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Prima della Scala, Davide Livermore: “Un Macbeth onirico, come il film Inception”. VIDEO

Spettacolo

Chiara Ribichini

Foto: Brescia-Amisano

Il regista svela a Sky Tg24 come sarà la sua versione dell’opera di Giuseppe Verdi, con la direzione di Riccardo Chailly, che inaugura la stagione del Piermarini. Un’ambientazione in un mondo distopico per rappresentare l’abisso, l’inferno di un popolo oppresso da una spietata dittatura. Per Livermore è il quarto 7 dicembre consecutivo, un record storico

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“E’ un’opera crudele, spietata. È uno scandaglio nella fossa delle Marianne della nostra anima. Andiamo nella profondità più nera, meno illuminata. Dove non è possibile immaginare un ritorno. È quell'inferno che tutti noi abbiamo nel cuore. Verdi ci fa vedere esattamente una cosa che non ci fa vedere Shakespeare: che cosa succede alla gente. Qual è l’effetto prodotto da una dittatura sanguinaria? L’effetto è Patria oppressa, il coro dell’inizio del IV atto”. Un abisso rappresentato in un mondo distopico, come in una sorta di Inception, il film di Christopher Nolan. Così il regista Davide Livermore svela, ai microfoni di Sky Tg24, il Macbeth che aprirà la stagione del Teatro alla Scala di Milano domani con la direzione di Riccardo Chailly. Un’inaugurazione tanto attesa. Una vera prima dopo A riveder le stellelo spettacolo andato in streaming da un teatro completamente vuoto a causa della pandemia. Lo abbiamo incontrato durante le prove.

Maestro, finalmente una Prima. Restano però ancora una serie di regole e accorgimenti imposti dal protocollo sanitario. Quali?
 

Abbiamo 105 artisti del coro, 19 mimi, danzatori, solisti. Gli accorgimenti sono sempre quelli che devono consentire a chi sale sul palco di essere in sicurezza. E io devo inventarmi “un fracco” di cose per rendere invisibile il Covid sulla scena. Allo stesso tempo tutto deve essere credibile. L’arte ha sempre continuato ad andare avanti anche durante le guerre. Durante la peste i teatri shakespeariani sono stati chiusi alla fine del ‘500, non è la prima pandemia che affrontano gli artisti. Ma di fronte al limite c’è sempre una possibilità.
 

Che allestimento sarà?
 

Io mi trovo la responsabilità di parlare a noi del 2021. Ma non è cronaca perché noi non facciano il telegiornale né i documentari. Noi raccontiamo delle storie esemplari attraverso chi ha composto opere straordinarie come Giuseppe Verdi per parlare al presente. Questo presente lo vedremo in una messa in scena che ricorderà una sorta di “Inception”, il film di Christopher Nolan, in cui noi riconosciamo il nostro tempo ma un tempo distorto. Noi non vedremo né New York né Singapore. È fondamentale nel teatro il concetto di altrove.

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Sul palco un poker d’assi, come lo ha definito il Maestro Chailly…

Un cast stellare che fa anche molto famiglia. Lavoriamo insieme da tanti anni con Luca Salsi, Anna Netrebko, Francesco Meli e Ildar Abdrazakov. Abbiamo non solo dei cantanti straordinari ma anche degli attori cantanti di primissimo livello.

 

Lei fa sempre delle regie che guardano al futuro, allo stesso tempo il Maestro Chailly fa un lavoro di recupero filologico inserendo delle parti dell’opera andate perdute. Come, in questo caso, la morte di Macbeth. Un incastro quasi perfetto…
Io credo profondamente alla filologia musicale, deve essere servita fino in fondo. La filologia deve ridonare la potenza della partitura. E io non posso far altro che servire e amplificare con il gesto scenico.

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Lo scorso anno una Prima in un teatro completamente vuoto. Che ricordo ha di A riveder le stelle?

È stata una cavalcata straordinaria, un privilegio totale in un momento di sospensione della vita per tutti. Per noi anche la possibilità di concretizzare il cammino che dal 2018 abbiamo iniziato a compiere per avvicinare il mezzo televisivo e il mezzo teatrale.

 

Sarà la sua quarta Prima, un record storico. Che responsabilità sente?

Non cambiano le cose. Io sento che il 7 dicembre è il giorno della cultura italiana. È il giorno del teatro italiano, non solo della Scala. Io vengo dal Cine Teatro Baretti di Torino, 112 posti. Per me quelle realtà sono importanti, come lo sono i teatri di prosa. Ne dirigo uno dei più importanti (il Teatro Nazionale di Genova, ndr). Sono importanti tutti i luoghi dove si sperimenta l’arte, le scuole, le accademie che sono dei motori straordinari della prima azienda del nostro Paese che è la cultura.

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