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Leonardo da Vinci, lo strabismo causa della profondità nei dipinti

Scienze
Immagine di archivio (Getty Images)

Un’analisi di diverse opere rivela che il pittore avrebbe rappresentato un suo stesso disturbo visivo che permetteva di cogliere i dettagli che generano tridimensionalità 

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Ci sarebbe un difetto visivo alla base delle abilità di Leonardo da Vinci di cogliere quei dettagli che conferivano ai suoi dipinti una tipica profondità. Lo rivela la rivista Jama Ophthalmology, che ha pubblicato uno studio realizzato da Christopher W. Tyler, neuroscienziato della City University di Londra. L’analisi di diverse opere del pittore toscano nelle quali era possibile osservare lo sguardo dei soggetti mostrerebbe infatti una forma di strabismo che, secondo quanto sostenuto dallo studioso, rifletterebbe quella avuta dall’autore stesso.

Leonardo da Vinci, analisi delle opere

Già in precedenza alcuni dipinti di Leonardo avevano rappresentato il punto di partenza per successive considerazioni mediche. Un ricercatore del Brigham and Women’s Hospital di Boston aveva ad esempio ipotizzato che Lisa Gherardini, ritratta nella celebre Gioconda, soffrisse di ipotiroidismo. Secondo altri studiosi, proprio la Monna Lisa sarebbe caratterizzata anche da strabismo, il problema su cui si è concentrata la ricerca di Tyler, che ha però riguardato più specificamente l’analisi di altre sei opere del genio del Rinascimento, comprendenti sculture, dipinti e autoritratti, che includerebbero l’Uomo vitruviano, il Salvator mundi, e San Giovanni Battista. Stando a quanto affermato dal neuroscienziato, la costante mostrata da questi lavori sarebbe un disturbo visivo che potrebbe coincidere con l’exotropia.

Lo strabismo di Leonardo da Vinci

L’exotropia è una forma di strabismo riguardante un solo occhio, che può esserne affetto in maniera costante o a intervalli. Secondo l’analisi di Tyler il disturbo visivo di Leonardo da Vinci si sarebbe presentato in forma intermittente, il che permetteva di fatto all’artista di passare, a seconda del momento, da una visione bioculare a quella monoculare. Proprio questa variazione avrebbe aiutato il pittore e scienziato a rilevare quei dettagli, poi riportati nelle opere, che aiutavano ad aggiungere tridimensionalità a paesaggi, volti e oggetti. Tyler afferma infatti che l’alternanza di una visione 2D e 3D avrebbe giocato un ruolo chiave nello stile di Leonardo, e spiegherebbe perché il toscano fosse “così attento a dare l’impressione della profondità nelle sue opere”.