I rimedi omeopatici sono diventati per legge farmaci, per essere venduti devono essere autorizzati dall’Agenzia Italiana del farmaco. Esistono prove della loro efficacia o è semplice effetto placebo?
Ma tu credi nell’omeopatia? È la domanda che spesso chi fa uso di questo tipo di medicina si sente fare, quasi si trattasse di una religione. Eppure l’omeopatia è la seconda medicina più utilizzata al mondo, da oltre 200 milioni di persone. In Italia si contano circa 10 milioni di utilizzatori. Si calcola che nel nostro Paese si spendano circa 50 milioni di euro di soldi pubblici all’anno per le detrazioni di questo tipo di farmaci. E allora perché in molti si ostinano a chiedere “tu ci credi”?
Gli studi scientifici
Perché prove incontestabili e universalmente riconosciute dalla comunità scientifica sulla reale efficacia dell’omeopatia non ne esistono. La Fiamo, federazione italiana medici omeopati, ha creato un database che raccoglie migliaia di studi sul tema.
Abbiamo sfogliato la sezione “metanalisi” che raccoglie quei lavori che accorpano e confrontano i risultati di più studi scientifici sullo stesso tema. Nessuna delle 25 metanalisi inserite nel database arriva a una conclusione definitiva, tutte rimandano alla necessità di ulteriori approfondimenti e – in molti casi- paragonano l’efficacia dei rimedi omeopatici al placebo.
Abbiamo chiesto un’opinione sul tema a Enrico Bucci del Patto per la Scienza, docente di Biologia dei Sistemi alla Temple University di Philadelphia ed esperto nell’analisi dei dati scientifici. “Attualmente – dice Bucci - non esiste alcuna indicazione concreta, robusta, che l’omeopatia funzioni e se ci pensiamo questo è abbastanza chiaro perché per funzionare l’omeopatia deve contraddire tutto ciò che noi sappiamo di fisica e di chimica, cioè che un farmaco non può funzionare se non è presente in soluzione. Non solo devo trovare che l’omeopatia funziona, ma siccome è contradditoria rispetto a chimica e fisica, pure che chimica e fisica sono sbagliate”.
I farmaci omeopatici
Il punto è che in molti farmaci omeopatici non esiste più traccia del principio attivo dichiarato in etichetta. Per capirlo bisogna sapere come è fatto un farmaco omeopatico. Si parte da una tintura madre concentrata e poi si procede alle diluizioni. Una goccia di tintura madre in 99 di acqua per fare la soluzione all’1%, la CH1. Da qui una goccia in altre 99 di acqua per la CH2 e così via. La presenza di principio attivo diminuisce in maniera esponenziale fino alla dodicesima diluizione oltre la quale – per la chimica - non ci sono più molecole della sostanza iniziale, ma solo acqua. Eppure i farmaci omeopatici in commercio hanno soluzioni che vanno anche ben oltre la dodicesima diluizione.
Va detto che –secondo Omeoimprese- il 70 per cento dei farmaci omeopatici in commercio in Italia sta sotto alla soglia della dodicesima diluizione e quindi qualche molecola di principio attivo ci potrebbe essere. Non solo. Per chi usa l’omeopatia non è importante quanto principio attivo sia presente, come ci spiega Patrizia Rossi, direttore di produzione della Guna, la più grande azienda di farmaci omeopatici in Italia “è la diluizione stessa ad essere il principio attivo, il principio attivo che è stato diluito e dinamizzato rappresenta il componente attivo del nostro medicinale”.
Perché in molti si rivolgono all’omeopatia
Spesso chi si rivolge all’omeopatia lo fa perché deluso dalla medicina tradizionale. Ce lo spiega il dottor Marco del Prete, medico, specialista in nefrologia, che da anni usa l’omeopatia accanto alla medicina tradizionale. “Il paziente ormai è stato trasformato in un ha sorta di stereotipo. Ma quando un paziente entra nel tuo studio non è così. Se va bene prende 25 farmaci contemporaneamente, entra con un vissuto particolare e devi fare i conti anche con le sue ansie e il suo desiderio di guarire, serve un approccio basato sull’individuo”. Il dottor Del prete come molti omeopati dedica in media più tempo ai pazienti rispetto a chi non si avvale di medicine alternative. La prima visita d lui dura circa un’ora[BP1] . “Abbiamo di fronte un malato una malattia? “chiede provocatoriamente Del Prete che contesta il fatto che l’omeopatia funzioni solo per effetto placebo. “Più che l’effetto Placebo –dice del Prete- è il racconto che il paziente fa ad essere terapeutico”.
"Tanto non fa male"
In molti sostengono che l’omeopatia- non contenendo altro che acqua e zucchero non possa danneggiare il malato. Salvo di Grazia, del Patto per la Scienza, medico e divulgatore scientifico contesta questo punto di vista. “Non avendo nessun principio attivo non ha alcun effetto negativi diretto. C’è però un effetto indiretto. Può distogliere dalle cure vere quindi efficaci e per chi ne fa abuso può anche danneggiarti, perché tu non ti curi con la medicina e usi il nulla che ti può creare problemi”. È il caso del piccolo Francesco Bonifazi, morto a 6 anni per un’otite curata proprio con l’omeopatia.