Congelamento ovuli: numeri, leggi e incentivi in Italia ed Europa

A giugno, la Puglia è diventata la prima regione italiana a introdurre un contributo economico per il cosiddetto “social freezing”. Con uno stanziamento di 900mila euro per il triennio 2025-2027, la regione ha deciso infatti di sostenere le donne di età compresa tra i 27 e i 37 anni che scelgono di congelare i propri ovociti per motivi non medici, offrendo un contributo una tantum fino a 3mila euro. La misura, riservata alle residenti con ISEE inferiore a 30 mila euro, copre i costi della crioconservazione presso i centri di procreazione medicalmente assistita sia pubblici che privati. Nel resto del Paese, il congelamento di ovuli è sostenuto dal sistema sanitario nazionale solo per motivi medici : in tutti gli altri casi, le donne devono rivolgersi a centri privati, dove la procedura costa tra i 3 e i 4mila euro. Eppure, fuori dai confini nazionali, la Puglia non è pioniera assoluta. Dal 2021, la Francia ha reso il social freezing completamente gratuito, estendendo la possibilità a tutte le donne tra i 29 e i 37 anni di congelare i propri ovociti senza giustificazione medica. Ma cosa succede nel resto dell'Unione europea? E quali sono state le conseguenze del provvedimento francese sulla salute riproduttiva delle donne? La situazione in Europa e il caso francese Nella maggior parte dei Paesi dell'Unione europea, il congelamento degli ovociti per motivi non medici è legale all’interno di cliniche private, anche se esistono variazioni a livello nazionale sull’età limite della paziente, sul numero di tentativi consentiti e sul periodo di conservazione autorizzato. Malta, Slovenia, Austria e Ungheria hanno scelto invece la strada del divieto assoluto, mentre in Polonia la pratica è fortemente scoraggiata dalle autorità sanitarie. La Lituania, dal canto suo, si trova in una situazione di vuoto normativo, senza un quadro legale che regolamenti esplicitamente la procedura. Questa frammentazione legislativa ha una conseguenza diretta: la scarsità di dati affidabili sul ricorso al social freezing. Poiché nella maggior parte dei casi le donne si rivolgono alla sanità privata, che spesso resta al di fuori dei circuiti di monitoraggio sanitario nazionale, diventa difficile quantificare realmente il fenomeno. Uno studio condotto in Belgio su 843 donne che si sono sottoposte alla crioconservazione tra il 2009 e il 2019 offre però alcuni spunti interessanti: delle 231 pazienti che sono tornate in clinica, il 48% ha effettivamente utilizzato i propri ovociti congelati per tentare una gravidanza. Un’altra ricerca, realizzata invece su 180 donne francesi che hanno congelato i loro ovuli grazie alla legge approvata nel 2021 rivela che, nonostante la copertura statale dei costi, il profilo sociodemografico delle pazienti rimane invariato rispetto ai Paesi dove la procedura non è finanziata pubblicamente. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Il profilo che emerge è infatti quello di una donna di circa 35 anni che vive in aree urbane e che in 7 casi su 10 è single. Tre quarti del campione inoltre ha una laurea magistrale o titolo superiore, mentre solo il 2,8% non ha completato studi oltre le superiori. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Nonostante oltre la metà delle intervistate appartenga alla categoria delle “professioni intellettuali superiori”, 6 donne su 10 dichiarano che non avrebbero intrapreso il percorso se la procedura non fosse stata coperta dal sistema sanitario nazionale. La democratizzazione di questa pratica, insomma, è apprezzata dalle pazienti, ma resta per il momento appannaggio di un’élite socioculturale ben precisa. La diffusione dei centri di PMA in Italia Come nel resto dell’Unione europea, anche in Italia è difficile ottenere dati chiari sulla diffusione del congelamento degli ovociti per motivi non medici. In un’intervista, Antonio Vaiarelli, responsabile medico-scientifico del centro Genera di Roma, ha affermato che procedure sono in aumento ma "siamo comunque molto lontani da una diffusione su larga scala: parliamo di alcune centinaia di procedure l'anno, purtroppo ancora pari a meno del 10% di tutti i cicli di PMA che effettuiamo nei nostri centri". Se non visualizzi il grafico, clicca qui I numeri ufficiali della relazione del Ministero della Sanità al Parlamento del 2022 fotografano un sistema sanitario che ha gestito 109.755 cicli di procreazione medicalmente assistita. La percentuale di gravidanza per scongelamenti effettuati sui trattamenti eseguiti con embrioni crioconservati risultava pari al 32%, mentre era del 16,6% nei trattamenti con scongelamento ovocitario . Ma è la distribuzione geografica dei centri di II e III livello a rivelare la vera criticità del sistema: mentre Lazio, Campania e Lombardia concentrano la maggior parte delle strutture specializzate, Valle d'Aosta, Molise e Basilicata possono contare su un solo centro ciascuna. Una disparità che, nel contesto dell'iniziativa della Puglia, dove si trovano undici centri di II e III livello, assume un significato particolare: non basta garantire il sostegno economico se manca l'infrastruttura sanitaria per renderlo effettivo.

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