Il film più intimo e autobiografico del regista partenopeo è candidato agli Oscar come miglior film internazionale (SEGUI LA DIRETTA). Una struggente e meravigliosa lettera d’amore nei confronti di Maradona, del cinema e della città di Napoli.
Senza filtri, con frugalità e coraggio Paolo Sorrentino si racconta in È Stata la Mano di Dio. Alla 78.ma Mostra del Cinema di Venezia, Il film ha vinto il Leone d'Argento, mentre Filippo Scotti alla sua prima esperienza cinematografica, ha ricevuto il premio Marcello Mastroianni. Dopo essere stato nominato come per rappresentare l'Italia agli Oscar 2022 nella sezione del miglior film internazionale. Così, dopo aver vinto la statuetta con La Grande Bellezza, il regista partenopeo prova a fare la doppietta, con il lungometraggio che racconta la sua adolescenza a Napoli.
Con È Stata la Mano di Dio, il regista mette in scena, sullo sfondo della Napoli degli anni Ottanta, la propria adolescenza in un’epifania di volti, voci e ricordi, tra i gol di Maradona le imprecazioni di Antonio Capuano e il VHS di C’era una volta in America. Un amarcord partenopeo favoloso e struggente. E in questo senso il Dragoncelli di fuoco (LA RECENSIONE) il romanzo biografico scritto da Stefano Loparco e pubblicato nella collana Bietti Fotogrammi, risulta una sorta di prequel immaginario di "È Stata la Mano di Dio". Una cartina di tornasole che attraverso la storia del primo (non) film di Paolo Sorrentino, svela nuove ipotesi di lettura e di visione dell'opera del regista partenopeoo candidato agli Oscar 2022
Paolo Sorrentino e La mano di Dio, ossia, Maradona
Federico Fellini diceva: “Il cinema è il modo più diretto per entrare in competizione con Dio”. Ma forse un altro modo per confrontarsi con il nostro sono le giocate di Diego Armando Maradona. Perché è stato proprio il fuoriclasse argentino a salvare la vita a Paolo Sorrentino. A 16 anni, entrambi i genitori del futuro regista premio Oscar muoiono all'improvviso e in modo del tutto inaspettato per avvelenamento da monossido di carbonio a causa di una fuga di gas nella casa di villeggiatura a Roccaraso della famiglia. Di norma, Sorrentino avrebbe dovuto essere insieme ai suoi genitori quel fine settimana. L’unica ragione per cui non rimane anch'egli vittima della tragedia è che ha ottenuto il permesso di restare a casa da solo, per la prima volta nella sua vita, per andare a vedere Maradona che gioca a Empoli in trasferta con il Napoli. Non a caso il film inizia con questa frase del Pibe de Oro: “Ho fatto quello che ho potuto, non credo di essere andato così male".
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È stata la mano di Dio, tra sogno e realtà
Basta la sequenza iniziale con Enzo De Caro nei panni di San Gennaro che in Roll Royce carica la meravigliosa Luisa Ranieri per comprendere come "È Stata la mano di Dio" sia un film in cui realtà e fantasia danzano insieme come in un tango appassionato. La televisione, parimenti a un metronomo scandisce la cronologia degli eventi: dai quarti di finale della Coppa del mondo FIFA 1986 tra l'Argentina e l'Inghilterra alla videocassetta noleggiata di C’era una volta in America. Ma come nel capolavoro di Leone, i ricordi si intrecciano con i sogni. Ed è gratificante lasciarsi travolgere dai frizzi, dai motti di spirito, dagli scherzi architettati dai protagonisti di questa “commedie humaine” targata Napoli. Sicché si ride di gusto nella prima parte del film, grazia anche al talento di attori straordinari come Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Renato Carpentier, Massimiliano Gallo, Lino Musella. Certo, poi arriva il dramma. E la grandezza del film sta nella capacità di rappresentare l'elaborazione di un lutto con una sobria autenticità. La cognizione del dolore diventa così universale. Un’opera che come la canzone di Pino Daniele dedicata alla sua città natale possiede “mille colori”. Una pellicola che rimanda ai finali di certi film di Massimo Troisi
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Paolo Sorrentino e il suo alter ego
È impossibile non empatizzare con il personaggio di Fabietto, l’alter ego del regista interpretato da Filippo Scotti. Un adolescente taciturno, un giovane Törless che cita Dante, ama il Napoli e sogna di fare il cinema per dimenticarsi la realtà, superare la tragedia di essere orfano e affrontare il proprio futuro. “Non ti disunire”, dice il regista Antonio Capuano al dolente protagonista. Perché come diceva Friedrich Wilhelm Nietzsche “bisogna diventare ciò che si è”. E Paolo Sorrentino, certamente, ci è riuscito.
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Tra passato e futuro, è stata la mano di Dio
Le tre candidature agli Efa 2021, gli Oscar europei, rappresentano solo l’ultimo riconoscimento di un film che ha conquistato la critica di tutto il globo terracqueo. Parimenti a quella corsa di 60 metri, compiuta dal Pibe de Oro in 10 secondi, il 22 giugno 1986 allo stadio Azteca di Città del Messico e che si concluse con il pallone nella rete del portiere inglese, È stata la mano di Dio è una cavalcata attraverso tutte le emozioni dell’animo umano. In fondo il film di Sorrento somiglia al “gol del secolo”, un’opera che appartiene e che tocca tutti. D'altronde Diego Armando Maradona per molti è stata una divinità. Sicché non c'è più il Silenzio di Dio, raccontato dal cineasta partenopeo in The Young Pope, ma la voce di non ragazzo che al netto della morte dei propri genitori, sceglie di abbracciare la vita. Non a caso in conferenza stampa Sorrentino ha dichiarato: “Non si deve abdicare mai a un’idea di futuro, anche differente a quella che si aveva. Quando si è adolescenti uno può non vedere un domani diverso. Questo film invece vuole dire che il futuro c’è sempre. Anche se è invisibile“.
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È stata la mano di Dio, la trama del film
Dal regista e sceneggiatore Premio Oscar Paolo Sorrentino (Il Divo, La grande bellezza, The Young Pope) la storia di un ragazzo nella tumultuosa Napoli degli anni Ottanta. Una vicenda costellata da gioie inattese, come l’arrivo della leggenda del calcio Diego Maradona, e una tragedia altrettanto inattesa. Ma il destino trama dietro le quinte e gioia e tragedia s’intrecciano, indicando la strada per il futuro di Fabietto. Sorrentino torna nella sua città natale per raccontare la sua storia più personale, un racconto di destino e famiglia, sport e cinema, amore e perdita.