L'attore, che il 29 marzo compirà 84 anni e che in estate dirigerà la pellicola spaghetti western Trinità, la suora e la pistola, ha ricordato l'amicizia con Bud Spencer, compagno di diciotto set, e con Sergio Leone, ammiratore dei valori della libertà e dell'onestà dei cowboy
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Una volta salito in sella alla bicicletta di Don Matteo Terence Hill, 84 anni il 29 marzo, non voleva più girare film western. “Pensavo fosse inutile, di aver già fatto tutto e che non avrei potuto fare di meglio”, ha dichiarato in un’intervista a Sette Corriere. Poi, però, l’attore ha scovato in un libro la storia vera di Rosa Maria Segale, una suora italiana emigrata con la sua famiglia contadina e povera dall’entroterra ligure in America alla fine dell’Ottocento. Da lì è nato Trinità, la suora e la pistola, lo spaghetti western con protagonista Trinità che in estate sarà diretto in Abruzzo dallo stesso Terence Hill e che introdurrà anche il personaggio storico di Billy The Kid. Del resto, tra tutti i film interpretati dall’attore veneziano (all’anagrafe Mario Girotti) Lo chiamavano Trinità, scritto e diretto dall'ex-fotografo di scena Enzo Barboni poi diventato regista sotto lo pseudonimo di E.B. Clutcher, “senza dubbio è il mio preferito”.
LA NASCITA DI TERENCE HILL
Figlio del chimico umbro Girolamo e della tedesca Hildegard Thieme, Terence Hill è cresciuto a Roma, dove ha fatto ritorno con la mamma dalla Germania bombardata. A Villa Borghese ha imparato a cavalcare, e la passione per i racconti di cowboy e per il cinema hanno plasmato il futuro dell’attore, “ma non avrei mai pensato di diventare quel che sono”. Nel 1967, accorso a Roma da un set in Jugoslavia alla notizia delle riprese di un film western, l’allora Mario Girotti ha conosciuto il regista Giuseppe Colizzi, autore di una sceneggiatura intitolata Il cane, il gatto e la volpe. I lavori erano già iniziati in Spagna, “ma l’attore che faceva il gatto aveva litigato con la fidanzata e si era pure rotto un piede”, ha ricordato Terence Hill, favorito dal destino e dalle parole del produttore: “E prendi lui! Non lo vedi? Ha gli occhi azzurri, gli metti un cappello in testa ed è come Franco Nero!”.
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L'AMICIZIA CON BUD SPENCER
La pellicola, che ha cambiato titolo in Dio perdona... Io no!, è stata la prima delle diciotto condivise con il compagno di set Bud Spencer, scomparso nel 2016 all’età di 86 anni. “Lo ricordo quando da ragazzino facevo nuoto e con gli amici andavamo sugli spalti della piscina ad aspettare il grande campione italiano Carlo Pedersoli che si allenava. Lo guardavo arrivare, sigaretta in bocca, a bordo piscina. La mollava ad un amico ed entrava in vasca tra mille spruzzi”. Per Terence Hill, “se solo si fosse allenato con regolarità sarebbe diventato campione del mondo. Ma era così: tutta forza, tutto istinto. E quella forza la trasmetteva a tutti dal grande schermo”. Come coppia cinematografica, “con Bud avevamo un rapporto perfetto, mai litigato. Anche se eravamo molto diversi. Per dire: io, un po’ “tedesco” mi portavo una coach per parlare in inglese americano. Lui mi diceva che non ci pensava proprio. Si limitava a muovere la bocca in un certo modo così sembrava che stesse parlando inglese”. Per rendere indimenticabile il loro sodalizio, Terence Hill ha poi insistito per girare una scena con una scazzottata degna di quella cronometrata in sette minuti e mezzo nel film Sette spose per sette fratelli: “Regista e produttore prima dissero no, poi cominciarono a pensarci. Alla fine vinsi. Abbiamo fatto una scazzottata di dieci minuti, gli unici nella storia del cinema”.
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I VALORI DEL WEST AMATI DA SERGIO LEONE
Il western, per Terence Hill, non coincide però con la violenza vista in serie recenti come Yellowstone. “Bud e io nei nostri film non abbiamo mai ucciso nessuno e stavamo lontani dalla brutalità”, ha spiegato l’attore, a maggior ragione per l’incontro avvenuto per strada all’inizio della carriera con una madre e le sue due figlie. “Quella donna mi disse “Ah, lei è Terence Hill. La apprezzo, ma mi prometta che continuerà a fare film così, divertenti e senza violenza in modo che io possa continuare a portare al cinema le mie bambine...”. Da allora ho come una spada di Damocle sulla testa, che mi ha fatto rifiutare tanto cinema western che mi proponevano in America. Anche First Blood, il titolo del film che in Italia divenne Rambo e inaugurò tutta la serie con Stallone”. Terence Hill considera il western “un sinonimo della parola libertà. Che è poi anche la sensazione che emana dalle grandi pianure di quei film sul grande schermo. E poi nel western ci trovo qualcosa di mistico”. L’attore ha ricordato un episodio vissuto in compagnia di Sergio Leone, “un amico che mi manca tanto”. Mentre guardavano in moviola la scena del mucchio selvaggio di cowboy in arrivo a tutta velocità sul set de Il mio nome è Nessuno, Leone “mi prese per mano e andammo in una zona buia del set, dove riuscivo appena a scorgerne la faccia. Ruppe il silenzio e mi disse con volto serissimo su cui mi accorsi che scendevano le lacrime: “Questo è il western”. Vedere quel romanaccio di Leone, brusco, disincantato, che riusciva a commuoversi per lo slancio di libertà dei cowboy, dell’eroe del West, un personaggio più grande della vita stessa, mi fece capire che c’era qualcosa di soprannaturale, di mistico appunto in quella visione del mondo. Che da quel momento divenne anche la mia”. I valori del western costituiscono un’attrattiva anche per i giovani, perché “oltre alla libertà assoluta c’è l’onestà, il senso del dovere e il rispetto per l’altro, per il nemico. Sono alla base di ogni uomo forte, vero, sincero e schietto”.