Da Ligabue, che si è preso la scena cantando "Dio è morto" di Guccini, agli artisti che hanno invaso il palco dell'Ariston, ecco quali sono statii i momenti più emozionanti della serata dedicata ai duetti
È la sera dei miracoli al Festival di Sanremo, fate attenzione, quasi tutti i cantanti in gara, grazie alla magia dei duetti, riescono finalmente a far volare la loro canzone. Speriamo che Lucio Dalla perdoni da lassù questo innocente gioco di parole ispirato a una delle sue canzoni più belle, con cui proviamo a spiegare il senso della quarta serata del Sanremo 69, il “festival dell’armonia” e del Baglioni 2, quello inizialmente sotto osservazione per il rischio di finire fuori linea con satira e battute, e a cui invece, più che probabilmente, finirà col seguire il Baglioni 3. (IL PROGRAMMA DELLA FINALE)
Duetti e imperatori del rock
Ieri erano di scena i duetti, e l’Ariston è stato invaso da ex vincitori, attori, ballerini, persino da un “artista della sabbia” che hanno affiancato i 24 cantanti e gruppi in gara nella esecuzione delle loro canzoni. E le sorprese, in positivo, davvero non sono mancate. È stata anche la serata del superospite Luciano Ligabue, alla sua seconda volta al festival, apparso con qualche ruga in più ma molti timori in meno di farsi ‘’sporcare’’ dal passaggio sanremese. Rilassato e disponibile a divertirsi, si è fatto trovare in scena "a schiaffo", già schierato con la band, senza alcuna presentazione, per cantare “Luci d’America”, il brano che precede l’uscita di “Start”, il nuovo album. E poi, in jeans e giacca dello smoking indossata "a pelle”, ha giocato a scendere più volte “le mitiche scale” dell’Ariston, presentato da Claudio Bisio con formule sempre più roboanti (“80 anni di carriera! Ha anche pubblicato libri scritti fitti fitti…”). E quando è apparso in stola d’ermellino su un trono laccato oro, e il presentatore amico lo ha definito ‘’l’imperatore del rock”, il gioco dell’autoironia si è completato con un suo ‘’era meglio prima, senza presentazione”.
Liga si scatena, Re Claudio canta Guccini
Poi Liga si è scatenato, spazzando via per un quarto d’ora dal palco sanremese 70 anni di melodiole in stile "cuore/amore" dapprima sulle note indiavolate (e ben suonate) di “Urlando contro il cielo”, la sua canzone “che – ama raccontare – il pubblico mi ha requisito per cantarla anche quando io non ne avrei voglia” (è successo anche ieri, quando la platea ingioiellata dell’Ariston ha ripreso a cantilenare il refrain per qualche istante, molto dopo che l’esecuzione sul palco era terminata), e poi intonando assieme a Claudio Baglioni "Dio è morto’" di Francesco Guccini, il poeta cantautore a cui il Liga deve l’occasione di aver potuto fare musica per vivere. Al netto dello stupore di vedere Baglioni calarsi (alla grande, a dire il vero) in un brano così lontano da lui (ma è o non è il Sanremo dell’inclusione, della mediazione, dell’invito agli estremi a volersi bene e magari convergere verso il centro?) è stato questo il duetto di gran lunga più bello della serata, emozioni non scalfite dalla mancata trasformazione della strofa “nei campi di sterminio Dio è morto” in “sul fondo dei nostri mari Dio è morto”, auspicata da alcuni intellettuali nelle scorse settimane in un invito a Guccini per attirare l’attenzione sul dramma dei migranti.
Povera Patty, bravo Ruggeri
Il problema, quando all’Ariston capitano artisti e momenti così efficaci e lontani dalle marmellate sanremesi, è per chi viene subito dopo. Infatti il duetto di Patty Pravo e Briga con Giovanni Caccamo ha finito col risultare tra i meno efficaci della serata (però lo strampalato trio ha aggiunto del suo). In quasi tutti gli altri casi, però, il risultato è stato opposto: Noemi ha aiutato il quasi favorito Irama a "riempire’’ finalmente la non malvagia “La ragazza dal cuore di latta”. Di forza, credibilità, significato. Enrico Ruggeri ha consentito ai Negrita, fino a ieri a loro disagio nell’esperienza sanremese, di far brillare la loro “I ragazzi stanno bene”, grazie anche alla efficacissima tromba di Roy Paci.
