Come inibire i brutti ricordi: scoperto il meccanismo
ScienzeDecisivo sarebbe il contributo di un neurotrasmettitore capace di agire sull'ippocampo, evitando che determinati episodi legati ad esperienze negative riaffiorino alla nostra memoria. A rivelarlo è uno studio condotto dall'Università di Cambridge
Il cervello umano avrebbe la capacità di inibire i ricordi negativi legati, ad esempio, a un'esperienza traumatica vissuta. A rivelarlo è uno nuovo studio dell'università di Cambridge, pubblicato sulla rivista "Nature Communications". La chiave di questo meccanismo starebbe nell'azione di un neurotrasmettitore che opera sull’ippocampo, ovvero l’archivio della memoria.
L’inibizione dei ricordi spiacevoli
All'origine del meccanismo di confinamento dei ricordi negativi ci sarebbe l'Acido gamma ammino butirrico (Gaba), un neurotrasmettitore di cui il cervello si serve quando vuole archiviare pensieri spiacevoli, fonte di preoccupazione e stress. Questo "messaggero" agirebbe infatti sulla parte del cervello che funziona come un magazzino della memoria: l'ippocampo. "La capacità di tenere sotto controllo i nostri pensieri – ha spiegato il professor Michael Anderson, autore dello studio – è fondamentale per il nostro benessere. Il venir meno di questa capacità comporta la comparsa dei sintomi più debilitanti dei disturbi psichiatrici come allucinazioni e paranoia, sintomi chiave in malattie mentali quali schizofrenia, depressione, ansia o disturbo post traumatico da stress".
L’utilizzo di tecniche di risonanza magnetica
Attraverso le immagini e i dati prodotti dalle tecniche di risonanza magnetica a cui sono stati sottoposti i partecipanti allo studio, i ricercatori hanno potuto osservare il comportamento delle aree chiave del cervello adibite all’archiviazione della memoria e i livelli delle componenti chimiche, nel momento in cui le persone cercavano di inibire i propri pensieri. Ebbene, dalle analisi è emerso che la capacità di inibizione di pensieri spiacevoli dipenderebbe appunto dal neurotrasmettitore Gaba, che fa sì che i messaggi passino da una cellula nervosa all’altra. Il suo rilascio da parte di un neurone può sopprimere l’attività delle altre cellule alle quali il neurone è connesso. Questo neurotrasmettitore, quindi, funzionerebbe da inibitore e la sua concentrazione all’interno dell’ippocampo aiuterebbe a determinare la capacità delle persone di impedire a certi ricordi negativi di riaffiorare. Anderson ha espresso grande soddisfazione per i risultati dello studio che hanno consentito un livello di analisi più specifico. "Prima – ha sottolineato – eravamo in grado di determinare su cosa agisse una certa area del cervello, ora, invece, possiamo dire quali siano i neurotrasmettitori coinvolti nel processo di inibizione di pensieri spiacevoli".