EarthCare, razzi e satelliti nel risiko dello Spazio del futuro

Scienze
Marta Meli

Marta Meli

@ESA

L'accesso autonomo allo spazio è diventato strategico per le Agenzie nazionali, soprattutto nel settore della messa in orbita dei satelliti,  dove SpaceX, la compagnia privata di Elon Musk, con il suo razzo Falcon 9 in parte riutilizzabile sta facendo la parte del leone, garantendo voli a pagamento dalle sue due rampe di lancio. Come dimostra la storia della missione europea EarthCare, decollata dalla base spaziale di Vandenberg, in California, a fine maggio

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Spazioporto europeo di Kourou, Guyana Francese, 9 luglio 2024. Il luogo e la data di uno degli appuntamenti spaziali più attesi dell’anno: il volo inaugurale del nuovo lanciatore Ariane 6, made in ArianeGroup. “Modulare e agile, Ariane 6 ha uno stadio superiore riaccendibile che gli consente di lanciate più veicoli spaziali su orbite diverse in ogni singolo volo” recita il comunicato dell’ESA. Il lancio rappresenta una tappa fondamentale per l’Agenzia Spaziale Europea, come aveva anticipato a Sky Tg24 il suo Direttore Generale Josef Aschbacher lo scorso 28 maggio in occasione della partenza della missione EarthCare da Vandenberg, in California, a bordo di un razzo Falcon 9 targato SpaceX.

 

Il ruolo dei lanciatori e l'accesso allo spazio

“Quella di SpaceX è una soluzione transitoria – è il commento del DG dell’ESA - I nostri due lanciatori Ariane 6 e Vega C, sviluppato assieme all’industria italiana con Avio, sono essenziali per ristabilire il nostro accesso autonomo allo spazio, dopo una lunga crisi da cui per fortuna stiamo uscendo. Ci servono veicoli targati Europa per mettere in orbita i nostri satelliti, utilizzarne i dati e le molteplici applicazioni, come telecomunicazioni, osservazione della terra, navigazione. Si tratta di un’autonomia strategica, in cui i lanciatori giocano un ruolo fondamentale”.

Ritardi e costi della missione EarthCare

Già, i lanciatori. Solo la missione EarthCare ne ha cambiati tre prima di arrivare al decollo. Il primo doveva essere un vettore Soyuz, abbandonato con lo scoppio della guerra in Ucraina. Il secondo un Vega C, scartato dopo il fallimento della sua seconda missione a fine 2022 e sostituito con un Falcon 9 di SpaceX, a seguito di un contratto siglato lo scorso ottobre. Buona la terza, con un ritardo che ha contribuito a far lievitare i costi della missione fino a circa 800 milioni di euro, il 30% in più delle stime iniziali, anche per via di altre avversità, come il terremoto in Giappone (EarthCare è frutto di una collaborazione tra l’ESA e l’Agenzia spaziale giapponese JAXA), la pandemia e l’inflazione.

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Vandenberg e il rapporto con SpaceX

“In genere questo tipo di contratti si firmano almeno un anno prima della campagna di lancio – ci spiega quando lo incontriamo a Vandenberg Bill Simpson, coordinatore tecnico delle missioni europee dell’ESA- Questo vuol dire che nel caso di EarthCare abbiamo avuto davvero poco tempo per i test di compatibilità e per sistemare tutta la documentazione con SpaceX. Inoltre, lanciando da una base militare come Vandenberg non abbiamo avuto visibilità su certi passaggi nei test del lanciatore, che abbiamo dovuto dare per scontati”. L'esperto dell'ESA si augura che in futuro la collaborazione con l’azienda di Elon Musk continui, ma anche che migliorino i rapporti e le condizioni di lavoro.

 

Chi ci viene in aiuto per capire quanto sia strategica la base californiana di Vandenberg in questo contesto è Roberto Vittori, Generale dell’Aeronautica Militare e astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea con tre missioni all’attivo nello spazio. “Dal punto di vista della Space Economy, oggi il satellite è la piattaforma che ha più importanza. Le sue applicazioni sono variegate e dal punto di vista della difesa e della sicurezza il suo ruolo è fondamentale. A Vandenberg, una delle basi principali della Space Force statunitense, si respira un clima di vera e propria guerra fredda. Si parla di satelliti amici e satelliti nemici, e questa è la nuova frontiera di scontro o di incontro, a seconda di come la vediamo. Perché il satellite, questo occhio che guarda dal di fuori, è uno strumento, ma diventa anche un momento di confronto tecnologico tra le varie capacità nazionali”.

 

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SpaceX al momento effettua dalla California almeno un lancio a settimana e punta a un ritmo di uno ogni tre giorni entro l’inizio del prossimo anno. “Quando ha iniziato a operare negli Stati Uniti – spiega Vittori – la compagnia spaziale privata di Elon Musk ha cercato di trovare i punti più strategici da cui lanciare. A Cape Canaveral, in Florida, si è garantita la storica rampa 39A, quella da cui partirono le missioni per la Luna, e in California una delle rampe di Vandenberg, da dove, per posizione geografica e per come è fatta la costa, è possibile effettuare lanci polari in direzione sud. Oggi da lì quelli di SpaceX non sono lanciano, ma atterrano anche. Quando guardi un loro lancio – conclude l’astronauta italiano- vedi anche qualcosa che fino a poco tempo fa era considerato impossibile, cioè il primo stadio del razzo che rientra e atterra, il concetto di riutilizzabilità”. Che tradotto vuol dire soprattutto abbattimento dei costi.

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Un monito sonoro per le missioni spaziali europee

Per tutte queste ragioni, quando in una giornata piena di foschia, da un promontorio della base di Vandenberg, assistiamo al lancio del satellite EarthCare e, a distanza di meno di dieci minuti, al rientro su una piattaforma della stessa base del primo stadio del Falcon 9, il boom sonico che ci investe sembra quasi un monito per le prossime missioni targate Europa. “Il primo stadio del nostro lanciatore – racconta sorridendo Lucie, la giovanissima addetta di SpaceX che ci accompagna - è al suo settimo utilizzo in meno di un anno ed è certificato per arrivare fino a 40 lanci”.

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