La celiachia in forte aumento in Italia, in 20 anni casi raddoppiati

Salute e Benessere

Un nuovo studio, discusso al convegno 'The Future of Celiac Disease' e promosso dall'Associazione Italiana Celiachia, suggerisce anche test del sangue su pazienti ‘insospettabili’: nel nostro Paese sarebbero 400mila 

La celiachia è in continuo aumento. A dirlo sono i dati di un nuovo studio italiano di cui si è discusso all’ultimo convegno annuale 'The Future of Celiac Disease' promosso dall'Associazione Italiana Celiachia (AIC).

Stime al rialzo

Gli esperti hanno sottolineato un dato in particolare. La stima secondo la quale l'1% della popolazione italiana (si tratta di circa 600mila persone) soffrirebbe di celiachia, dopo 20 anni è da rivedere ma al rialzo. Dati emersi da un recente studio sul tema, tutto italiano, indicano che la prevalenza generale è in crescita, specialmente in determinate aree metropolitane, tanto da sfiorare il 2% di persone coinvolte, toccando quasi un milione di casi.

Test del sangue per pazienti con sintomi insoliti

Secondo gli esperti alla base di questo aumento nei numeri ci sarebbero probabilmente cause ambientali, non ancora ben individuate. E’ importante però richiamare alla necessità di migliorare le diagnosi che ad oggi vengono stilate in media oltre 6 anni dopo i primi sintomi emersi. Questo, dicono gli esperti, soprattutto per scovare i cosiddetti 'pazienti camaleonte', vittime di sintomi particolarmente insoliti come afte ricorrenti in bocca, orticaria, anemia o irregolarità mestruali. Per far fronte a questa condizione medica, gli esperti rimarcano l’importanza di alcuni test del sangue mirati, specie su pazienti ricoverati in reparti ospedalieri come ginecologia, pediatria e medicina interna. L’obiettivo è quello di scovare il prima possibile tutti quei casi che non verrebbero a galla perché si presentano con sintomi sfuggenti. In Italia, si può leggere sul sito dell’Aic, circa 400.000 persone non sono consapevoli di avere la celiachia che, se non diagnosticata, può portare a problemi come fratture spontanee ripetute negli adulti, aborti ripetuti, infertilità, disturbi della gravidanza, carenza di ferro o anemia, oltre a complicanze più drammatiche come il linfoma intestinale.

Cos’è la celiachia

La malattia celiaca (o più comunemente celiachia) è un’infiammazione cronica dell'intestino tenue, scatenata dall'ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. Ne parlano proprio gli esperti dell’Aic, citando anche la dermatite erpetiforme, considerata una variante della celiachia. Si tratta infatti di una patologia scatenata in soggetti geneticamente predisposti dall’assunzione dietetica di glutine e caratterizzata da lesioni cutanee specifiche e distintive, che regrediscono dopo l’eliminazione del glutine dalla dieta. Il glutine, vero nemico dei celiaci, è descritto come la frazione proteica alcool-solubile di alcuni cereali, quali frumento, orzo e segale.

I sintomi della patologia

La celiachia, sottolineano gli esperti, è caratterizzata da un quadro clinico piuttosto variabile, che va dalla diarrea profusa con marcato dimagrimento, a sintomi extra intestinali, all’associazione con altre malattie autoimmuni. A differenza di altre allergie come quella al grano, la celiachia e la dermatite erpetiforme non sono indotte dal contatto epidermico con il glutine, ma esclusivamente dalla sua ingestione.

Diagnosi e terapia

La celiachia può essere identificata con assoluta sicurezza attraverso la ricerca sierologica e la biopsia della mucosa duodenale attraverso una duodenoscopia. Gli accertamenti diagnostici per la celiachia devono necessariamente essere eseguiti nel corso di una dieta a base di glutine. Secondo i medici invece la dieta priva di glutine è l’unica terapia disponibile per chi soffre di celiachia e va seguita con estremo rigore per tutta la vita. Per i genitori poi gli esperti sottolineano che introdurre il glutine a 6 o 12 mesi di vita del bambino, non contribuisca a modificare il rischio globale, pur ritardando eventualmente la comparsa di celiachia. Questa accortezza però può contribuire a ridurre il rischio di sviluppare questa condizione soprattutto nei bambini ad alto rischio genetico.  

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