Tra le forme più diffuse c’è la lombosciatalgia, che interessa quattro cittadini su dieci in età lavorativa. Al congresso “Lombosciatalgia – emergenza globale” esperti come Alberto Alexandre hanno illustrato i progressi delle terapie mininvasive e l’importanza di cure personalizzate. L’Oms raccomanda un approccio integrato per gestire una patologia destinata a crescere a livello mondiale
Circa 8 milioni di italiani soffrono di mal di schiena con dolore cronico, un disturbo che può compromettere la qualità della vita e che spinge sempre più pazienti a ricorrere a cure palliative per alleviare il dolore. Tra le forme più diffuse c’è la lombosciatalgia, che interessa quattro cittadini su dieci in età lavorativa. Su questo tema si è concentrato il congresso “Lombosciatalgia – emergenza globale” che si è svolto il 3 luglio alla Camera dei deputati. L’iniziativa è stata promossa dal neurochirurgo Alberto Alexandre, fondatore e direttore sanitario di Euni (European neurosurgical institute di Treviso), nonché referente per il Triveneto della società scientifica Simcri, e tra i maggiori esponenti della chirurgia rigenerativa mininvasiva del sistema nervoso periferico e del trattamento delle patologie della colonna vertebrale in Italia.
Le nuove terapie minimamente invasive
Nel corso del congresso, Alexandre ha fatto il punto su come le cure si sono evolute e sono migliorate dal primo decennio del 2000 ad oggi, nell’Ospedale di Lodi, dove, sotto la sua direzione, in collaborazione con il direttore generale professor Piergiorgio Spaggiari, ha dimostrato come trattamenti minimamente invasivi, quali la neurolisi endoscopica e l’ozonoterapia, hanno permesso di restituire benessere a persone sofferenti e consentirne il reintegro nell’attività lavorativa.
L’importanza di diagnosi e cure appropriate
Tra i relatori del congresso figuravano anche il professor Massimiliano Visocchi, neurochirurgo del Policlinico Gemelli di Roma, che gestisce la chirurgia strutturale dei casi complessi e il professor Raoul Saggini, specialista di Fisiatria dell’Università e-Campus. Entrambi hanno sottolineato quanto siano cruciali cure appropriate. “La diagnosi infatti è un puzzle in cui deve esserci una perfetta corrispondenza tra sintomi soggettivi, riscontri oggettivi ricavati dalla visita, dalle indagini Rmn e Tac, radiografie ed esame elettromiografico. Solo in queste condizioni gli studi internazionali sulla chirurgia mostrano risultati positivi”.
Un problema globale in crescita
Come sottolineato dagli esperti, la lombalgia-lombosciatalgia è la principale causa di disabilità a livello globale. Circa il 70% della popolazione adulta nel mondo sperimenta nella vita questo disturbo, che costituisce anche la prima ragione di visita negli ambulatori di medicina generale. Secondo i dati d’indagine Istat sullo stato di salute in Italia e i dati della Relazione sullo stato sanitario del Paese del ministero della Sanità del 2000, in Italia l’80% della popolazione ne è colpita almeno una volta nella vita. Nel 2020, la prevalenza della patologia era cresciuta del 60% rispetto al 1990: a livello globale circa 1 persona su 13, ha sperimentato questo problema. Le stime indicano che entro il 2050 i casi raggiungeranno circa 843 milioni.
L'impatto del mal di schiena sulla qualità della vita
Durante il congresso è stato evidenziato come il mal di schiena possa ridurre la qualità della vita e sia spesso associato ad altre condizioni di salute, oltre a un aumento del rischio di mortalità. Chi ne soffre in modo cronico, soprattutto tra gli anziani, può trovarsi più esposto a difficoltà economiche, lasciare il lavoro in anticipo e arrivare alla pensione con minori risparmi. Nella stessa fascia di età, il rischio di complicazioni dopo un intervento è più elevato, un aspetto che sottolinea quanto sia fondamentale un’assistenza personalizzata, calibrata sulle esigenze di ogni paziente. A un anno da un episodio di lombalgia, circa il 20% dei pazienti riferisce ancora sintomi, mentre il 3% risulta assente dal lavoro.
Le linee guida dell’Oms e le prospettive future
L’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda un approccio olistico e centrato sulla persona per la gestione della lombalgia cronica, tenendo conto dei fattori individuali che influenzano l’esperienza del dolore. Le linee guida europee indicano che in Italia vengono eseguiti ogni anno circa 30mila interventi chirurgici per ernia del disco lombare, con un tasso medio nazionale pari a 5,1 interventi ogni 10mila abitanti. L’introduzione di metodi mininvasivi ha permesso un risparmio notevole sia in termini di spesa sanitaria sia nel recupero funzionale dei pazienti, che possono tornare più rapidamente alla vita attiva.
