, un frullato originalissimo di black humor very british e action-movie made in Usa, la narrativa di Irvine Welsh e il cinema di Danny Boyle, l’r & b di James Brown e un montaggio ipercinetico. Inizia così una parabola artistica molto peculiare, che lo porterà di lì a poco a dirigere Brad Pitt (in versione gipsy) e a sposare - e poi divorziare da - Madonna.  A scalare le montagne di Hollywood e a spiaggiarsi su un discutibile remake di Lina Wertmuller.

Jason Statham contro l'intelligenza artificiale 

Oggi arriva sui nostri schermi con l’ultimo Sky Original, Operazione Fortune, con supercast guidato da quel Jason Statham che proprio Ritchie aveva fatto esordire sul grande schermo dopo una carriera da tuffatore e da modello. Al suo fianco Aubrey Plaza, nota stand-up comedian statunitense vista nella serie The White Lotus, qui nella parte di una fascinosa esperta informatica, tanto arguta quanto vezzosa. Chi vedrà il film in versione doppiata (perché è noto a tutti che su Sky cinema è sempre disponibile la versione originale con sottotitoli, non è vero?) potrà godersi la voce sensualissima di Domitilla D'Amico, che – per intenderci – è la doppiatrice ufficiale di Scarlett Johansson, Emma Stone e Margot Robbie.

Il sottotitolo della versione originale è “Ruse de guerre”, frase idiomatica francofona che sta a significare “stratagemma di guerra”, ovvero: inganno militare contro il proprio avversario utilizzando mezzi creativi, intelligenti e non ortodossi. Lo pronuncia al principio del film Eddie Marsan, volto noto del cinema britannico e meraviglioso protagonista di Still Life di Uberto Pasolini. Qui è Knighton, funzionario del governo di Sua Maestà incaricato di recuperare un dispositivo noto come "La maniglia”, un'intelligenza artificiale avanzata che può essere programmata per sconfiggere qualsiasi sistema di sicurezza del mondo. Per farlo si affida a una squadra di agenti segreti capitanati dall’uomo che dà il titolo al film: Orson Fortune, alias Jason Statham, super-spia con le mani pesanti. La loro missione speciale è impedire che questo oggetto misterioso (il più classico dei “MacGuffin”: espediente pretestuoso che - da Hitchcock in poi - serve a motivare le azioni dei personaggi e lo svolgersi della trama) finisca nelle mani di un bislacco trafficante d’armi con l’allure di Hugh Grant. Un attore oramai in pieno controllo del suo status di veterano dello stardome mondiale (come dimostra il tagliente sarcasmo con cui si è fatto beffe del chiacchiericcio querulo sul red carpet degli Oscar), che a 63 anni suonati non ha perso un solo grammo dello charme che lo rese celebre ai tempi di Quattro matrimoni e un funerale e Nothing Hill, e che qui gigioneggia deliziosamente saturo di autocompiacimento e di autoironia.

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L'ultraviolenza del cinema di Guy Ritchie

Ma detta la trama non si è detto niente, perché quel che fa la forza del cinema di Ritchie è il suo linguaggio survoltato, fatto di quel personalissimo impasto di musica rock, rumori a synch, inquadrature spericolate ed editing supersonico. Un lunapark parossistico tutto sopra le righe che o si odia o si ama. E poi c’è il vero marchio di fabbrica della Ritchie’s production (eh già, perché il cineasta inglese è anche produttore di sé stesso, qui insieme alla rediviva Miramax che fu dei fratelli Weinstein): le mazzate coreografate, con i soliti annessi e connessi a base di sparatorie e inseguimenti, da sempre presenti nella filmografia di Guy: indimenticabili quelle del dittico postmoderno su Sherlock Holmes, affidate alla strana ma ben assortita coppia Robert Downey Jr.\Jude Law. Insomma, l’ultraviolenza iperrealistica che impera nel cinema anglosassone contemporaneo, quella che fa tanto chiasso ma non più di tanto male, quasi fossimo dentro a un cartoon (si pensi, ad esempio, alla tetralogia di John Wick).

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Come in un film di James Bond

La novità più notevole in questo caso è l’uso dello spionaggio informatico che consente ai contendenti di intrufolarsi nelle memorie dei rispettivi device, scoprendo in tempo reale le mosse segrete che vengono ordite sui fronti contrapposti in tempo utile per poterle anticipare. Più in generale è la tecnologia cibernetica a costituire l’anima del racconto, la suddetta “maniglia” è infatti anche definita come una bomba atomica finanziaria. Un tema ormai ineludibile: cosa c’è di più attuale dell’intelligenza artificiale? Basti pensare alle recenti polemiche a proposito di ChatGPT. E poi c’è la veste glamour delle ambientazioni apolidi, immancabili in una spy-story che si rispetti. Qui viaggiamo tra Londra, Marocco, Madrid, Cannes, Los Angeles, Turchia e Doha in Qatar, come nemmeno in un film di James Bond.

A proposito di Cannes, va segnalato un interessante sublplot metalinguistico, che giunge in curiosa coincidenza con 76/a edizione del Festival omonimo (SPECIALE): il personaggio di Josh Hartnett, Danny Francesco, è un divo del cinema bizzoso e viziato, prelevato con le buone o le cattive sul suo aereo privato diretto a Las Vegas e dirottato in Costa Azzurra. È lui la talpa grazie alla quale si mette in moto il meccanismo complicatissimo della squadra d’azione in missione per salvare il mondo e, di conseguenza, la trama del film. 

Sulle note di Burt Bacharach

Non è tutto, sempre in tema di metacinema il buon Guy si diverte a inserire in una scena d’azione tesissima, la citazione della scena cult di Butch Cassidy in cui Paul Newman e Katharine Ross tubano a bordo di una bicicletta lungo i campi del Wyoming sulle note di Raindrops keep falling on my head composta dal compianto Burt Bacharach, scomparso di recente. Piccola curiosità di attualità politica: Operazione Fortune, che in America è uscito il 3 marzo e da noi, come detto, direct to platform il 17 aprile in esclusiva su Sky, avrebbe dovuto uscire nel 2022; ma lo scoppio della guerra in Ucraina ha suggerito di modificare il modo in cui i gangster ucraini vengono presentati nel film, determinando uno slittamento distributivo.

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