Scoperta una nuova specie di squalo preistorico fra i resti del T-Rex

Scienze
Squalo (Getty Images)
GettyImages-squalo

La rivelazione si deve a un team di ricercatori della North Carolina State University che ha svelato la presenza di alcuni denti di squalo nei sedimenti che avvolgono il fossile di Sue, l’esemplare di T-Rex più famoso al mondo 

È stata individuata una nuova specie di squalo preistorico d’acqua dolce.
La scoperta si deve a un team di ricercatori dell’americana North Carolina State University, coordinato da Terry Gates, che ha svelato la presenza di alcuni denti di squalo nei sedimenti che avvolgono il fossile di Sue, l’esemplare di T-Rex più famoso al mondo.
La nuova specie è stata denominata Galagadon nordquistae, in quanto la conformazione della dentatura ritrovata dagli esperti sembra ricordare le navicelle aliene presenti in Galaga, il noto videogioco popolare negli anni ’80.

Ritrovati denti di una nuova specie di squalo

Analizzando il guscio di rocce che attornia il T-Rex conservato presso il Field Museum of Natural History a Chicago, i ricercatori hanno individuato più di 20 denti propri di una nuova specie di squalo di acqua dolce.
I resti, secondo lo studio pubblicato sul Journal of Paleontology, appartengono a un piccolo esemplare di Galagadon nordquistae, lungo circa 45 centimetri, che abitava i fiumi di quello che è attualmente il Sud Dakota.
Si tratta di un antenato dei moderni squali tappeto che popolano le acque del Sud-est asiatico e dell'Australia. Una specie sostanzialmente diversa da quella dei megalodonti che regnavano le acque nella preistoria.
I denti svelati dai ricercatori, dal diametro inferiore a un millimetro, suggeriscono, inoltre, che lo squalo non si cibava di grandi prede.
"Questo esemplare aveva denti che erano buoni per catturare piccoli pesci o schiacciare lumache e gamberetti", rileva Terry Gates, coordinatore della ricerca.

Lo squalo mako è a rischio estinzione

Lo squalo mako, il più veloce al mondo, rischia l’estinzione. A minacciare la sua sopravvivenza sono soprattutto le pratiche di pesca intensiva attuate in tutto il globo.
A dare l’allarme è l’International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas, un’organizzazione in cui è presente anche l’Unione Europea.
Secondo un’indagine condotta dalla Iccat, le azioni di pesca praticate dal mese di gennaio a giugno 2018 hanno superato del 50% la soglia limite raccomandata.
“Iccat ha fallito nel fissare il tempo per rivedere le misure per una delle specie più a rischio e questo è semplicemente oltraggioso”, commenta Ali Hood, direttore della conservazione alla Shark Trust.  

Scienze: I più letti