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Golden Globes 2022, Jane Campion è la terza donna a vincere nella categoria regista

Cinema

Camilla Sernagiotto

©Getty

Ventotto anni dopo l'Oscar per Lezioni di piano e un anno dopo la storica vittoria di Chloé Zhao, la regista neozelandese vince come miglior regista per Il potere del cane, che si aggiudica pure il globo come miglior film drammatico. Un trionfo in continuità con lo scorso anno, quando candidate nella categoria best director ci finirono 3 donne, dopo anni di critiche all'Hollywood Foreign Press Association per la mancanza di inclusività. Quest’anno erano due le donne nominate: la vincitrice e Maggie Gyllenhaal

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Jane Campion scrive un nuovo capitolo nella storia dell’inclusività incorniciata dal grande schermo: è la terza donna a vincere nella categoria regista ai Golden Globes, premiata nell'edizione 2022 che si è appena tenuta negli Stati Uniti.
Oltre ad aver vinto come best director per la sua pellicola Il potere del cane, si porta a casa anche un altro globo dorato per il miglior film drammatico.

La sua vittoria è da incorniciare e appendere alla parete dei trofei delle tante donne che negli ultimi anni stanno contribuendo a cambiare il corso della storia.
Il nome di Jane Campion era già indissolubilmente legato alle quote rosa chiamate in causa dalla celebre formula del rito “And the Winner is…”.
Parliamo infatti della donna che ventotto anni fa vinse la statuetta degli Academy Awards per il suo capolavoro Lezioni di piano (1993), opera con la quale vinse anche la Palma d'oro al Festival di Cannes (prima e per quasi trent'anni unica donna nella storia).

Nel 2022 la regista neozelandese è stata insignita per la prima volta di due Golden Globes, esattamente il numero - e le stesse categorie - che dodici mesi fa caratterizzarono il trionfo di Chloé Zhao.

La giovane regista, sceneggiatrice, produttrice cinematografica e montatrice cinese naturalizzata statunitense infatti venne premiata nel 2021 per Miglior film drammatico e Miglior regista grazie al suo Nomadland, campione di premi oltre che di incassi. Rispetto a Campion, Zhao nel 2021 aveva ricevuto una candidatura in più, quella alla miglior sceneggiatura.
E rispetto all'anno scorso c’è un altro numero in meno in chiave inclusività con sguardo al mondo femminile: tre donne nella categoria best director (Zhao, Emerald Fennell per Una donna promettente e Regina King per Quella notte a Miami…) contro le due donne di quest’anno (Maggie Gyllenhaal per La figlia oscura, oltre a Jane Campion).

Barbra Streisand è stata la pioniera

Continuiamo a parlare di “terza donna nella storia” e tiriamo in ballo Chloé Zhao come seconda però è doveroso parlare innanzitutto di colei che ha aperto la strada alle vittorie in rosa targate Golden Globes.

Barbra Streisand nel 1984 ha ricevuto il Golden Globe per il miglior regista, la prima donna a vincere quel premio. L’ha strappato dalle solite mani nodose e poco curate (quelle maschili, per parlare un po' a stereotipi, concedeteci almeno qualche luogo comune sulla manicure...) grazie al suo Yentl, film musicale e drammatico da lei diretto e interpretato.

Tratto dal racconto Yentl The Yeshiva Boy dello scrittore ebreo polacco Isaac Bashevis Singer (contenuto nella raccolta Gimpel l'idiota), fu originalmente pubblicato in Yiddish verso il 1960 per poi vedere le stampe in lingua inglese nel 1983. Nel 1975 la fortunata opera letteraria di Isaac Bashevis Singer è stata celebrata dall’omonimo adattamento teatrale, diventato in breve tempo un classico del genere musical.

Anche quell’anno il nome del gentil sesso (passateci anche questo stereotipo, ve ne parleremo più avanti) che trionfò ricevette due globi dorati, esattamente come accadde alcuni decenni più tardi alle sue eredi Zhao e Campion. L’unica differenza è che chiaramente Yentl non concorreva nella categoria Miglior film drammatico ma in quella dedicata al genere musicale e commedia.


Inoltre quell’anno Barbra Streisand è stata nominata pure come Migliore attrice in un film commedia o musicale. Una vera antesignana a cui dobbiamo molto, non soltanto noi donne ma in generale noi esseri umani. Perché la sensibilità che connota l'occhio registico declinato al femminile è qualcosa di indubbio. Si tratta di un tocco diverso da quello che solitamente caratterizza l'occhio di lui: non un tocco migliore ma qualcosa che differisce e che titilla corde emozionali inconsuete. Definibili inconsuete proprio perché il cinema era fino a poco tempo fa quasi totalmente monopolizzato dal "maschio bianco", ergo il punto di vista della donna (ancor più della donna "non bianca") è mancato all'appello per decadi intere.  

Il point of view della donna è un tipo di pennellata che l'umanità intera deve poter godersi per conoscere appieno l'animo umano.
Gli affreschi cinematografici che le registe ci stanno offrendo con enormi sacrifici e grandissima determinazione sono un patrimonio dell'umanità da proteggere e da promuovere per il futuro.

Non è un mistero il fatto che per emergere in qualunque campo, compreso quello registico, una donna debba faticare molto di più rispetto a un collega maschio.

Nel 1983 Barbra Streisand diventò la prima donna a scrivere, produrre, dirigere e interpretare un film di un grande studio cinematografico con il suo Yentl. Ricordiamo che quella storica pellicola venne insignita anche dell'Oscar alla miglior colonna sonora.

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Le donne che emergono in pandemia: Covid e trionfo al femminile sono collegati?