Duetti a go go, per tutti i gusti
Gue Pequeno ha aggiunto forza a uno dei brani più interessanti del festival, "Soldi’’ di Mahmood. E se gli eleganti passi di danza di Eleonora Abbagnato non hanno scosso dal torpore “Aspetto che torni” di Francesco Renga, Beppe Fiorello ha invece fatto a tratti volare, recitandone alcune parti, la bella “L’ultimo ostacolo” di Paola Turci. Si sono visti con piacere anche Cristicchi ed Ermal Metha, Daniele Silvestri e Manuel Agnelli, il grintoso Achille Lauro (per lui un festival sempre più complicato, per l’accusa montante di aver fatto con “Rolls Royce un’apologia all’uso di droga) trasformare la sua canzone in un brano punk grazie all’aiuto di Morgan. E poi Nada sostenere Motta (brava, per carità. Ma darle il premio per il duetto più bello forse è stato troppo), Cristina D’Avena provare a rianimare il duo Shade-Federica Carta, Neri Marcorè affiancare Nek (ma l’operazione di trasformare il rustico, simpatico cantante emiliano in una icona intellettuale, con tanto di versi presi a prestito da Borges, decisamente non decolla), l’ex Spandau Ballet Tony Hadley (ma era davvero lui? O un rubizzo parente sovrappreso che magari gestisce un pub nella periferia di Leeds?) e i ballerini acrobati Kataclò accanto ad Arisa. Enrico Nigiotti si è fatto accompagnare al piano dal figlio di Enzo Jannacci, Paolo e da Massimo Ottoni, artista della sabbia, che ha modellato in diretta.
Loredana vince ancora
Tutto sommato, l’unico "artista in gara" ad aver primeggiato nel duetto con la sua ospite è stata Loredana Bertè. Irene Grandi, che dall’Ariston mancava da anni, si è messa al suo servizio, lasciandosi trascinare, sulle note di “Cosa ti aspetti da me” da quella strana miscela di dolore, maturità, spudoratezza e istinto residuo di ribellione che l’ex signora Borg sa di nuovo trasformare in energia. E la collezione di standing ovation della Bertè a Sanremo 2019 si è arricchita ancora.
Monologhi e Anastasio
Con tanta musica da cantare, il tempo per il resto è stato poco. Ma ben sfruttato: Virginia Raffaele, che ormai si è rilassata, ha cosparso di battute argute e bei sorrisi intelligenti le presentazioni di artisti e qualche sketch lampo. E anche Bisio ha partecipato al gioco dei duetti, lanciandosi in un monologo sul tema del rapporto genitori-figli ispirato agli Sdraiati di Michele Serra, per poi farsi raggiungere sul palco da Anastasio, che in “Correre”, scritta per il festival, ha raccontato il punto di vista del figlio. Il giovane rapper vincitore di X Factor ci ha messo dentro anche una punturina al mondo della trap (“un idiota che parla di droga e vita di strada”). E ha confermato di avere una vena creativa davvero felice.
Re Claudio e la finale
E Baglioni? Lui è il padrone di casa perfetto. Anche ieri sera, presenza, prudenza, belle note e buoni sentimenti. E sta dirottando il festival al riparo di un porto che martedì pareva davvero lontano. Manca solo la finale, e mentre il 23enne Ultimo, il quarantenne Cristicchi e la ultrasessantenne Loredana (ma è lei la più giovane, per distacco) si giocheranno la vittoria in un duello tra generazioni, Re Claudio ospiterà Eros e Luis Fonsi (quello di ”Despacito”) che canteranno “Per le strade una canzone” ed Elisa, con “Anche fragile”. È pronto a duettare anche con loro. Sa che tra poche ore sarà di nuovo la sera dei miracoli. L’ultima. E poi "Nella notte che sta per finire, la nave che fa ritorno, Per portarci a dormire". E speriamo che Lucio ci scusi.