Uso degli antibiotici negli allevamenti, le differenze nel mondo

Gli antibiotici sono farmaci che hanno salvato milioni di vite umane dalle infezioni batteriche. Negli ultimi anni, tuttavia, il loro eccessivo utilizzo sta provocando sempre più preoccupazioni tra la comunità scientifica riguardo la crescente antibiotico-resistenza dei batteri. I danni del consumo eccessivo non sono provocati solo dagli antibiotici assunti direttamente dalle persone, ma anche da quelli somministrati negli allevamenti intensivi, che contano per circa il 70% dell’uso globale. Negli allevamenti, infatti, l’abuso di antibiotici spesso sostituisce pratiche di benessere animale, come spazi adeguati e buone condizioni igieniche che diminuirebbero in principio il rischio di contrarre infezioni da parte degli animali, favorendo la diffusione di malattie e batteri resistenti. Non a tutti gli animali, tuttavia, è somministrata la stessa dose di antibiotici. Secondo uno studio pubblicato nel 2023 sul giornale accademico Public Library of Science, le pecore e i maiali sono quelli che ne assumono di più: rispettivamente 243 e 173 milligrammi per chilo di carne prodotta. I bovini – che trascorrono più tempo all’aperto rispetto ai maiali – e i polli – che solitamente vengono macellati a un’età molto giovane rispetto agli altri animali da allevamento – ne assumono meno: rispettivamente 60 e 35 milligrammi per chilo di carne. Si tratta però di stime effettuate a livello globale, ma la situazione è molto variabile a seconda del Paese. Il Made in Italy non eccelle Lo stesso studio di cui sopra, riportato dal portale di pubblicazioni statistiche dell’Università di Cambridge Our World in Data , mostra che in Asia, Oceania e in molti Paesi delle Americhe si usano in media molti più antibiotici rispetto a Europa e Africa. La Thailandia è il Paese dove in assoluto si fa il maggiore utilizzo di antibiotici negli allevamenti: 338 mg per kg di bestiame. La Cina, Paese che secondo OWID è il maggiore produttore di carne al mondo, si trova al settimo posto, con 208 mg per kg di bestiame. Gli Stati Uniti, il secondo produttore mondiale di carne, si trovano nella parte bassa della lista con un utilizzo medio di soli 31 mg di antibiotici per kg di bestiame, mentre il Brasile, terzo produttore mondiale, è circa a metà classifica con 56 mg per kg di bestiame. Russia e India, al quarto e al quinto posto per volume di carne prodotta, utilizzano rispettivamente 76 e 113 mg di antibiotici per kg di bestiame. In Europa, esiste una notevole differenza tra i Paesi nord-occidentali e quelli sud-orientali. Spesso capita che il “Made in Italy” sia decantato per la sua qualità e genuinità, soprattutto per quanto riguarda il cibo, ma l’Italia è uno dei Paesi dell’Unione europea dove negli allevamenti si somministrano più antibiotici: 73 mg per kg di bestiame. Fanno peggio di noi solo Bulgaria , Grecia , Spagna , Portogallo e Cipro . Benché non soggetti ai regolamenti Ue, anche alcuni Paesi dell’Europa dell’Est e dei Balcani come Bielorussia , Bosnia ed Erzegovina , Ucraina , Serbia e Moldavia fanno meglio dell’Italia. Eccellono invece i Paesi scandinavi e del Nord europa: in Norvegia, Svezia, Finlandia, Lituania, Islanda, Lussemburgo, Slovenia, Regno Unito, Lettonia, Austria, Svizzera, Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Francia e Slovacchia, i milligrammi di antibiotici per chilo di bestiame sono uguali o inferiori a 22. Nei primi cinque di questa lista, la quantità è addirittura inferiore ai 10 mg per kg di bestiame.

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