Una domanda che già il mondo intero si pose lo scorso anno, quando si notarono tante presenze femminili ai maggiori premi cinematografici internazionali, è la seguente: possibile che sia soltanto una coincidenza il fatto che le donne stiano emergendo nel mondo della settima arte in questo particolare periodo storico?


Da quando è esplosa la pandemia, le donne incominciano a farsi valere di più, firmando capolavori filmici da chapeau. Oltre a firmarli, con quei capolavori riescono a entrare nella rosa di nomination dei riconoscimenti da cui fino al periodo pre-pandemico sembravano essere ben più escluse dei colleghi.
Già l'anno scorso, di fronte al trionfo di Chloé Zhao con la sua incetta di premi per Nomadland, la domanda sorse spontanea...

E i nomi di Emerald Fennell per Una donna promettente e Regina King per Quella notte a Miami…, tutte pellicole uscite in seno all’emergenza sanitaria, resero quell'interrogativo ancora più martellante: come mai la pandemia ha fatto uscire fuori le donne?

Il "Center for the Study of Women in Television and Film" dell’Università di San Diego ha rivelato che il 2020 è stato quello con il numero più elevato di pellicole firmate da registe donne. La percentuale di "director al femminile" è del 16%. Da Wonder Woman 1984 a Birds of Prey, da Emma a Mulan, da Black Window a - naturalmente - Nomadland, il 2020 è stato un anno in cui il potere femminile è stato amplificato dal megafono del grande schermo.

La regista Cathy Yan ha diretto Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn; Patty Jenkins ha diretto Gal Gadot sul set di Wonder Woman 1984; la fotografa e regista statunitense Autumn de Wilde ha dato alla luce (anzi: al buio in sala, anche se nel 2020 le sale erano purtroppo off-limits a causa del lockdown) Emma; la regista neozelandese Niki Caro si è occupata di Mulan e la regista australiana Cate Shortland di Black Widow con Scarlett Johansson, oltre alla pluricitata e pluripremiata Chloé Zhao per Nomadland con protagonista Frances McDormand.

Il dubbio che la grande presenza femminile di lavoratrici nel cinema in pieno boom dell'emergenza sanitaria suggerì a tanti di noi allora è stato quello relativo alla “maggior sacrificabilità” delle donne di Hollywood (e dintorni) rispetto ai colleghi maschi… Speriamo di sbagliarci, anche se il dubbio che si insinua spesso è molto difficile da estirpare. Diventa solido come le vene nel marmo, ahinoi.  

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Nel 2021 c’è stato un calo di presenze femminili nel cinema

Dopo i numeri notevoli di cinema femminile registrati nel 2020, il 2021 ha visto i film di registe donne in calo: da Campion a Gyllenhaal, sono stati solo il 12%.

A dare i numeri è stato lo studio "Celluloid Ceiling" pubblicato dal San Diego State's Center for the Study of Women in Television and Film. “Basare le nostre percezioni su un numero limitato di donne di alto profilo può portare a conclusioni sbagliate sullo stato delle donne in questo mestiere", ha detto Martha Lauzen, fondatrice del centro.


Dopo i successi al box office e ai premi del 2019 e 2020, nel 2021 sono stati il 12%, contro il 16% dell'anno scorso, i titoli diretti dal gentil sesso (lo usiamo solo per non continuare a ripetere “donne”, anche se questa espressione è invisa a molti di noi, specialmente per la tematica trattata qui, argomento per cui “gentil sesso” dovrebbe finalmente andarsene in pensione. Altro che gentile: determinatissimo, combattivo e dalle capacità non poco aggressive, semmai).

Una percentuale leggermente maggiore di donne registe è stata registrata allargando i film in esame ai 250 più redditizi del 2021, da cui emerge un 17% contro il 18% del 2020. Tuttavia bisogna considerare che questo studio non include nella top 100 proprio i film che hanno trionfato in queste ore ai Golden Globes, ossia quelli di Jane Campion e di Maggie Gyllenhaal (entrambi candidati e quello di Campion vincitore).

Le suddette pellicole sono state girate per Netflix, che le ha fatte uscire solo per pochi giorni nelle sale e non ha diffuso i risultati del box office, quindi non sono stati inclusi nello studio. Stessa cosa è accaduta per altre importanti registe, da Rebecca Hall (Passing) a Halle Berry (Bruised) le quali hanno fatto debuttare i propri lavori direttamente in streaming.

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Già nel 2019 la tendenza di donne registe era in ascesa

Benché permanga il dubbio che l'aumento di presenze femminili nel mondo del cinema, specialmente dietro all'obiettivo della cinepresa, sia in qualche modo legato alla pandemia di Covid, è doveroso notare che comunque già nel 2019 la tendenza delle donne registe sembrava essere in ascesa.


Oltre alla sedia da director su cui far sedere ladies e non gentlemen, nel 2019 anche il set si dimostrò più propenso ad accogliere ruoli femminili nei film campioni di incassi (ok che quello era l’anno di Piccole Donne di Greta Gerwig, dove - a meno che vestire Brad Pitt e George Clooney da donzelle, sbarbandoli per bene prima dei ciak - per forza dovevano venire scritturate donne, piccole o meno che fossero...).

Nel 2021 sono invece aumentate le donne produttrici (dal 30% al 32%) e produttrici esecutive (dal 21% al 26%), rimanendo stabili le sceneggiatrici (17%) e le direttrici di fotografia (6%).
Noi ci auguriamo che la tendenza a una maggior inclusività, femminile e non solo, sia sempre in aumento, anche quando l'emergenza sanitaria finalmente sarà un bruttissimo ricordo.

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