Stories, "Zucchero Sugar Fornaciari - Non mi basta un blues". VIDEO

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Il cantautore e musicista emiliano è ospite del vicedirettore Omar Schillaci nella nuova puntata del ciclo di interviste dedicato ai protagonisti dello spettacolo. Dagli anni in cui l’unico obiettivo era “portare a casa la pagnotta” ai live in giro per il mondo. Un lungo viaggio a bordo del blues per raccontare come Adelmo è diventato Zucchero

È Adelmo Fornaciari, in arte Zucchero, il protagonista della nuova puntata di Stories, il ciclo di interviste ai principali interpreti dello spettacolo di Sky TG24. Ospite del vicedirettore della testata Omar Schillaci, il cantautore e musicista emiliano si racconta in “Zucchero Sugar Fornaciari – Non mi basta un blues”, in onda su Sky TG24 e su Sky Arte e sempre disponibile On Demand. Con la regia di Francesco Venuto, l’intervista, accompagnata da alcuni dei suoi più grandi successi, è un alternarsi di riflessioni e aneddoti della vita professionale (“ho cominciato come autore. Sì, cantavo nella band con cui suonavamo in giro, nelle balere, ma discograficamente non piacevo. Dicevano che non rappresentavo il bel canto, che la mia voce non era molto italiana e che il blues nel nostro Paese non avrebbe mai funzionato. Quindi, visto che non riuscivo a trovare un contratto discografico per me, cercavo di piazzare le mie canzoni per altri, anche se in otto anni sono riuscito a piazzarne solo due”) e privata (“alle elementari la maestra diceva che ero molto tranquillo e disciplinato, non facevo casino come i miei compagni. E’ stata lei, e gli altri mi prendevano in giro per questo, che ha cominciato a marchiarmi con ‘zuccherino’. Poi, però, alle medie ed alle superiori sono diventato un anarchico, che guidava gli scioperi e le lotte studentesche”) di una delle voci italiane più amate ed apprezzate in patria e all’estero.

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Proprio in queste ore, a due anni di distanza dall’ultimo disco di inediti, è uscito il primo album di cover della carriera di Zucchero ‘Sugar’ Fornaciari: ‘Discover’. Un lavoro che vede la collaborazione di grandi artisti quali Bono, Elisa, Mahmood, e un intenso duetto virtuale con Fabrizio De André sulle note di ‘Ho visto Nina volare’, per il quale l’artista deve ringraziare Dori Ghezzi che, in occasione del tributo allo stesso Faber nel 2000, “mi disse di fare questa canzone. Però, quando ho deciso di metterla in ‘Discover’, le ho chiesto di avere anche la voce originale di Fabrizio, per avere un vento caldo che mi spingesse. Un ricordo, quasi come un omaggio. Quando l’ho montata, insieme all’arrangiamento e alla musica, mi ha veramente emozionato, e quindi l’ho inserita”.

L’uscita dell’album è stata anticipata in radio, nelle ultime settimane, dal singolo ‘Follow you follow me’, una rilettura coinvolgente di uno dei primi grandi successi a livello mondiale dei Genesis, gruppo rock britannico da sempre parte integrante del bagaglio musicale di Zucchero. Le loro canzoni ‘Sugar’ le ha iniziate a suonare agli albori della carriera, quando ancora non c’erano le discoteche, con la sua band che non doveva necessariamente “far ballare le persone. Avevamo la funzione dell’attrazione, anche senza avere un nome famoso. Suonavamo la nostra ora e mezza, ma in quelle occasioni potevamo suonare quello che piaceva a noi e non al gestore del locale, eravamo liberi. E allora facevamo roba pesante, complicata, come i Genesis, appunto, o i Pink Floyd”.

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Primo disco realizzato nel 1981 e cinquant’anni di carriera, arrotondando per eccesso. Zucchero ha suonato fin da giovanissimo, prima per piacere e poi per necessità quando, “per poter guadagnare la pagnotta”, ha abbandonato gli studi di veterinaria e cominciato ad esibirsi nei locali: “mi fece piuttosto soffrire il fatto di dover prendere una decisione, o l’uno o l’altro. Però direi grazie ad Adelmo, ha fatto una scelta forzata ma è andata bene così”. Un veterinario mancato, dunque, e una scelta che si è rivelata, a posteriori, vincente.

Ha suonato in 69 stati, per un totale di 128 città. Difficile ricordare tutti i concerti ed i live fatti, tanti dei quali l’hanno commosso in maniera particolare. Ma se ce n’è uno che Zucchero porta dentro è il concerto all’Havana, “con ottantamila persone, e una band mista, composta dalla mia e da tanti cubani. E’ stata una esperienza molto bella vedere tutte quelle persone che ballavano. E’ un popolo fantastico, molto caldo. Me lo ricorderò per un bel po'”. ‘Sugar’, a proposito, crede che il ballo sia un “po' come la musica”, una fantastica forma d’arte al cui interno c’è di tutto, “la sensualità, l’allegria, la pazzia, la malinconia. Ho sempre goduto nel vedere la gente ballare, già da quando suonavo nei club, nel vederli felici. Facevo di tutto, suonando anche brani che permettessero loro di divertirsi di più, di sfogarsi. Ho scelto questo lavoro anche per quello”, spinto anche da un’altra, differente, motivazione artistica, ovvero “più possibilità di beccare le ragazze”.

 

Riconosciuto come uno dei principali esponenti del blues in Italia, nell’intervista Zucchero ricorda di aver sentito il richiamo di questo genere musicale quando aveva “circa 11 anni, grazie ad un jukebox. I miei si erano trasferiti in Versilia, e c’era un bar dove si andava a giocare a biliardo, a biliardino. Io, invece, ero lì, al jukebox, e sentii per la prima volta ‘(Sittin' on) the Dock of the Bay’ di Otis Redding: rimasi folgorato, nel senso che la sensualità, il ritmo, i suoni, e il modo di interpretare e di cantare così ritmico, pur essendo una ballata, mi avevano preso. Ho pensato ‘io vorrei fare questa musica qua’, e già strimpellavo un po' con le tastiere”. E forse grazie proprio alla tastiera, quella dell’organo che aveva imparato a suonare in chiesa da ragazzino, che un’estetica gospel ha accompagnato ‘Sugar’ lungo tutta la sua carriera? “Penso di sì - ha risposto -. Sono molto attratto anche adesso dalle chiese, quelle vuote, come qualcosa dove entrare e concentrarmi per un attimo a pensare. Anche se tuttavia, mio malgrado, non sono ancora credente. Ci sto lavorando, sono aperto e spero che arrivi il giorno, anche perché non si sa mai. E in qualche modo l’ho scritto anche in una canzone, ‘ti sto cercando’”.

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In chiusura viene proposta una, quasi, divertente dicotomia: ‘ti piace invecchiare / torneresti ai tuoi vent’anni?’. A Zucchero la prima parte sembra non piacere molto, a causa del “fisico che invecchia quando il cervello, invece, va in senso contrario. Ero più responsabile e ligio quando ero più giovane, perché dovevo badare alla famiglia, mentre adesso che un po' di cose le ho fatte, un po' di vita l’ho vissuta”, e non avendo più la preoccupazione di portare a casa la pagnotta, “mi voglio divertire di più”, anche se tornerebbe ai suoi vent’anni, ma solo per poco, diciamo “qualche annetto. Non sono stati anni facili”.

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