L’uomo ha rallentato la desertificazione del Sahara

Scienze
Immagine di archivio (Getty Images)

Secondo una ricerca di due atenei londinesi attività come la pastorizia avrebbero aiutato a preservare più a lungo un ecosistema già in deterioramento 

Come si è formato il Sahara? Datata circa 5.500 anni fa, l’origine di una delle più grandi aree desertiche al mondo è stata a lungo oggetto di discussione, con svariate ricerche a suggerire che sarebbe stata proprio la presenza umana a condurre all’attuale assenza di vegetazione. Un recente studio realizzato da due atenei londinesi, l’University College London e il King’s College, rivela tuttavia il contrario: grazie all’attività pastorizia, l’uomo avrebbe rallentato la nascita del deserto africano approssimativamente di 500 anni. I risultati raggiunti dai ricercatori, pubblicati sulla rivista Nature Communications, dimostrano infatti che le tecniche dei pastori avrebbero frenato il processo, al tempo già avviato, del deterioramento dell’ecosistema.

Quando il Sahara era verde

Guardando alla sconfinata distesa arida che oggi si espande attraverso numerosi Paesi dell’Africa settentrionale, è quasi impossibile pensare al cosiddetto ‘Verde Sahara’, un’area che circa 8.000 anni fa si presentava ricca di vegetazione e laghi, nel corso del ‘periodo africano umido’. Gli scienziati si sono interrogati a lungo sulle ragioni che portarono alla desertificazione dell’area: le ipotesi vanno da una modifica dell’orbita terrestre, con una conseguente diminuzione delle piogge, a uno sfruttamento troppo intenso del terreno da parte dell’uomo. Quest’ultima versione è però smentita dalla ricerca realizzata dalle due università di Londra, che spiega invece come la presenza umana sarebbe stata cruciale nel preservare quell’ecosistema più a lungo.

Le preziose tecniche dei pastori

All’incirca 1000 anni prima dell’inizio del processo che trasformò il Sahara in un deserto, la pastorizia divenne sempre più diffusa nel territorio. Durante lo studio, basato su un modello che tiene conto di variabili quali l’energia solare, le precipitazioni, l’anidride carbonica nell’atmosfera e la vegetazione, i geografi e archeologi autori della ricerca hanno dimostrato come il ‘periodo africano umido’ sarebbe dovuto terminare addirittura prima di quanto accaduto. Katie Manning del King’s College sottolinea anzi che tecniche tipiche dei pastori, come ad esempio i pascoli selettivi e le migrazioni stagionali, li avrebbero aiutati ad adattarsi ai cambiamenti climatici, oltre a contribuire “a conservare un ecosistema altrimenti in deterioramento”.

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