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Padrenostro, 5 motivi per vedere il film con Pierfrancesco Favino

Cinema

Giuseppe Pastore

In sala dal 24 settembre il film di Claudio Noce premiato a Venezia: una pellicola ambiziosa, complessa, diversa dalla media

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In uscita il 24 settembre, Padrenostro è stato l'unico film italiano in concorso a Venezia 2020 a ricevere un premio: la Coppa Volpi assegnata a Pierfrancesco Favino. Ecco cinque buoni motivi per andare a vedere un film per molti versi sorprendente, ambizioso, diverso dalla media del cinema italiano - SPECIALE VENEZIA 2020.

NON è IL FILM CHE VI ASPETTATE

Sulla trama di Padrenostro si è fatta un po' di confusione: non è una ricostruzione storica dell'attentato ad Alfonso Noce (padre del regista) compiuto dai Nuclei Armati Proletari il 14 dicembre 1976, e nemmeno il “classico” ritratto d'epoca della Roma anni '70-'80 già visto in tantissimi film e serie tv, da Romanzo Criminale in giù. La presenza al Lido di un personaggio importante come il segretario della Lega Matteo Salvini, che ha assistito alla proiezione serale per il pubblico, ha aumentato l'equivoco: in molti – senza neanche aver visto il film – l'hanno caricato di un significato politico che semplicemente non ha, come hanno sottolineato in conferenza stampa Favino e il regista Claudio Noce. È semmai un film sul rapporto complicato e silenzioso tra un padre misterioso e un figlio di dieci anni che, pur amandolo incondizionatamente, non riesce a comprenderlo fino in fondo: il trauma dell'attentato avvenuto sotto casa, a cui il piccolo Valerio ha assistito da testimone oculare, accelera la fuga dalla realtà del bambino che, traumatizzato dal presente, si rifugia nella propria fervida immaginazione.

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Anche se non è protagonista indiscusso né domina il film con la presenza scenica dei suoi Craxi (Hammamet) e Buscetta (Il traditore), nel ruolo di Alfonso Le Rose Pierfrancesco Favino offre un'altra prova solida e convincente del suo multiforme talento, che si traduce anche in un'importante trasformazione fisica: la corporatura massiccia di Alfonso ricorda uno di quegli altopiani calabresi in cui è ambientata la seconda parte del film. In un'edizione veneziana un po' povera di grandi ruoli maschili, assegnargli la Coppa Volpi (la prima della sua carriera) è stato quasi obbligatorio.

 

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LA RIVELAZIONE

Per gran parte del film, però, Favino resta quasi in secondo piano e questo è merito dello straordinario Mattia Garaci, protagonista assoluto di Padrenostro, che riempie a lungo il film con i suoi primi piani e regge alla grande una parte tutt'altro che facile, molto più complesso dei ruoli “monodimensionali” in cui sono spesso confinati i bambini al cinema. Merita una citazione anche Francesco Gheghi, il ragazzo che interpreta il misterioso Christian, anche lui presente a Venezia.

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RITRATTO DI BAMBINO

Al di là della bravura dei tre attori principali – oltre ai quali va citato almeno Antonio Gerardi in un cammeo ispirato al magistrato Francesco Coco ucciso dalle Brigate Rosse l'8 giugno 1976 – Padrenostro racconta in modo avventuroso e anche un po' tortuoso quell'età particolare, tra i dieci e gli undici anni, di passaggio tra l'infanzia e l'adolescenza, quando non si è più bambini ma non si è ancora davvero “grandi”.

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IL REGISTA

Claudio Noce, 45 anni, ha diretto per Sky quattro episodi di 1994 e per la RAI sette episodi di Non uccidere: questo è il suo terzo lavoro per il cinema dopo Good Morning Aman (2009, con Valerio Mastandrea) e La foresta di ghiaccio (2014, con Emir Kusturica). Padrenostro ha il pregio e il coraggio di osare un po' di più, con soluzioni di sceneggiatura poco convenzionali che all'inizio possono anche disorientare lo spettatore, ma col passare dei minuti gli offriranno un quadro di complessità e respiro molto più ampio della gran parte delle produzioni italiane.

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