Luca Parmitano: “Lo sbarco su Marte? Difficile senza passare dalla Luna"

“Gentile Luca Parmitano, scrivo per chiederle se fosse possibile diventare il primo astronauta ragazzino” inizia così la lettera di Marcello, 14 anni, alunno di terza media che ha deciso di prendere carta e penna per rincorrere il suo sogno di “andare oltre la siepe, come dice Leopardi, e io vorrei vedere cosa c’è oltre quell’orizzonte del cielo”. Marcello racconta che da autodidatta si è messo a studiare come funzionano i propulsori e i combustibili dei razzi spaziali: “So che è molto difficile diventare astronauta, ma sono sicuro che ce la potrei fare, per me sarebbe una grandissima sfida”. A partire dalla lettera, con quella domanda forse un po’ inappropriata, come la definisce lui stesso, ma che Marcello alla fine spedisce spronato anche da quel “tentar non nuoce” della mamma, e a cui l’Agenzia Spaziale Europea, che di missive come la sua ne riceve moltissime, prontamente risponde: Luca Parmitano si trova in Italia, per il quattordicenne si concretizza l’opportunità di conoscere il professionista dello spazio. L’incontro è avvenuto a Roma, qualche giorno fa, a margine di una conferenza dell’astronauta con gli studenti, e Marcello è riuscito anche a porre anche una domanda a Parmitano: “lei ha ancora obiettivi per il suo futuro?” Mai smettere di averne, la risposta dell’astronauta, che lo ha colpito soprattutto per la passione che aveva negli occhi, la stessa con cui ha coltivato il suo sogno di esploratore spaziale sin da ragazzino. Parmitano è reduce da un’importante esercitazione nell’ambito del programma Artemis per il ritorno sulla Luna. “È andata benissimo – racconta a Sky Tg24 Insider. Si chiamava Underway Recovery Test-12 e si trattava della dodicesima sessione di addestramento, quella finale, per mettere a punto le procedure di recupero della missione Artemis II dopo lo splashdown. Io ero lì per coprire il ruolo di membro dell’equipaggio e devo dire che è stata un’esercitazione congiunta tra Aeronautica militare americana, Marina e NASA di grande successo, con un team molto grande. Dieci giorni al largo della California a simulare le stesse condizioni del rientro, tra un anno esatto, della missione Artemis II . Per quanto mi riguarda questo è un primo passo verso il supporto ai miei quattro colleghi di Artemis II, che provengono in parte dalla mia classe di selezione del 2009, e credo che sia entusiasmante vedere come tutto proceda e si avvicini sempre di più il momento del nostro ritorno sulla Luna”. Sei l’unico europeo integrato nel corpo astronautico della NASA. Dal tuo osservatorio come giudichi i tagli di budget annunciati dall’amministrazione Trump nei confronti dell’Agenzia spaziale americana e in che modo potrebbero modificare i futuri piani per il ritorno sul nostro satellite che vedono coinvolte sia l’Europa sia l’Italia? Io sono sempre molto cauto quando ascolto queste notizie perché è inutile fasciarsi la testa prima di romperla, nel senso che questa è una richiesta da parte di un’amministrazione al Congresso americano, che però di fatto è l’ente che ha l’autorità di allocare le risorse. Cosa vuole dire? Che se da parte dell’amministrazione USA c’è una richiesta molto forte di tagli a volte forse anche mirati a certi programmi, poi sta al Congresso decidere quando, dove e in che modo effettuare quei tagli. Nel frattempo, stiamo anche aspettando che la Nasa abbia un nuovo amministratore quindi ci sono alcune componenti che devono entrare nel puzzle prima di avere una visione completa. Come alla NASA, così anche noi in Agenzia Spaziale Europea stiamo prendendo delle misure e allargando il nostro portfolio di collaborazioni per continuare a lavorare; di fatto tutti i programmi sono in via di evoluzione, io stesso partecipo al programma Gateway, per la costruzione di una stazione spaziale in orbita lunare. Proprio la scorsa settimana ero in videoconferenza con dei colleghi dell’ESA e della NASA per continuare a migliorare la conformazione di I-Hab, che è il progetto europeo di contributo al Gateway, e non dico che sia business as usual, ma non possiamo fermare tutto soltanto perché c’è una componente politica che interviene. Noi continuiamo a lavorare, siamo convinti della bontà dei nostri programmi e del loro valore, e poi chiaramente vogliamo essere come ESA dei partner solidi per altri partner come, ad esempio, l’India che sta sempre più venendo alla ribalta. È fattibile a tuo avviso mettere in secondo in piano le missioni di ritorno verso la Luna a vantaggio dei piani per uno sbarco direttamente su Marte, anche considerando come sono andati gli ultimi test del razzo Starship? Anche in