La PWS è identificata come la causa genetica più comune di obesità e si manifesta sin dalla prima infanzia con un'evidente riduzione del tono muscolare
La sindrome di Prader-Willi (PWS) è identificata come la causa genetica più comune di obesità ed è il risultato di una anomalia sul cromosoma 15, ovvero il quindicesimo cromosoma autosomico umano in ordine di grandezza e che rappresenta quasi il 3,5% del Dna totale nelle cellule umane. La maggior parte dei casi di PWS sono attribuiti dunque ad un errore di genetica spontanea che si verifica per la mancanza del contributo paterno in una specifica parte del braccio lungo di quello specifico cromosoma. Si manifesta sin dalla nascita con una grave ipotonia, ovvero la riduzione del tono muscolare, e può comportare problemi alla deglutizione e all’allattamento. La degenerazione della patologia si manifesta con più evidenza a partire dai due anni di età e fino ai quattro, quando il bambino che ne è affetto mostra una costante assenza di sazietà (detta iperfagia) che, se non monitorata, può portare ad una grave forma di obesità.
I sintomi della sindrome
La PWS, infatti colpisce l’appetito, la crescita, il sistema ormonale, il metabolismo, le funzioni cognitive e il comportamento. E’ tipicamente caratterizzata, oltre che da un evidente e ridotto tono muscolare, da una bassa statura dell’individuo che ne è colpito e può comportare uno sviluppo sessuale incompleto, disabilità intellettiva, comportamento peculiare oltre a tutte le complicanze dell’obesità. La malattia, poi, è associata anche a difficoltà di apprendimento e a disturbi comportamentali e psichiatrici di entità variabile. Inoltre sono state associate alla sindrome caratteristiche fisiche particolari come la fronte stretta, gli occhi a mandorla, il labbro superiore sottile e la bocca rivolta verso il basso, mani e piedi molto piccoli e accennati problemi di scoliosi.
La diagnosi attraverso l’analisi genetica
Secondo le stime, la sindrome di Prader-Willi è stimata in un caso su 30.000 e sembra avere maggiore probabilità di verificarsi nella popolazione caucasica. In presenza di segni e sintomi di sospetto la diagnosi di della sindrome deve essere confermata dall'analisi genetica, con un test di biologia molecolare in aggiunta ad una indagine citogenetica, mediante un semplice prelievo di sangue. In assenza di un adeguato trattamento, la malattia sfocia, nel giro di pochi anni, nello sviluppo di un’obesità di grado elevato, resistente al trattamento dietetico e farmacologico, che porta nelle età successive a gravi complicazioni di natura cardiorespiratoria (sindrome delle apnee notturne, insufficienza respiratoria, ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco), metabolica (diabete mellito, iperuricemia, dislipidemia) e osteoarticolare (ginocchio valgo, piede piatto).
La terapia dell’ormone della crescita
Non esiste una terapia specifica risolutiva ma una presa in carico precoce, globale e multidisciplinare può migliorare l'evoluzione della malattia e diminuirne le complicazioni. Però come sottolinea anche il portale dell’Istituto Auxologico Italiano, una delle terapie maggiormente considerate nei casi di PWS, è quella legata all’ormone della crescita entro il primo anno di vita, che gli esperti sottolineano come utile per migliorare notevolmente l’evoluzione del quadro clinico, sia per quanto riguarda gli aspetti legati alla statura e le dimensioni delle estremità, che per quanto riguarda l’assetto di peso e la composizione corporea, senza dimenticare gli aspetti cognitivi. Allo stato attuale non è ancora ipotizzabile nei pazienti con sindrome di Prader-Willi una terapia genica, anche se studi sugli animali potranno dare in futuro alcune indicazioni significative. In Italia, come specifica il portale della federazione italiana delle associazioni legate alla PWS, esistono 63 strutture mediche riconosciute e abilitate alla cura e alla diagnosi della sindrome.