Il risultato, ottenuto controllando il funzionamento di uno specifico gene della specie Arabidopsis, potrebbe avere importanti implicazioni nel settore, in quanto potrebbe essere sfruttato per ottenere colture più robuste
Manipolando geneticamente una pianta sarebbe possibile trasmettere il ricordo di uno stress ai suoi germogli. È quanto emerso da uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università di Stato americana della Pennsylvania, coordinato da Sally Mackenzie. Il risultato, secondo gli esperti, potrebbe avere importanti implicazioni nel settore, in quanto questo meccanismo potrebbe essere sfruttato per ottenere colture più robuste.
Lo studio nel dettaglio
Il risultato, pubblicato sulla rivista specializzata Nature Communications, è stato ottenuto controllando il funzionamento di uno specifico gene di una pianta spesso utilizzata negli esperimenti di genetica, l’Arabidopsis.
“Si tratta del gene Msh1, che controlla un’ampia gamma di reti alla base della resilienza nelle piante. Quando una pianta sperimenta una situazione di stress, come siccità o calore prolungato, ha l’abilità e la flessibilità di rispondere adattandosi ai cambiamenti dell’ambiente”, ha spiegato Sally Mackenzie, coordinatrice dello studio.
Il gene Msh1 gioca un ruolo fondamentale nella crescita delle piante e nel loro adattamento all’ambiente, in quanto sarebbe implicato nella gestione delle crescita e della configurazione delle radici e del periodo di fioritura. “Tutti accorgimenti, in risposta alle condizioni ambientali che le piante sono in grado di ricordare e trasmettere alle successive generazioni”, spiegano gli esperti.
Le piante che "rilevano" lo stress dopo la disattivazione del gene MSH1 possono regolare la loro crescita, cambiare la configurazione delle radici, ritardare il tempo di fioritura e alterare la loro risposta agli stimoli ambientali.
Ottenute delle piante bioluminescenti simili a quelle del film Avatar
Tra gli ultimi risultati nel settore, un team di ricercatori internazionale coordinato Karen Sarkisyan e Ilia Yampolsky, trasferendo nel Dna di una specie vegetale le sequenze genetiche che controllano la capacità di brillare al buio in una specie di funghi, è riuscito ad ottenere delle piante bioluminescenti simili a quelle del film Avatar. Il risultato sono delle specie vegetali 10 volte più luminose di quelle sviluppate finora e in grado di illuminarsi in modo costante, dalla nascita alla maturità.