questo caso è difficile fare previsioni così futuristiche, Marte è molto lontano e noi siamo molto lontani da avere tecnologie che ci consentano di effettuare una missione in sicurezza con personale umano. È una questione di dimensioni, se la Luna è a 400 mila chilometri di distanza, quindi mille volte, tre ordini di grandezza più lontano della Stazione Spaziale Internazionale, Marte è a 400 milioni di chilometri dalla Terra, quindi ancora più lontano e più complesso da raggiungere rispetto alla Luna. Andare direttamente con un progetto marziano senza avere un’esperienza lunare è un po’ contrario all’approccio del mio percorso storico, quello della sperimentazione in cui tutto si fa in modo graduale per essere sicuri di avere le giuste tecnologie. La Luna è ancora un oggetto estremamente interessante per noi, sia da un punto di vista di esplorazione sia da un punto di vista di tecnologie e scienza, per cui ritengo che faccia ancora parte dei nostri progetti e poi sicuramente vogliamo diventare una specie interplanetaria, ma fare salti anziché passi credo che possa essere avventato. Chiaramente vedremo cosa succederà nei prossimi anni, ma considerando che il programma Artemis continua con le missioni Artemis II e III credo che ci sia la volontà di continuare l’esplorazione del nostro satellite. Negli Stati Uniti l’accesso allo spazio è sempre più in mano ai privati. Secondo te è più un rischio o un’opportunità? A ogni opportunità corrisponde un rischio, ed è anche vero che per cogliere un’opportunità bisogna affrontare dei rischi e accettare che ci siano. Come europei dobbiamo guardare con attenzione a quello che sta succedendo perché non vogliamo perdere l’occasione di portare i nostri valori sull’esplorazione spaziale e sull’utilizzo delle risorse spaziali. L’Europa nasce su principi di collaborazione e cooperazione, costruisce ponti non chiude le porte. Potersi sedere al tavolo delle trattative con un’Europa forte, con segnali di indipendenza di accesso allo spazio sia da un punto di vista di cargo, di telecomunicazioni, ma anche di partecipazione al volo spaziale umano è un segnale di voler guidare insieme ai nostri Paesi alleati il futuro dell’esplorazione spaziale e ritengo che l’opportunità da cogliere il prima possibile da parte di chi ha la leadership sia quella di dare una forte spinta verso l’esplorazione spaziale. Si festeggiano i 50 anni dalla Costituzione dell’Agenzia Spaziale Europea. Quanto è importante l’indipendenza nell’accesso allo spazio e dotarsi di un proprio veicolo spaziale per voi astronauti europei? Intanto i 50 anni sono l’occasione per celebrare un grandissimo successo, di collaborazione e di cooperazione, di volontà di fare le cose assieme e di dimostrazione che si può arrivare molto più lontano quando si uniscono le proprie forze, le proprie risorse e le proprie capacità. L’Italia è sicuramente in primo piano da questo punto di vista, l’Agenzia Spaziale Italiana è tra quelle che hanno fondato di fatto quella europea insieme ai nostri partner, Francia e Germania in testa, e questa integrazione deve continuare ad andare avanti. Per quanto riguarda la volontà di essere forti e indipendenti nel campo aerospaziale, è qualcosa che noi astronauti abbiamo presentato nel nostro manifesto qualche anno fa al Summit europeo sullo Spazio, in cui abbiamo detto che, di fatto, essere presenti nello spazio con operazioni umane e con l’esplorazione è una dimostrazione di capacità tecnologica, politica e anche diplomatica; per cui, se vogliamo essere presenti è importante continuare a mantenere la nostra posizione di forza e di partnership, sia integrata come Europa ma anche con gli altri Paesi che vogliono partecipare a questo progetto, il grande sogno dell’esplorazione spaziale. Come vivere e lavorare nello spazio ha cambiato la tua prospettiva e il tuo modo di vedere le cose? Da un punto di vista professionale mi ha fatto apprezzare l’importanza del superare i retaggi, le bandiere e le difficoltà di integrazione che a volte incontriamo sulla Terra: il programma della Stazione spaziale internazionale da questo punto di vista è la dimostrazione che quando si va nella stessa direzione, uniti da un sogno comune è possibile superare ideologie e confini. Sulla ISS abbiamo oggi una cooperazione che supera le difficoltà politiche terrestri in nome di un bene più grande, e questa è una grande lezione che ho imparato come professionista. Da un punto di vista puramente umano, di Luca Parmitano uomo, lo spazio mi ha insegnato ad apprezzare ogni momento nella sua unicità e a cercare bellezza e perfezione in tutto ciò che mi circonda.

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