Hybris, lo spettacolo di Antonio Rezza e Flavia Mastrella arriva a LA MILANESIANA 2023
Spettacolo ©Annalisa GonnellaIl Festival itinerante, ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi, ospita il 12 giugno al Piccolo Teatro Strehler di Milano l’ultimo lavoro dei due artisti, insigniti del Leone d’Oro alla carriera per il teatro nel 2018 dalla Biennale di Venezia. Ecco cosa ci hanno raccontato
La cultura dell'assopimento e della quiescenza creativa non abitano qui (come recita il loro profilo Instagram). Il teatro di Antonio Rezza e Flavia Mastrella è sovente associato all’aggettivo urticante. Senza compiacimenti, corrive provocazioni, i loro spettacoli sollevano il velo di Maya. Ci mostrano il pasto nudo, l’attimo congelato, quando ognuno vede cosa realmente c'è sulla punta della forchetta, per citare William Burroughs. Ma lo fanno con un sardonico sorriso, con un’intelligenza spiazzante, con uno spazio scenico che si trasfigura in opera d’arte, con un corpo e con una voce che squarciano la realtà e pure l’immaginazione. Ed Elisabetta Sgarbi, sempre formidabile nel riconoscere il talento e il genio, li ha invitati anche quest’anno, a LA MILANESIANA, il festival che ha ideato e che dirige dal 2000.
Il duo Rezza-Mastrella presenta HYBRIS, lunedì 12 giugno al Piccolo Teatro Strehler di Milano (Largo Greppi, 1 – M2 Lanza)
Hybris, una porta che si apre e si chiude sul nulla
In Hybris, ognuno perde l’orientamento, la certezza di essere in un luogo, perde il suo regno così in terra e non in cielo. L’uomo fa il verso alla belva. Che lui stesso rappresenta. Senza rancore. La porta ha perso la stanza e il suo significato, apre sul nulla e chiude sul nulla. Divide quello che non c’è… intorno un ambiente asettico fatto di bagliori. L’essere è prigioniero del corpo, fascinato dall’onnipotenza della sua immagine trasforma il suo aspetto per raggiungere la bellezza immobile e silente che tanto gli è cara. Le gabbie naturali imposte dal mondo legiferano della nascita, della crescita e della cultura, ma la morte è come al solito insabbiata; ai bambolotti queste cose sembrano inutili sofferenze, antiche volgarità, In scena con Rezza, circondato gli straordinari habitat creati da Mastrella ci sino Ivan Bellavista, Manolo Muoio, Chiara Perrini, Enzo di Norscia, Antonella Rizzo, Daniele Cavaioli, Cristina Maccioni. In attesa di questo imperdibile appuntamento (una Produzione RezzaMastrella, La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello, Teatro di Sardegna) ecco cosa ci hanno raccontato i due sorprendenti e ironici artisti premiati con il Leone d’oro alla carriera per il teatro dalla Biennale Venezia nel 2018.
approfondimento
La Milanesiana 2023, il programma della 24.ma edizione del Festival
Intervista ad Antonio Rezza
Cosa significa per te presentare Hybris al Piccolo teatro di Milano, all’interno degli appuntamenti di La Milanesiana?
Elisabetta Sgarbi ci invita quasi ogni anno, perché ama il nostro lavoro. C’è l’emozione di mettere in scena il nostro ultimo spettacolo. Lo scorso anno eravamo presenti con Amistade, uno spettacolo che abbiamo portato in Lituania e che prossimamente porteremo in Cina. Nel 2024 torneremo a Milano con Fotofinish, un’opera del 2003. È lo spettacolo che forse io mi diverto più a fare.
Tu e Flavia, non vi ripetete mai, amate sperimentare e sorprendere. Qual è la peculiarità di Hybris?
Non ci piace rifare quello che abbiamo fatto in precedenza. Nello spettacolo c’è una porta che si apre e si chiude sul mondo. C’è un habitat realizzato da Flavia. Abbiamo iniziato le prove quattro anni fa, prima che arrivasse la Pandemia. Noi abbiamo involontariamente previsto quello che sarebbe avvenuto. Certo, lo spettacolo non parla della Pandemia. Non saremmo mai così pezzenti da parlare della contingenza. Però con questa porta che trasporto sulla scena (pesa 28 chili) sono io che decido chi può stare dentro e chi deve restare fuori, come ha fatto lo Stato durante l’emergenza Covid. L’arte, quando è autentica, deve anticipare involontariamente quelle che saranno le sciagure del genere umano. E poi sul palco siamo in otto, non è mai accaduto nei nostri lavori precedenti
approfondimento
Teatro Elfo Puccini Milano, gli spettacoli della stagione 2023/2024
Cosa rappresenta per te l’Hybris?
Storicamente è la tracotanza dell’essere umano nei confronti di un Dio. Io non credo in niente, quindi in questo caso è la tracotanza dell’essere umano verso se stesso e verso l’altro. Insomma, l’uomo sostituisce la divinità, ma con meno virtuosismo.
Con Flavia collaborate dal 1987. È cambiato negli anni il vostro rapporto?
Non abbiamo una relazione sentimentale. Lavoriamo da 35 anni insieme, ma non la pensiamo allo stesso modo. Finché riusciremo a realizzare spettacoli di qualità, a stupirci a vicenda, la nostra collaborazione proseguirà.
Antonin Artaud diceva. “Aver il senso dell'unità profonda delle cose, è aver il senso dell’anarchia”. Che ne pensi?
