Accolta da un lungo applauso, la senatrice a vita Liliana Segre è entrata nel palco centrale del Teatro alla Scala per la serata inaugurale con Una Lady Macbeth nel distretto di Mcensk. Riccardo Chailly, al suo dodicesimo e ultimo 7 dicembre come direttore musicale, ha guidato l’Inno di Mameli con il pubblico in piedi e commosso. In sala le più alte cariche istituzionali, dal presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso al sindaco Giuseppe Sala
Scala, applauso per Liliana Segre nell’ultima Prima diretta da Chailly
Un applauso lungo e caloroso ha salutato la senatrice a vita Liliana Segre nel palco centrale del Teatro alla Scala, in una serata inaugurale che intreccia memoria civile e grande musica. L’apertura della stagione con Una Lady Macbeth nel distretto di Mcensk di Šostakovič ha assunto un valore ancora più simbolico: un titolo segnato da storia e censura, che risuona in un 7 dicembre già carico di significati. A rendere la serata speciale, anche la presenza del maestro Riccardo Chailly, al suo dodicesimo e ultimo 7 dicembre come direttore musicale, accolto a sua volta da un lungo applauso prima di dirigere un intenso Inno di Mameli
Istituzioni in platea per una serata simbolica
Nel palco centrale sedevano accanto a Segre il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso e il sindaco di Milano Giuseppe Sala, mentre alle loro spalle una ampia rappresentanza istituzionale sottolineava il peso dell’evento: il governatore Attilio Fontana, il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio, la vicepresidente della Camera Anna Ascani, il ministro della Cultura Alessandro Giuli e la sottosegretaria di Stato USA Sara Rogers. Una costellazione istituzionale che conferma, anno dopo anno, la Prima della Scala come appuntamento culturale e osservatorio politico.
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Il valore civile di una presenza
La presenza di Segre, accolta con un calore autentico, ha aggiunto alla serata una dimensione emotiva ulteriore. Non soltanto un omaggio alla sua figura, ma il riconoscimento di un percorso di testimonianza che da decenni parla a generazioni diverse. In un’opera che affronta soprusi, isolamento e abuso del potere, la sua voce e la sua storia risuonano quasi naturalmente. Una Prima che si chiude nel segno dell’intreccio tra musica, memoria e identità, confermando ancora una volta come la Scala non sia soltanto un teatro, ma uno specchio del Paese.
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Le parole di Segre: “Sono io che voglio bene alla Scala”
All’uscita dal palco centrale, la senatrice ha commentato con la consueta lucidità l’affetto ricevuto: “Sono io che voglio bene alla Scala”, ha detto con un sorriso, restituendo al pubblico l’applauso ricevuto. Segre ha definito Una Lady Macbeth nel distretto di Mcensk un’opera “piuttosto scandalosa”, aggiungendo una riflessione articolata “in tre tappe”.
“Primo, avevo letto prima che cosa sarei venuta a vedere, a sentire.
Secondo, sono così vecchia e da quando avevo cinque anni vengo alla Scala. Quindi sono preparata a tutto: al balletto, all’opera per bambini, e anche a quella che sta qui, che è piuttosto scandalosa”.
Poi ha concluso con un pensiero che sintetizza il suo sguardo curioso e mai domo: “Mi interessa sempre quello che vedo e che sento alla Scala. Mi interessa, poi posso giudicare secondo il mio gusto, però alla base mi interessa”.
Una dichiarazione che racconta, più di ogni cerimoniale, il rapporto profondo e costante tra Segre e il teatro milanese.