Introduzione
In diversi casi, anche di recente, la cronaca ha riportato notizie di persone morte a causa di uno shock anafilattico. Ma di cosa si tratta? Quali sono le cause e i rimedi?
Per shock anafilattico, o anafilassi, si intende, come spiegano gli esperti, di “una reazione allergica generalizzata, che si manifesta all'improvviso e che può portare a morte se non prontamente trattata”. Può manifestarsi con estrema rapidità, interessando due o più apparati, ad esempio pelle e sistema respiratorio, o circolatorio, o gastrointestinale. È dovuta, sostanzialmente all'interazione “tra anticorpi IgE e un allergene, sostanza innocua per la maggior parte delle persone, che in pazienti predisposti provoca la produzione di anticorpi IgE”. Ma ecco cosa sapere, nel dettaglio.
Quello che devi sapere
La più grave tra le reazioni allergiche
- In sostanza, come sottolineano anche i medici del Gruppo San Donato, si tratta della “più grave tra le reazioni allergiche che, se non affrontata tempestivamente, può anche essere letale”. L’allergia, di base, è una condizione piuttosto comune e, secondo le stime, “il 15% della popolazione generale soffrirà di qualche tipo di reazione allergica nel corso della propria vita”. Come si scatena? Il sistema immunitario, nello specifico, “riconosce una sostanza estranea, normalmente innocua (ovvero l’allergene), come se fosse un agente aggressivo da cui difendersi, scatenando una violenta reazione da ipersensibilità”. La sintomatologia allergica, nello specifico, varia a seconda della modalità di esposizione, ma di solito l’allergia si manifesta con “rinite o rinocongiuntivite, asma, dermatite da contatto, orticaria e/o angioedema, disturbi gastroenterici, come nausea, vomito, diarrea e malessere generale, ipotensione, perdita di coscienza e nei casi più gravi, anche con lo shock anafilattico”.
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Il meccanismo
- Si è detto, dunque, dell’interazione tra IgE e allergene che può provocare la produzione di anticorpi specifici, detti IgE. Proprio tali anticorpi, dopo un primo contatto, hanno la tendenza “a fissarsi sulla superficie di alcune cellule, i mastociti e i basofili, che contengono grandi quantità di istamina e di altre sostanze che possono provocare infiammazione”, ha spiegato la dottoressa Giulia Di Colo, allergologa e immunologa presso l’Ospedale San Raffaele di Milano. Quando entra a contatto per la prima volta con l'organismo, l'allergene è innocuo ma se lo stesso entra per la seconda volta in contatto con l'organismo della persona predisposta, “incontrerà le IgE fissate sulla superficie dei basofili e dei mastociti, causando il rilascio di grandi quantità di istamina e mediatori dell'infiammazione, responsabili dello shock anafilattico”.
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Le cause
- Quali sono, le sostanze che più comunemente possono causare uno shock anafilattico? Tra queste, le più significative da segnalare sono certamente il veleno di ape e vespa, una serie di alimenti tra cui, in particolare, frutta secca, soia, crostacei, molluschi e pesce, latte e uova. E poi, ancora, banana, avocado, kiwi, castagna. Abbandonando il mondo alimentare, da segnalare sono alcuni farmaci, tra cui antibiotici, specie penicilline e cefalosporine, e antinfiammatori non steroidei. Infine, anche sostanze utilizzate per l’anestesia generale e mezzi di contrasto, come quelli usati negli esami diagnostici per immagini.
Come si manifesta
- Nello shock anafilattico, sottolineano gli specialisti dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, la reazione allergica si manifesta a carico di più organi o apparati. Nello specifico “sono interessati la pelle, le vie respiratorie, l'apparato cardiovascolare, l'apparato gastrointestinale e possono essere presenti sintomi di tipo neurologico”. Ma quello che rende il quadro clinico particolarmente eclatante è la “comparsa immediata, entro pochi minuti, massimo due ore, dal contatto con l'allergene e il rapido, talora esplosivo, di sintomi”. In generale, più breve risulta l'intervallo di tempo tra il contatto con l'allergene e la comparsa dei sintomi, maggiore può essere il rischio di una anafilassi grave o, in casi estremi, anche mortale. Di solito, quando la reazione comincia, “si osserva la comparsa di formicolio e senso di calore al capo e alle estremità”. Possono poi manifestarsi orticaria-angioedema, rinite, difficoltà respiratoria; prurito alla lingua e al palato, alterazioni della voce, edema della glottide, asma, vomito, diarrea, ipotensione, aumento della frequenza cardiaca e aritmia.
Cosa fare in caso di shock anafilattico
- Il consiglio principale dei medici, se si sospetta di essere di fronte ad un caso di shock anafilattico, è chiedere, immediatamente e senza perdere tempo, un intervento medico, chiamando il 112 o recandosi in Pronto Soccorso. Qualora questo non sia possibile o in attesa dei soccorsi, gli esperti suggeriscono di “rimuovere o allontanare il fattore scatenante e posizionare la persona sdraiata con le gambe sollevate per garantire un adeguato ritorno venoso”. Quindi, se disponibile, occorre “somministrare precocemente dell’adrenalina (epinefrina) attraverso un auto-iniettore: questo dispositivo, spesso prescritto a persone con allergie potenzialmente gravi o che hanno già avuto un’anafilassi, consiste in una siringa con un piccolo ago nascosto che, premuta contro la coscia, inietta una dose di farmaco. L'uso immediato di un auto-iniettore può rappresentare, in molti casi, un salva-vita”, insistono i medici.
L’adrenalina nei bambini
- L'adrenalina, come detto, svolge un ruolo centrale nel trattamento acuto dell'anafilassi. Quando è indicata, può essere somministrata anche a tutti i bambini a qualsiasi età e i genitori di quelli a rischio di shock anafilattico, anzi, dovrebbero sempre tenere a portata di mano una di queste fiale, servendosi dell’apposito autoiniettore. Proprio gli esperti del Bambin Gesù spiegano che questi preparati vanno iniettati “al primo segno di reazione allergica, senza aspettare sintomi gravi, per via intramuscolare nella coscia - da 0,2 ml a 0,5 ml a seconda del peso del bambino – e sono disponibili in fiale preconfezionate con adrenalina predosata e resa resistente al calore, stabili per 18 mesi a temperatura ambiente”. La siringa, in particolare, deve essere premuta “sulla parte esterna della coscia e, dopo il caratteristico "click" di apertura, va tenuta in sede per almeno 10 secondi per permettere la penetrazione del farmaco nei tessuti”. La somministrazione, tra l’altro, può avvenire anche attraverso gli indumenti.