Secondo gli scienziati non ci sono pianeti abitabili su Omega Centauri
ScienzeI dati raccolti utilizzando il telescopio spaziale Hubble, dimostrano che la frequenza degli impatti tra più corpi celesti che si verificano nell’ammasso nebuloso più grande della Via Lattea è troppo alta per ospitare la vita
È ormai da molto tempo che gli uomini osservano lo spazio nella speranza di trovare, un giorno, il pianeta che diventerà la seconda casa dell’umanità dopo la Terra. Negli ultimi anni, sono stati individuati alcuni esopianeti potenzialmente abitabili. Uno dei più noti è sicuramente Kepler-422 b, la cui esistenza è stata confermata il 6 gennaio 2015. Si tratta del pianeta extrasolare più simile alla Terra e orbita attorno a una stella che ricorda molto il Sole. Si trova però a una distanza di 1.402 anni luce dal sistema solare, impossibile da percorrere in tempi ragionevoli con le tecnologie attualmente disponibili.
Le speranze degli scienziati di individuare pianeti abitabili all’interno della Via Lattea si concentravano in buona parte su Omega Centauri, l’ammasso globulare più grande della galassia, composto da ben 10 milioni di stelle e distante 16.000 anni luce
Sembra però che la fiducia degli astrobiologi fosse mal riposta: due scienziati dell’Università della California di Riverside e dell’Università statale di San Francisco hanno dimostrato che le probabilità di trovare un pianeta abitabile su Omega Centauri sono bassissime.
Impatto tra corpi celesti
Lo studio, la cui pubblicazione è prevista a breve sulla rivista The Astrophysical Journal, è stato condotto da Stephen Kane e Sarah Denvey utilizzando i dati raccolti durante le osservazioni del telescopio spaziale Hubble per calcolare con quale frequenza negli ambienti densamente popolati di stelle gli astri si scontrino tra loro. I risultati dimostrano che la possibilità che dei sistemi planetari potenzialmente abitabili esistano in condizioni simili è virtualmente inesistente.
Alla ricerca di una seconda casa
Kane e Denvey hanno osservato 350.000 stelle presenti all’interno dell’ammasso nebuloso, concentrandosi su quelle che, per temperatura ed età, avevano maggiori possibilità di essere associate a dei pianeti abitabili. La maggior parte di queste erano delle nane rosse, le più comuni della galassia. I due ricercatori sono giunti alla conclusione che il numero di impatti con gli altri corpi celesti vaganti de pianeti potenzialmente in grado di ospitare la vita è troppo elevato per poter anche solo pensare di abitarne uno.
Kane e Denvey pianificano di raccogliere altri dati utilizzando il telescopio spaziale Hubble per studiare le condizioni di abitabilità degli altri ammassi nebulosi presenti all’interno e nelle vicinanze della Via Lattea.