La pigrizia tra le possibili cause dell'estinzione dell'Homo erectus

Scienze
Foto di archivio (Getty Images)
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Secondo una ricerca condotta dall'Australian National University (ANU), l'incapacità di adattarsi al proprio ambiente in evoluzione e di sviluppare strumenti migliori potrebbe aver causato la scomparsa dell'antenato dell'uomo 

Secondo Franz Kafka, la pigrizia sarebbe uno dei due peccati cardinali da cui scaturiscono tutti gli altri. Per l'Homo erectus, un antico antenato dell'uomo, questa potrebbe essere stata addirittura la causa della sua estinzione. Stando a quanto emerge da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Australian National University (ANU), infatti, proprio la presunta incapacità di adattarsi all’ambiente in costante evoluzione sarebbe alla base della scomparsa di questi ominidi.

Una pigrizia costata davvero cara

Dopo aver osservato uno scavo di antiche popolazioni umane nella penisola arabica, risalente alla prima età della pietra, il dott. Ceri Shipton, il coordinatore della ricerca, ha scoperto come l'Homo erectus avrebbe adottato una serie di strategie dal ‘minimo sforzo’ per sviluppare strumenti da caccia o raccogliere risorse utili alla sopravvivenza. Una 'pigrizia' particolarmente evidente in occasione della ricerca dei materiali più adatti per la fabbricazione di utensili. Questi ominidi, infatti, utilizzavano qualsiasi roccia senza compiere alcuna selezione purché la fonte da cui attingerla fosse vicina al proprio insediamento. In buona sostanza, finché i materiali abbondavano, l'Homo erectus poteva proliferare e continuare a vivere nella propria indolenza. I cambiamenti climatici, però, hanno stravolto l'habitat, inaridendo i terreni e i letti dei fiumi. Un'emergenza a cui l'Homo erectus non ha saputo fare fronte.
"Non solo erano pigri, ma erano anche assai prudenti - spiega il Dr Shipton -. I campioni di sedimenti ritrovati hanno mostrato come l'ambiente circostante si stesse trasformando, senza che loro modificassero le proprie abitudini o cercassero di sviluppare i propri strumenti. Non si è verificata alcuna progressione. Penso che alla fine l'ambiente sia diventato troppo secco per garantire loro la sopravvivenza".
Questa mancanza di dinamismo, tipica dell'Homo erectus, è stata superata dai suoi discendenti. L'uomo di Neanderthal e il sapiens, infatti, impararono ben presto, a esempio, a capire l'importanza di scalare le montagne per trovare materiali di migliore qualità e trasportarli anche per lunghi tragitti.
Il consenso scientifico è unanime nel sostenere che sia stata proprio la rapida evoluzione del cervello dell'Homo sapiens a renderlo in poco tempo la specie dominante.

L’importanza di sapersi adattare all’ambiente

Tra le capacità adattive dell'uomo di Neanderthal ci sarebbe anche quella di aver imparato ad accendere il fuoco. Con 400 mila anni di ritardo, infatti, si deve rendere giustizia a questi antenati dell'Homo sapiens. Secondo un recente studio condotto dall'Università di Leiden, nei Pesi Bassi, e da quella di Bordeaux, in Francia, infatti, questi ominidi erano in grado di utilizzare la fiamma proprio come i loro più evoluti 'cugini'. Come scoperto dal ricercatore Andrew Sorensen, i Neanderthal erano soliti percuotere i propri utensili, come a esempio i bracciali, con frammenti di pirite, un minerale duro, in grado di generare scintille a contatto con il metallo. Le tracce lasciate sui reperti archeologici recuperati dal team di esperti, infatti, non lasciano spazio a dubbi. Dopo averli ricreati in laboratorio, i ricercatori li hanno colpiti ripetutamente con la pirite, rinvenendo su di questi le medesime tracce analizzate sui reperti originali.

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