Colera, isolato un ceppo di 100 anni fa: resisteva agli antibiotici

Scienze
Foto di archivio (Getty Images)

Alcuni scienziati hanno mappato il genoma di un ceppo di V. Cholerae prelevato da un soldato morto nella Prima Guerra Mondiale e hanno osservato che resisteva agli antibiotici prima che gli specifici trattamenti venissero introdotti 

Alcuni scienziati sono riusciti a mappare il genoma del più antico ceppo ad oggi disponibile del vibrione del colera, isolato in un soldato britannico morto durante la Prima Guerra Mondiale più di cento anni fa. Leggendo il suo codice genetico, gli esperti del Wellcome Sanger Institute hanno osservato che il batterio era già resistente agli antibiotici e hanno dimostrato come questo ceppo di V. Cholerae fosse unico e non tossicogenico, diverso rispetto ai ceppi batterici che causano oggi le pandemie, come riferito su Proceedings of the Royal Society B.

Resistente ad antibiotici naturali

Il ceppo del vibrione venne isolato nel 1916 dalle feci di un soldato britannico in convalescenza in Egitto. I rapporti dell’epoca parlano di ‘diarrea colerica’ e nel 1920 il batterio venne depositato presso la National Collection of Type Cultures. I ricercatori del Sanger Institute hanno quindi rianimato questo ceppo, il più antico a disposizione degli scienziati, per sequenziare il suo genoma. Il team di studiosi ha scoperto che non si trattava dei vibrioni che provocano le epidemie coleriche e che era diverso anche dal classico batterio di V. Cholerae che causò la pandemia durante la Grande Guerra. È emerso, invece, che il ceppo esaminato possedeva un gene per la resistenza all’ampicillina, portando così gli scienziati a pensare che la capacità di alcuni batteri di combattere gli effetti degli antibiotici fosse scritta nel loro codice genetico prima dell’introduzione dei trattamenti antibatterici, sviluppata per difendersi da antibiotici presenti in natura.

Troppi antibiotici negli ospedali europei

Secondo un recente studio dal Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (Ecdc), ogni anno 33mila pazienti perdono la vita a causa di infezioni provocate da batteri resistenti agli antibiotici. Questa resistenza si sarebbe sviluppata a causa di un’eccessiva somministrazione di cure antibiotiche, spesso non indispensabili e prolungate anche quando non più necessarie. Per quanto riguarda i singoli paesi, l’Italia conta un terzo delle morti per infezioni resistenti sul continente europeo e occupa il secondo posto in questa graduatoria, dietro solamente alla Bulgaria.

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