Macbeth di Luca Ariano a Bergamo, un viaggio immersivo nell’oscurità shakespeariana

Spettacolo
Paolo Nizza

Paolo Nizza

Dopo Roma e Milano, il Macbeth diretto da Luca Ariano arriva all’Auditorium Aruba di Ponte San Pietro (7-12 ottobre). Una “scatola magica” che avvolge pubblico e attori, trasformando la tragedia shakespeariana in un’esperienza sensoriale. Pietro Faiella e Lucia Fiocco brillano nei ruoli principali, sostenuti da un cast compatto e intenso e dai costumi incisivi di Elisa Leclè, per uno spettacolo che scuote e affascina

Dopo il successo delle anteprime romane e milanesi, arriva a Bergamo la nuova produzione di Luca Ariano: Macbeth di William Shakespeare, in scena dal 7 al 12 ottobre 2025 all’Auditorium Aruba di Ponte San Pietro.

Un progetto ambizioso, frutto di un lungo lavoro di ricerca e di una scenografia che si fa installazione artistica: una vera e propria “scatola magica” che contiene pubblico e attori nello stesso spazio. Un’esperienza immersiva e totalizzante, che trascina gli spettatori nel cuore oscuro dell’animo umano.

Una scatola magica che avvolge lo spettatore

Lo spettacolo nasce dall’idea di una struttura scenica chiusa, ideata dallo stesso Ariano, che diventa parte integrante della rappresentazione. Un parallelepipedo che ricorda un dispositivo ottico: geometrie, luci e riflessi creano un ambiente claustrofobico e ipnotico, capace di trasformare la tragedia scozzese in un’esperienza visiva senza precedenti.

“Dopo il bianco accecante di Riccardo III, qui è il nero a dominare – spiega il regista –. Ombre, simmetrie e giochi di luce guidano lo spettatore dentro l’abisso della mente di Macbeth”.

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Macbeth e Lady Macbeth: due anime allo specchio

Al centro di questa spirale oscura c’è Macbeth, interpretato da Pietro Faiella, signore di Glamis e poi di Cawdor. La sua è una discesa più corrosa dall’ansia che alimentata dal coraggio: un uomo divorato dal dubbio, che Faiella rende con magnetismo e precisione, passando dalla fisicità bellica alla paranoia interiore.

Accanto a lui, Lucia Fiocco offre una Lady Macbeth di sorprendente profondità: non una bidimensionale femme fatale, ma una donna vulnerabile, ferita, in bilico tra la spinta al potere e la fragilità del suo mondo interiore. Il celebre monologo sulla macchia di sangue diventa, nella sua interpretazione, un momento di dolore intimo e struggente, che scuote lo spettatore.

Insieme, i due formano un duo incandescente: due anime allo specchio, che si consumano l’una nell’altra fino a dissolversi.

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Il cast corale e le visioni

Notevole il lavoro corale delle streghe, incarnate da Fiocco stessa insieme a Roberta Azzaroni e Romina Delmonte: una babele di lingue che riecheggia suggestioni lynchiane, come un incubo da Club Silencio di Mulholland Drive. Roberto Baldassari offre un Re Duncan regale e misurato, Natalia Magni dona profondità a Lennox e Lady Macduff, mentre Alessandro Moser dà vita a un Banquo empatico e indimenticabile nella sua apparizione spettrale.

Completano il quadro Luca Di Capua, che scolpisce un Malcolm nevrotico e incisivo, e Mirko Lorusso, sostituito a Bergamo da Lorenzo Parrotto, che porta nuove sfumature al suo ruolo.

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Scenografia e costumi: la carne del potere

La scatola scenica ideata da Alessandra Solimene e Luca Ariano diventa essa stessa un personaggio, un organismo vivo che imprigiona e riflette le ossessioni dei protagonisti. A completare questo mondo oscuro intervengono i costumi di Elisa Leclè, che non si limitano a vestire i personaggi, ma li attraversano, rendendoli specchio del loro smarrimento interiore.

Abiti scissi, frantumati, quasi ferite cucite addosso: ogni taglio e ogni stoffa raccontano l’inevitabile scissione tra ambizione e colpa. È come se i personaggi indossassero le proprie crepe, mostrando al pubblico che la tragedia non è soltanto nelle parole, ma anche nei corpi e nei tessuti che li avvolgono.

Perché vedere questo Macbeth

Perché varcare la soglia della “scatola magica” di Ariano? Perché Macbeth non è soltanto una tragedia: è un rito collettivo, un’esperienza che scuote e ipnotizza. Lo spettacolo risveglia il sonno del teatro fatto in serie e restituisce al pubblico la vertigine autentica della scena.

Chi ama Shakespeare troverà un allestimento capace di rispettarne la parola senza ingabbiarla; chi non lo conosce a fondo scoprirà un viaggio sensoriale e contemporaneo che parla anche al presente. E poi c’è il piacere raro di ammirare interpreti che non recitano soltanto, ma vivono in scena.

E se artisticamente ci si può innamorare, questo spettacolo offre più di un motivo: la Lady Macbeth di Fiocco, che ferisce e commuove, e il Macbeth di Faiella, che accompagna nel baratro con passo deciso.

Un Macbeth da bere: cocktail per un’anima nera

Se questo Macbeth fosse un cocktail, avrebbe il colore cupo di un Negroni sbagliato al carbone vegetale: amaro, torbido, con un retrogusto che resta sulle labbra come una colpa incancellabile. Oppure, per i palati più arditi, un Black Manhattan con vermouth scuro, rye Whiskey. e qualche goccia di assenzio, capace di evocare streghe, visioni e desideri perversi.

Come il dramma shakespeariano, anche questi drink non si bevono alla leggera: sono riti, pozioni da affrontare con coraggio. E, dopo l’ultimo sorso, resta quella sensazione di vertigine che Ariano regala al suo pubblico — un’ebbrezza nera che accende i sensi e non si spegne con la candela del sipario.

L’eco dei fantasmi

La vita è un’ombra che cammina, un povero attore che si agita e pavoneggia sulla scena per la sua ora, e poi non se ne parla più. È una storia narrata da un idiota, piena di strepito e furore, che non significa nulla.

Ma nell’allestimento di Ariano, quella storia significa tutto: inquieta, scuote e ci ricorda che il teatro resta il luogo più vivo in cui affrontare i nostri fantasmi.

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