Per me l’avversione nei confronti di ogni forma di istituzione è un dovere di ogni essere umano. Non è mai esistito un potere giusto, da quando esiste l’uomo. Trovo assurdo che si cerchi di entrare in confidenza con il potere. Il potere è sempre corrotto. Io ammiro chi non si riconosce in chi comanda.
Nello straordinario corto Virus, ironizzi sul fatto che la sola cosa che non si possa ritrovare sono i soldi, a differenza della fiducia e della fede
I soldi sono importanti anche per persone indipendenti come noi che non prendono finanziamenti dello Stato, Ma non dobbiamo dare l’idea che l’indipendenza porti alla povertà. Altrimenti nessuno seguirà la nostra strada. Noi produciamo i nostri lavori con quello che guadagniamo. L’indipendenza deve generare un profitto che va poi investito. Non accettiamo soldi da chi rappresenta l’oggetto del nostro dissenso.
Tornerete a fare film di fiction?
Separatamente abbiamo diretto due lungometraggi, Io ho realizzato Cristo in Gola nel 2022, Flavia ha diretto La legge, dove la Costituzione italiana è letta dagli animali con la voce dei loro padroni. Vorremmo tornare a fare un film insieme. Abbiamo un progetto fermo dal 2000, perché in questo caso avremmo bisogno di un produttore, Purtroppo abbiamo molti impegni lavorativi e non siamo ancora due e trino.
I vostri spettacoli sono molto fisici. Ma seconde te è l’anima ad avere in corpo o il corpo ad avere un’anima?
Non so se ci sia l’anima del corpo. Per avere quest’anima molto fisica devo allenarmi moltissimo. Sarebbe bello raggiungere certi risultati senza l’allenamento. Mi chiedo sempre quando avrò il crollo. Mi dicono che l’asticella si è molto alzata nel corso del tempo. Il mio nutrizionista mi ha detto che posso continuare così per altri 20 anni, Sarò triste ci aspetteranno giorno drammatici Credo che con il catetere subentrerà necessariamente una razionalità che disprezzo, perché la ragione da modo di riflettere. Io preferisco l’istinto. Il corpo mi sembra più selvaggio, più irreprensibile nella sua anomalia. Bisogna fare le cose giuste senza pensarci.
approfondimento
Dieci anni senza Franca Rame, la sua storia fra teatro e politica
INTERVISTA A FLAVIA MASTRELLA
A distanza di un anno tornate a LA MILANESIANA. Che sensazioni provi?
È sempre un piacere tornare al Piccolo Teatro. Hybris è un lavoro molto diverso dai precedenti. Uno spettacolo che denuncia l’isolamento, il cambiamento totale del significato delle cose. Sul palco ci sono attori professionisti e non. Abbiamo solo una porta in scena, Antonio la trascina, sbatte dando un ritmo. Il dentro si confonde con il fuori. Il significato diventa la perdita del significato. Attraverso due punti di vista, abbiamo dato il quadro della contraddizione che stiamo vivendo. È un momento di transizione ecologica e digitale. Cambiano le parole, ma non cambia il significato del potere. Portare Hybris in questo momento a La Milanesiana è un bel gesto.
Come si svolge la vostra collaborazione?
Io procedo a lavorare sull’ambiente, creo un piccolo mondo e lo consegno ad Antonio. Poi insieme andiamo a dare ritmo, immaginiamo i movimenti.
I tuoi habitat non sono semplici scenografie, ma installazioni, sculture, opere d’arte. C’è qualche artista a cui ti ispiri?
Di volta in volta, cambiano le fonti di ispirazione: da Fluxus, al Lettrismo, da David Morris a Fausto Melotti. Hybris è immerso in un ambiente freddo e distaccato. È uno spettacolo post lockdown, anche se abbiamo iniziato a lavorarci prima della Pandemia. Già percepivamo il decadimento che sarebbe arrivato.
approfondimento
L’opera del Grande Teatro di Lido Adriano apre il Ravenna Festival
Oltre alle tournée teatrali, avete qualche altro progetto?
Ci piacerebbe realizzare Petardo a luci rosse, un lungometraggio diverso dai film precedenti, con gli effetti speciali. Cerchiamo sempre di superarci. Ho sperimentato anche il 3D e mi diverte moltissimo perché ci si trova in un ambiente completamente astratto.
Trovi una differenza tra le persone che assistono ai vostri spettacoli in altre parti del mondo, rispetto all’Italia?
In generale, reagiscono nello stesso modo. Recentemente abbiamo presentato uno spettacolo in Lituania con i sottotitoli e quindi i ritmi sono allungati. Però, la scena culturale all’estero è più aperta, rispetto a quello del nostro Paese.
Tu e Antonio siete molto diversi, Come fate ad avere una collaborazione così lunga, proficua e virtuosa?
È un mistero. Io forse sono un po’ rimbambita. Vivo alla giornata. Non rimpiango mai il passato, Litighiamo tantissimo ma questo non intacca la nostra intesa lavorativa. Poi ognuno di noi coltiva interessi diversi differenti.
Qual è la prima cosa che hai pensato quando hai scoperto che vi avevano assegnato il Leone d’oro alla carriera?
Forse sono diventata vecchia, quasi morta (ride n.d.r.)
Ma non è così, perché successivamente abbiamo realizzato Hybris, uno spettacolo decisamente vivo. Fa sempre piacere vincere un premio, però mi sono sentita un po’istituzionalizzata.