Salute, Cittadinanzattiva: “Fino a 360 giorni di attesa per una tac”

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In Italia la principale emergenza sanitaria non riguarda la qualità delle cure, ma la possibilità stessa di accedervi. Si arrivano ad aspettare fino a 540 giorni per una risonanza magnetica all’encefalo e per una visita oculistica; fino a 720 giorni per una colonscopia e anche oltre i 400/500 giorni per le prime visite specialistiche

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Liste d’attesa, carenza di personale e disomogeneità territoriale nell’erogazione dei servizi sanitari mettono ancora a rischio l’effettività del diritto alla salute. È l'allarme lanciato da Cittadinanzattiva, in occasione della presentazione al ministero della Salute del Rapporto Civico sulla Salute 2025 e del Rapporto sulle Politiche della Cronicità. Dall'analisi di oltre 16.800 segnalazioni dei cittadini emerge che il 47,8% riguarda difficoltà di accesso alle prestazioni, soprattutto a causa delle liste d'attesa: fino a 360 giorni per una Tac, 720 per una colonscopia e 500 giorni per le prime visite specialistiche. In fascia urgente però, secondo una rielaborazione di Cittadinanzattiva su dati Agenas 2025, una colonscopia supera per un paziente su quattro i 105 giorni di attesa rispetto al limite di 72 ore. Per le prestazioni differibili, come mammografia e visite dermatologiche, poi, i tempi arrivano rispettivamente a 147 e 177 giorni.

I tempi

Secondo la Piattaforma Nazionale Agenas, solo il 40,6% delle prestazioni diagnostiche e il 34,5% delle visite specialistiche vengono accettate dal cittadino alla prima disponibilità proposta dal Cup. Il rispetto dei tempi massimi è garantito solo per circa metà delle prestazioni, mentre la trasparenza e la qualità dei dati variano fortemente tra Regioni, con un netto divario Nord-Sud. Le disuguaglianze si riflettono anche sui pazienti cronici e rari. L'83,6% dei cronici indica i tempi di attesa come principale criticità; oltre il 55% ha rinunciato almeno a una visita o esame negli ultimi 12 mesi e l'85,9% ha sostenuto spese di tasca propria. Inoltre, il 43% deve spostarsi in un'altra Regione e il 78% affronta costi diretti elevati. Cittadinanzattiva evidenzia anche che solo 8 Regioni su 21 hanno fornito dati completi sulle liste d'attesa e l'accesso alle cure rimane fortemente influenzato dal territorio di residenza.

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Il manifesto-appello di Cittadinanzattiva

“Il nostro Servizio sanitario nazionale resta l’antidoto più efficace per superare le disuguaglianze e garantire la salute a tutti e a tutte -  ha detto Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva -. Vogliamo mettere la sanità e la costruzione della salute pubblica al centro di un dibattito di cui i cittadini siano i protagonisti, con i loro diritti e con le loro responsabilità; vogliamo contrapporre alla rassegnazione o al rischio di una profezia che si autoavvera - quella che la malattia del Servizio sanitario nazionale sia talmente grave che lasciarlo morire non fa la differenza - il potere di autonoma iniziativa che l’articolo 118 della Costituzione ci riconosce, e favorire una stagione di confronto con e fra i cittadini, a partire dalla quale proporre un’Agenda civica sulla salute e sul Servizio sanitario nazionale. Su questo chiediamo a istituzioni e professionisti, anche attraverso un Manifesto-appello che presentiamo oggi, di ritornare a dibattito unitario in cui privilegiare la partecipazione, le interconnessioni e la sinergia per ridare nuovo ossigeno ad un concetto di salute basata sulle persone, siano essi professionisti che cittadini”.

L'intervento del ministro Schillaci

"Incontrerò i presidenti delle Regioni appena dopo le feste natalizie di fine anno per ribadire che ci vuole un impegno concreto e più puntuale per ridurre le lista di attesa" ha detto il ministro della Salute Orazio Schillaci intervenendo a Start su Sky TG24. Sulle liste d'attesa, ha aggiunto, "bisogna fare di più. Bisogna far funzionare le macchine il sabato e la domenica, bisogna pagare gli operatori sanitari che scelgono l'abbattimento della lista di attesa nelle strutture pubbliche come è previsto dalla legge. E poi c'è un ultimo aspetto che va ribadito: l'appropriatezza", ha precisato il ministro. "Dobbiamo far sì che quando una persona ha bisogno di un esame, di un intervento chirurgico, venga fatto nei tempi giusti. Però, dobbiamo evitare di far fare alle persone esami inutili, che non servono, che non aggiungono nulla a quella che è la loro storia clinica", ha concluso.

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