Il regista de Il Sesto Senso, Split e Signs è stato a Roma per presentare il suo ultimo film, al cinema dal 2 febbraio. Ecco cosa ci ha raccontato
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Una famiglia è in vacanza in una baita isolata immersa nella natura quando quattro sconosciuti armati e dall’aspetto poco rassicurante bussano alla porta con insistenza. La bambina e i suoi genitori cercano di resistere, ma questo inquietante gruppo di persone spiega loro che non vogliono fargli del male. Hanno bisogno che la famiglia “prescelta” prenda una decisione importante che potrebbe definire le sorti del mondo. Bussano alla Porta, il nuovo film di M. Night Shyamalan arriva al cinema il 2 febbraio e il regista de Il Sesto Senso, E Venne Il Giorno, Split, è volato a Roma per parlare di questo suo progetto alla stampa italiana. Disponibile e gentile, ha risposto a molte domande su questo home invasion apocalittico in cui si ritrovano molti tratti della sua poetica e del suo stile dietro la macchina da presa.
La paura per il futuro e per il mondo esterno
La famiglia è ancora una volta al centro in questo nuovo film, come ha sottolineato Shyamalan: “L’idea della santità della famiglia c’è spesso nei miei film perché è una cosa a cui tengo molto. E quindi considero un incubo il fatto che qualcuno possa bussare alla porta, un estraneo, e possa fare qualcosa ai miei figli, a mia moglie o ai miei genitori. Mi rende nervoso lasciarli a casa anche quando viaggio per lavoro. E ora che le mie figlie sono adulte, sono spaventato nel consegnargli questo mondo”. La pandemia ha contribuito sicuramente a definire l’insicurezza di molte persone, ma anche la diffidenza verso gli altri. “Il virus ci ha fatto sentire quanto siamo fragili, biologicamente ed emotivamente. Mi sono reso conto di come un estraneo potesse avere potere sui miei genitori. Qualcuno poteva infettare me e io avrei infettato i miei cari. Viviamo in una fattoria lontano da tutto e questo ci ha reso le cose più facili in quei giorni, poiché in città le regole erano più rigide”.
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Un cinema “mistico”
Bussano alla Porta come Il Sesto Senso, Signs o la serie tv Apple Servant che Shyamalan ha diretto (visibile anche su Sky Q e tramite la app su NOW Smart Stick), lascia molto spazio alla religione, alla fede. Questo film riflette su temi biblici con un chiaro rimando ai quattro Cavalieri dell’Apocalisse, cercando “un equilibrio tra luce e oscurità, tra gioia e dolore”, come ha sottolineato lo stesso regista. “Ognuno di noi è importante per l’altro. Sono stato in una scuola cattolica e mi affascina la mitologia religiosa. E per questo film mi sono domandato cosa potrebbe accadere oggi se le figure bibliche fossero persone comuni”. E sul fatto di presentare il film a Roma ha aggiunto: “Venire a Roma, la città del Vaticano e del Papa, mi ha fatto pensare alle storie in cui crediamo. Tutti crediamo in qualcosa, ma questo ci rende in un certo senso vulnerabili”.
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Una scelta obbligatoria
Tratto dal romanzo La Casa alla Fine del Mondo di Paul Tremblay con una sceneggiatura di Steve Desmond e Michael Sherman, Bussano alla Porta si concentra su una scelta fondamentale per l’intera umanità. Shyamalan ha confermato di essersi ispirato solo in parte al libro, senza fare un vero e proprio adattamento. “Mi piaceva l’impostazione della storia ma poi ho voluto farne una mia versione. Cosa faremmo noi al posto di Sophie? Qualcuno ti può convincere a fare qualcosa che non vuoi fare? Ognuno di noi è capace di fare cose orribili o bellissime, ma come uomini vale la pena essere presi in considerazione”. E, paragonando questo film al suo precedente E Venne il Giorno, ha precisato: “Lì il destino è già deciso e i protagonisti devono cercare di sopravvivere, mentre qui sono loro che decidono il destino”.
La scelta di Dave Bautista
Dave Bautista in Bussano alla Porta ha un ruolo diverso dal solito. Senza maschera, senza ironia, è un uomo “gigante” con un animo ambiguo e con diversi momenti drammatici che regge con naturalezza e carisma. Sulla scelta di casting, Shyamalan ha raccontato: “Non sapevo niente di wrestling quindi ho conosciuto Dave come attore vedendolo in Blade Runner. Mi ha colpito e per questo film cercavo un gigante innocente. Un uomo di quelle proporzioni ha una responsabilità, un peso sulle spalle quando interagisce con il prossimo, e mi interessava esplorare quella sensazione”.