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Venezia 79, Dont’ Worry Darling: tra polemiche e star. La recensione del film

Cinema

Paolo Nizza

Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia e accompagnato da un’epifania rumors e gossip, la pellicola diretta e interpretata da Olivia Wilde è un atto d'accusa contro la mascolinità tossica. Ottima la performance attoriale di Florence Plug, affiancata da Harry Styles

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“Parlarne bene o parlarne male non importa, purché se ne parli” diceva Dorian Gray nel romanzo di Oscar Wilde. E in effetti si po' affermare che il film Don’t Worry Darling, presentato fuori concorso alla 79.ma Mostra del cinema di Venezia (QUI LA DIRETTA) abbia preso molto sul serio l’aforisma dello stiloso dandy immune all’invecchiamento. La pellicola diretta da Olivia Wilde e interpretata da Florence Plug e Harry Styles sin dall’inizio delle riprese è stata accompagnata da una schidionata di rumors, diatribe e pettegolezzi. Ecco, in sintesi, le principali polemiche legate alla pellicola

Dai tempi dei fratelli Lumiere, è noto che accennare a bollenti scene di sesso presenti in un film aiuta assai la promozione. Così dicembre del 2021, in un’intervista alla rivista Vogue, la regista Olivia Wilde svela di essersi ispirata a pellicole come Attrazione fatale e Proposta indecente per le riprese Don't worry darling. L’idea di fondo è di raccontare il piacere sessuale dal punto di vista femminile. Tuttavia, la protagonista femminile del film Florence Plug ha altre idee in merito. Innanzitutto, sembra infastidita dalla relazione tra la regista ed Harry Style, il protagonista maschile dell’opera e non gradisce affatto che il lungometraggio venga promosso come un titolo zeppo di scene ad alta gradazione erotica. Per l’attrice si tratta semplicemente di un thriller. Come se non bastasse, Shia LaBeouf che all’inizio avrebbe dovuto interpretare il ruolo poi andato a Styles viene licenziato dal set. Tra la regista e l’attore si dipana un florilegio di accuse e controaccuse. Ma la ciliegina avvelenata sulla torta arriva con la mancata partecipazione alla conferenza stampa di Florence Plug. La star si limita a sfilare sul tappetto rosso. La regista Olivia Wild davanti alla stampa spegne il fuoco del pettegolezzo, ringrazia comunque l’attrice e liquida la questione generata da una lamentela di Florence sulla differenza di trattamento economico tra lei e l’ex cantante dei One Direction. Ora non resta quindi che attendere i prossimi sviluppi.

Ciliegine al maraschino galleggiano su passionali cocktail “Manhattan”, mentre bianche cipolline salutano dalle coppe lussureggianti del “Gibson”, variante raffinata del Martini Cocktail. Dont’t Worry Darling ti ubriaca subito con il suo spumeggiante coté anni Cinquanta. Abiti color pastello, automobili decapottabili, mogliettine sorridenti, mariti in giacca cravatta e coreografie degne di Bubsy Berkeley, invadono lo schermo. La vita è meravigliosa, il mondo è perfetto e la colazione è il pasto più importante della giornata, soprattutto se è a base di bacon, uova, pane tostato e caffè americano. Insomma, sembrano felici e appagate le famiglie che popolano la comunità chiamate Victory, cittadella costruita da un’azienda sperimentale. I Maschi lavorano allo “sviluppo di materiali innovativi”, le femmine si godono il lusso e i privilegi di questo luogo utopico circondato dal deserto. Anche la coppia formata da Alice e Jack quell’esistenza tutta rose, fiori, party in piscina, cene e sesso pare il Paradiso. Ma bisogna diffidare sempre delle apparenze e sotto i tappeti si nasconde sempre la polvere.

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Se l’accompagnamento musicale della festa è affidato a un gruppo che si chiama “Dollhouse Brass Band”, è lecito nutrire qualche dubbio sulla natura di questa arcadia votata all’ordine, alla simmetria e nemica del caos in ogni sua forma. Senza contare che Frank (Chris Pine), l’amministratore di Victory è un incrocio tra un visionario CEO dalla mascella squadrata e un ossessivo life coach motivazionale. Per cui c’è puzza di bruciato in cucina e non si tratta dell’arrosto troppo cotto. Sicché forse queste casalinghe fiduciose sono in realtà molto più disperate delle celebri housewives della serie tv. La sola certezza è che Florence Plug è un’attrice dalle capacità straordinarie, capace di rendere credibili pure le situazioni più improbabili. Harry Styles cerca di starle al passo come può e alla fine risulta efficace proprio in funzione del personaggio che deve portare sullo schermo. Siamo quindi dalle parti della Fabbrica delle mogli, il celebre romanzo di Ira Levin. Il merito della regista Olivia Wilde è quello di aggiornarlo alla sensibilità dei nostri giorni, fra mascolinità tossica e mansplaining. Quindi, al netto del titolo, la situazione risulta ancora molto preoccupante delle donne. Per cui ben vengano opere come questa che nonostante siano ambientate in un distopico futuro ci parlano del presente.

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