MACBETH, Luca Ariano firma uno spettacolo potente e contemporaneo. La recensione

Spettacolo
Paolo Nizza

Paolo Nizza

Ai Silva 36 Studios di Milano, Luca Ariano firma una rilettura intensa e originale della tragedia shakespeariana. Uno spettacolo immersivo e curato in ogni dettaglio — dalla regia alla scenografia, dal cast alle scelte musicali — che riflette sul potere, la colpa e la follia con uno sguardo lucido e attuale. In scena fino al 18 maggio, un appuntamento da non perdere per gli amanti del teatro di qualità

Si sa: "Macbeth ha ucciso il sonno". Lo spettacolo di Luca Ariano pure.
Una performance di inusitata potenza. Immagini, musiche, parole, gesti che svegliano dal torpore il nostro cervello, sovente obnubilato dalle tante, troppe opere omologate e figlie dell’algoritmo.

Parimenti a un abile alchimista, il regista miscela con stile e perizia tradizione e invenzione, anche grazie all’eccellente traduzione e al felice adattamento del testo da parte di Pietro Faiella.

In scena sino al 18 presso il Silva 36 Studios di Milano, lo spettatore partecipa a un viaggio oscuro e al tempo stesso abbacinante nel cuore nero dell’ambizione umana. Lontano dalle letture più corrive e scolastiche, la rappresentazione si distingue per un’estetica umbratile, claustrofobica, a tratti cinematografica.

La tragedia shakespeariana si trasfigura in una riflessione contemporanea sul potere, la colpa e la follia. D’altronde, per citare l’aforisma di Italo Calvino: “Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire.” E cosa c’è di più classico di William Shakespeare?

Lucia Fiocco è Lady Macbeth

Macbeth in the Box

“Si è liberi soltanto nelle limitazioni,” scriveva Rainer Fassbinder nella sua autobiografia. Sicché la magic box, la suggestiva installazione che ospita lo spettacolo, si muta in un portale: un accesso privilegiato alla “tragedia scozzese”.

Il parallelepipedo di 10 per 20 metri, alto 6, contiene sia la compagine teatrale sia il pubblico. Come nel cult fantascientifico Viaggio Allucinante, entriamo nel cranio di Macbeth e della sua Signora. Perché è il passato in cui, quando il cervello schizzava, un uomo moriva.

Osserviamo dall’interno il compendio di decomposizione — morale e non solo — della coppia omicida. Il risultato è un’esperienza coinvolgente, pregna, senza tregua. E l’emozione riecheggia ben oltre il calar del sipario.

Approfondimento

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Pietro Faiella è Macbeth

Scenografia, costuni e musiche in una danza vertiginosa

La scenografia di Alessandra Solimene e dello stesso Ariano risulta una sorta di personaggio aggiunto, al pari dei persuasivi costumi firmati da Elisa Leclè: abiti scissi, cartine di tornasole di un io ineluttabilmente diviso.

Il regista non si fa incantare dalla sirena dell’attualizzazione forzata del testo, ma lascia che sia la forza primigenia della parola shakespeariana, unita a una visione registica lucida, a parlare al pubblico di oggi.

Dal Bardo al Nanni Moretti di Palombella Rossa, le parole sono — e saranno — sempre importanti. E la saggezza, al pari della follia, è nel sangue che scorre in alcuni dei frammenti più penetranti della pièce. Una feroce carnalità contrapposta all’ipnotica seduzione astratta di certi passaggi.

Una vertiginosa danza macabra tra paura e desiderio, tra eros e morte. Non a caso, da Mad World a Love Me Tender, le sorprendenti e indovinate scelte musicali generano un paesaggio sonoro, fedele compagno dei moti interiori dei protagonisti. Note e sentimenti uniti in un connubio indissolubile, come un’oliva in un Martini cocktail.

Il cast: una sinfonia di voci e corpi

Pietro Faiella, nel ruolo di Macbeth, è magnetico. Il signore di Glamis e poi di Cawdor brucia al fuoco dell’ambizione: un uomo divorato da un’ansia corrosiva più che da un ardore bellico. La sua discesa nella paranoia è resa con minuzia e controllo, in una performance che sa essere tanto fisica quanto profondamente emotiva.

Al suo fianco, Lucia Fiocco interpreta una Lady Macbeth tagliente e umanissima. Lungi dall’essere una bidimensionale femme fatale, o una stereotipata incarnazione del male, l’attrice ci restituisce l’immagine di una donna ferita, quasi implosa nel tentativo di tenere in piedi la traballante cattedrale del potere.

Il celebre monologo incentrato sulla macchia di sangue sulla mano è qui un momento di dolore sordo, intimo, che spaventa e commuove.

Geniale l’idea delle tre streghe (interpretate dalla stessa Fiocco, insieme a Roberta Azzaroni e Romina Delmonte), che sentenziano in una Babele di lingue — tra cui spicca un “No hay banda”; e in effetti, durante la performance, pare di stare nel Club Silencio immortalato da David Lynch nel capolavoro Mulholland Drive.

In fondo, Satana insegna: “Il mio nome è Legione, perché noi siamo molti.”

Centrati e perfetti Roberto Baldassarri nei panni di Re Duncan, Natalia Magni in quelli di Lennox e Lady Macduff. Alessandro Moser è un Banquo empatico e scioccante quando appare sotto forma di spettro.

Nevrile e sfuggente, Luca Di Capua interpreta un Malcolm memorabile. Infine, a fronte di una fisicità fascinosa e straripante, Mirko Lorusso colora la propria performance attoriale di sfumature inaspettate e funzionali all’evoluzione della tragedia.

Un appuntamento imprescindibile

Alla fine dello spettacolo, contempli il crepuscolo, vorresti che quella candela non si spegnesse mai. In loop, sogni rivedere e risentire quella storia narrata da un idiota, piena di suoni e furore. Perché — spiace per l'inarrivabile Bardo, non è vero che non significa niente. Il Macbeth portato in scena da Ariano è un appuntamento imprescindibile per gli amanti del teatro autentico. Ed è meraviglioso e al tempo stesso intrepido che  Lubox Produzioni Artistiche creda nella nella bellezza e promuova cultura. Grazie a una regia audace, capace di inquietare anche solo con una mela rossa,  e a un cast di altissimo livello, questo spettacolo si impone come una delle proposte più significative della stagione milanese. Una discesa negli abissi dell’anima che lascia il segno. Domani e pure dopodomani.

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