Django, la recensione del quinto e sesto episodio della serie tv western Sky Original

Cinema
Alessio  Accardo

Alessio Accardo

Tra padri e figli, passato e presente, crimini e misfatti, colpa e redenzione, vecchi rancori e nuovi tradimenti; si approfondisce il racconto della serie creata da Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli, supervisionata da Francesca Comencini e qui diretta dall’inglese David Evans, già regista di Downton Abbey e Domina. Guest-star di queste due puntate (in onda Venerdì 3 marzo, in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW) è Vinicio Marchioni nei panni del capitano Parisi

“Padri e figli”, potremmo ribattezzare così questo quinto episodio di Django, la serie originale Sky e CANAL+ in onda su Sky Cinema e in simulcast Sky Atlantic; come una famosa commedia della metà del secolo scorso, diretta da Mario Monicelli e interpretata da Vittorio De Sica e Marcello Mastroianni. Si sviluppano qui infatti i complicati rapporti tra le diverse generazioni che popolano l’intreccio, dando allo show una profondità orizzontale e permettendo a noi spettatori di fare la conoscenza dei coprotagonisti.

A partire da Adam il figlio unico di Elizabeth (Noomi Rapace), non vedente dalla nascita, una disabilità che compensa con un amore sconfinato per la musica e per il suo pianoforte. Pur adorando sua madre è trattato da questa con una severità inflessibile, atta a proteggere – come scopriremo – certi atroci segreti del passato.

Poi si rappresenta la relazione tesissima tra John Ellis e il secondogenito Seymour, che rimprovera al padre la morte del fratello maggiore, Andrew, durante la Guerra di secessione (come scopriremo in uno dei sempre più frequenti flashback). Non solo, Seymour non gli perdona neanche la relazione con la giovane Sarah, che pur avendo grosso modo la sua età accetta di sposare suo padre accecando Seymour di rabbia. E spingendolo a subire il fascino del “lato oscuro della forza”.

Infine, c’è il racconto del rapporto di Django con sua figlia Sarah, personaggio al contempo torvo e solare, interpretato dall’emergente attrice tedesca Lisa Vicari già vista nella serie-tv Dark, nota anche come I segreti di Winden. La ritroviamo mentre si prende cura del padre, verso il quale nutre però sentimenti di profondo risentimento, per il suo amore filiale tradito molto tempo fa.

Grazie all’uso sempre più puntuale del flashback, veniamo a scoprire una fitta trama di segreti e bugie che s’intrecciano tra passato e presente incrociando al contempo le vicende di tre diversi nuclei familiari, e determinando una spirale di violenza dagli echi tragici, tra complessi d’Edipo e sindrome di Medea. Tra Sofocle, Euripide e Shakespeare. Sarà proprio il protagonista, Django, a tingersi le mani di sangue come un Macbeth contemporaneo, in uno dei tanti rapsodici ritorni al passato.

Sono proprio questi balzi all’indietro ad aprire degli squarci rivelatori sul passato e svelare così le complesse identità dei personaggi; a svelare che sono stati spesso il contrario di quello che sono diventati, e a darci conto del motivo delle loro pene e delle loro contraddizioni.

In uno di questi interviene il personaggio di Vinicio Marchioni (l’ex Freddo di Romanzo criminale, ormai affermatosi come uno degli attori di punta dello star system nostrano) che interpreta il capitano Parisi, ufficiale di riferimento di Django - quando si chiamava semplicemente Julian - col quale intreccia un rapporto di cameratesca amicizia.

Si deve proprio alla loro linea di racconto lo sviluppo di una sottotrama che richiama un tema di grande attualità: la brutalità della guerra di trincea, che viene in questi giorni drammaticamente raccontata anche da uno dei film del momento, il terzo adattamento del libro di Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, trionfatore degli ultimi Bafta e candidato agli Oscar in ben nove categorie, tra cui quella per il miglior film.

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Si conferma dunque la politicità di questa serie cosmopolita, i cui eroi positivi – ormai lo sappiamo - sono un ex soldato cripto-gay, un paio di donne per nulla subalterne - come quasi sempre nell’epica western, se si escludono pochi casi eclatanti come, ad esempio, quello della Jill (Claudia Cardinale) di C’era una volta il west e della Vienna (Joan Crawford) di Johnny Guitar – e un ex schiavo afroamericano.

E in questi episodi, assumendo centralità il personaggio di Nicholas Pinnock, John Ellis, il tema razziale emerge con nettezza. Il fondatore di New Babylon (che – lo ricordiamo – è una città gestita come una comune pacifica fondata sulla solidarietà sociale e la mescolanza etnica) è chiamato a deporre in giudizio da un’ordinanza che gli viene recapitata da uno sceriffo ostile e violento; in un processo i cui magistrati sono degli ex ufficiali confederati che fino a pochi anni prima – e forse ancora adesso – ritenevano che i neri non dovessero essere neppure annoverati tra gli esseri umani.

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