Sbarco Luna, Paolo Nespoli racconta il mestiere dell'astronauta. VIDEO

Scienze

Dai "pionieri per l'umanità" degli anni '60 ai "metalmeccanici spaziali" di oggi, nell'intervista il confronto tra le diverse generazioni, ma anche il racconto dell'incontro con Oriana Fallaci e il ricordo di Neil Armstrong. VIDEO

“Quando da bambino mi chiedevano cosa volevo fare da grande, rispondevo che volevo guidare il rover lunare. Nessuno ci credeva, tantomeno io, perché era un sogno impossibile. Infatti è finito in un cassetto, io ho continuato le scuole, ho cercato di fare l’università ma non andava molto bene, poi sono stato chiamato a fare il servizio militare”. Paolo Nespoli parte da lontano per raccontare il mestiere d’astronauta, dai banchi di scuola dove da piccolo sognava di guidare un giorno il rover lunare. Un desiderio che lo ha portato a cambiare vita, dopo l’esercito, fino a diventare recordman della permanenza in orbita. 

L’incontro con Oriana Fallaci

“Tante persone mi hanno aiutato, tra loro Oriana Fallaci con cui ho avuto modo di conoscere mentre ero in Libano. Io la conoscevo perché avevo letto il suo libro Se il Sole muore, quindi quando l’ho conosciuta di persona è stato un momento importante per me ed è stata lei che a un certo punto mi ha fatto la domanda “Ma Paolo, che cosa vuoi fare da grande, qual è la tua passione? Lì ho tirato fuori la storia dell’astronauta, che era una cosa impossibile, e lei mi ha detto “Beh, un sogno rimane impossibile finché non ci provi”. Mi sono rivisto in molte di quelle scene, quando mi preparavo ad andare nello spazio”.

In bilico tra il senso del dovere e di gratitudine

“Ho visto il film The First Man e mi è piaciuto molto perché ho rivisto non solo Neil Armstrong, ma tanti dei miei colleghi astronauti in questo senso di dovere, di voler fare le cose bene, di voler capire il proprio ruolo senza strabordare. Di essere cosciente del fatto che quello che stai facendo è importante e sei lì quasi per puro miracolo. Di essere grato al fato per averti portato lì ma allo stesso tempo di avere un ruolo importante, in un certo senso pesante, per cui ti devi sicuramente dare”.

L'incontro con Neil Armstrong

“Ho conosciuto Neil Armstrong, è venuto a fare una lezione di due ore alla mia classe di astronauti. È stato interessante vedere come quando è arrivato ha cominciato a parlare del progetto X15, per la rottura del muro del suono, e gli brillavano gli occhi. Non avevamo davanti l’uomo freddo di cui si parla (IL RICORDO DEL FIGLIO, VIDEO). Alla fine delle due ore qualcuno ha chiesto della Luna, lui ha risposto “Sì sì, dopo l’X15 siamo andati sulla Luna ma era una cosa normale… ma l’X15…”. Per lui davvero la Luna era frutto di un lavoro di team estremo, dove lui ha solo eseguito le cose che gli venivano dette”.  

Il ricordo dell'Apollo 11: "Mi immedesimo in loro"

“Rivedendo le immagini della missione Apollo 11 mi metto nei loro panni. Mi immagino le domande che si sono sicuramente fatti dentro lo scafandro. Mi piace pensare, cosa avrei fatto io al loro posto? Mi immagino l’emozione di pensare a una frase da dire… Un’altra cosa a cui penso è che gli stemmi delle missioni da sempre hanno i nomi degli astronauti attorno, solo pochissimi sono senza nome e l’Apollo 11 è uno di quelli perché Neil Armstrong volle che non ci fossero i nomi, perché doveva essere una missione per l’umanità. Questo intento è riflesso così nello stemma, nella frase che ha scelto di pronunciare (Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità ndr), ed è una cosa veramente incredibile”.  

Gli astronauti di ieri, "pioneri per l'umanità"

“Dovremmo recuperare anche oggi lo spirito dei pioneri, che esplorano, allontanano ciò che è sconosciuto rendendolo conosciuto. Lavorare tutti assieme come esseri umani per delle missioni spaziali, una missione su Marte per esempio. Quando gli astronauti dell’Apollo 11 sono andati sulla Luna erano dei pionieri veri, stavano sfondando delle barriere e non si sapeva cosa ci fosse dietro. Ci sono voluti coraggio, attenzione, pianificazione, hanno dovuto anche accettare dei rischi superiori alla norma. Loro andavano e si sarebbe fatto di tutto per farli tornare, ma nessuno dava questa garanzia".

Gli astronauti di oggi, "metalmeccanici spaziali"

"Oggi sulla ISS il lavoro è più di routine, infatti definisco gli astronauti di oggi dei metalmeccanici spaziali, perché si comincia alle 7,30 di mattina e si lavora fino alle 7,30 di sera. È una giornata piuttosto massacrante, perché si fanno anche dieci attività diverse passando dagli esperimenti di genetica a riparare il gabinetto, dal parlare con il presidente della Repubblica al parlare con le scuole o a pulire i topi… Il migliore astronauta oggi è quello che fa quello che la pianificazione prevede senza fare storie, senza rompere niente e senza mancare le indicazioni. Ci vuole tanto addestramento, tante conoscenze, quando andavano sulla Luna era molto più veloce la cosa, si trattava di andare e tornare… Addirittura quando Gagarin volò la prima volta dovette stare fermo nella navicella e uscire solo quando era il momento. Insomma, sono due cose diverse e ugualmente importanti.

L'importanza del lavoro di squadra

Tutti pensano agli astronauti come a dei supereroi, di fatto siamo persone preparate, addestrate ma siamo degli esseri umani quindi fallibili. Quando sei nella ISS e stai facendo qualcosa di complesso e ne fai tante ogni giorno, per dei mesi, prima o poi fai un errore e in quel momento sei grato a quelli che ti sono attorno che ti aiutano. Oggi sarebbe difficile per una persona sola andare sulla Luna, possibile ma estremamente difficile

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