Peste suina, in Italia 24 focolai. Il commissario: “Serve prudenza”

Salute e Benessere
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Introduzione

"La situazione è complessa", in quanto "legata a un'ondata epidemica, ma definirla drammatica è esagerato. Bisogna essere prudenti". Lo ha sottolineato Giovanni Filippini, Commissario Straordinario alla Peste suina africana. "E' chiaro", ha proseguito, "che c'è tantissima preoccupazione da parte di associazioni e allevatori, soprattutto di quelli che si trovano nelle zone di restrizione e sono soggetti alle misure e ai provvedimenti che ho inserito nell'ultima ordinanza". Ma, ha anche chiarito, "non emanerò un'ulteriore ordinanza. Il provvedimento è di tre giorni fa. Siamo in una fase di valutazione dei risultati legati all'applicazione” della stessa. 
Attualmente in Italia ci sono 24 focolai di peste suina africana (PSA): 18 in Lombardia, 5 in Piemonte e 1 in Emilia-Romagna. 

Quello che devi sapere

Una situazione complessa

Una situazione complessa ma “definirla drammatica è esagerato”. Questo, in sintesi, il pensiero del Commissario Straordinario alla Peste suina africana, Giovanni Filippini, dopo che nelle scorse ore Confagricoltura ha lanciato l'allarme sulle conseguenze commerciali ed economiche legate all'espansione dell'epidemia di PSA, parlando di "disastro". E anche dopo che la Federazione medici veterinari della Lombardia, area attualmente con più focolai d'infezione, ha minacciato lo stato di agitazione se non sarà "riconosciuto il lavoro aggiuntivo dei medici veterinari". Attualmente in Italia ci sono 24 focolai di peste suina africana: 18 in Lombardia, 5 in Piemonte e 1 in Emilia-Romagna.

 

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Cos'è la Psa

Come spiega l’Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) la peste suina africana “è una malattia virale dei suini e cinghiali selvatici che causa un'elevata mortalità negli animali da essa infettati”. Il virus che la provoca, sebbene sia innocuo per l'uomo, genera però “notevoli disagi socio-economici in molti Paesi”. Infatti, le aree interessate da PSA sono coinvolte nel “decesso degli animali, nelle restrizioni agli spostamenti di maiali, cinghiali selvatici e dei loro prodotti nonché nel costo delle misure di controllo”. L'eradicazione della malattia può richiedere diversi anni e non esistono vaccini né cure

Cos'è la Psa

Come si manifesta

I segni tipici della PSA sono febbre, aborti, emorragie e morte improvvisa degli animali infetti. Solitamente maiali e cinghiali selvatici sani vengono infettati per contatto diretto con altri animali infetti, oppure per contatto indiretto da ingestione di prodotti ricavati da animali infetti, per contatto con indumenti, veicoli o attrezzature contaminati o, ancora, a causa delle punture di zecche molli infette se presenti nell'area

Un'ondata endemica

"La situazione è complessa", in quanto "legata a un'ondata epidemica, ma definirla drammatica è esagerato. Bisogna essere prudenti", ha rassicurato Filippini. "E' chiaro", ha proseguito, "che c'è tantissima preoccupazione da parte di associazioni e allevatori, soprattutto di quelli che si trovano nelle zone di restrizione e sono soggetti alle misure e ai provvedimenti che ho inserito nell'ultima ordinanza". Ma, ha anche chiarito, "non emanerò un'ulteriore ordinanza. Il provvedimento è di tre giorni fa. Siamo in una fase di valutazione dei risultati legati all'applicazione” della stessa, ha confermato

Possibili ulteriori provvedimenti

“In questo momento c'è molta attenzione da parte della struttura commissariale e da parte dei ministeri della Salute e dell'Agricoltura sull'evoluzione della situazione in quei territori. Dopo di che sulla base di quello che sarà, siamo pronti a valutare la situazione e prendere anche ulteriori provvedimenti", ha ribadito ancora Filippini

Le ultime misure

Effettivamente, l'ultimo provvedimento sul tema è arrivato solo lo scorso 29 agosto e prevede una serie di misure definite "urgenti" e finalizzate a fermare la circolazione del virus, dopo la scoperta di focolai in Lombardia, Piemonte e Emilia-Romagna. Più precisamente, l'ordinanza inasprisce i divieti di movimentazione degli animali e di accesso agli allevamenti situati nelle zone di restrizione I, II, III del Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e aumenta l'attenzione ai requisiti di biosicurezza degli allevamenti. Infatti, le aziende che non si atterranno alle regole per limitare i contagi dovranno chiudere

Le ultime misure

Il monito dei veterinari della Lombardia

La recente ricomparsa della peste suina africana negli allevamenti di suini domestici "è motivo di grande preoccupazione per le ricadute sanitarie, economiche e sociali che ne derivano". Ma nessun cenno viene fatto al gravoso impegno dei veterinari del Servizio sanitario regionale, "che stanno moltiplicando il lavoro per i controlli sanitari negli allevamenti e per l'estinzione dei focolai". Lo ha segnalato Gian Carlo Battaglia, presidente della Federazione medici veterinari Lombardia. Serve, ha scritto, che "sia riconosciuto il lavoro aggiuntivo dei medici veterinari o sarà stato di agitazione". Tra l'altro i veterinari delle agenzie di tutela della salute, in Lombardia stanno lavorando con organici insufficienti: "Basti dire che nella regione sono presenti solo 11% dei veterinari del Servizio sanitario nazionale a fronte di filiere, come quella suina, che valgono il 40% di quelle nazionali, e con un numero di focolai che sono già il doppio di quelli del 2023"

Il parere di Coldiretti

A commentare la situazione anche Coldiretti, secondo cui la diffusione PSA rappresenta una grave minaccia per la filiera suinicola italiana, settore strategico per l'economia nazionale con un valore di circa 20 miliardi di euro e oltre 100.000 posti di lavoro coinvolti. Fondamentale, ha riferito all’Ansa la confederazione, è richiamare l'attenzione sull'importanza di adottare misure tempestive e incisive per sostenere le aziende colpite e salvaguardare la sopravvivenza di una filiera nevralgica per il sistema agroalimentare italiano. "Innanzitutto, è fondamentale che vengano erogati gli indennizzi dovuti alle aziende danneggiate dalla PSA, molte delle quali si trovano in gravi difficoltà”, ha sottolineato Coldiretti

Il parere di Coldiretti

Prevenire le speculazioni

Inoltre, ha proseguito, è “indispensabile garantire il risarcimento anche alle scrofe soggette a fermo aziendale, così come agli allevatori da ingrasso per il mancato reddito". Urgente, è stato inoltre sottolineato, è pure il monitoraggio costante dei prezzi dei suini pagati agli allevatori “per prevenire speculazioni e chiede l'immediata sospensione di mutui e contributi per le aziende colpite. Senza un intervento immediato e concreto, rischiamo di compromettere irrimediabilmente uno dei pilastri del nostro sistema agroalimentare", è stato dichiarato

La situazione in Piemonte

Intanto la preoccupazione serpeggia anche tra i suinicoltori piemontesi per i focolai di peste suina africana registrati sul territorio, concentrati in particolare in provincia di Novara, che hanno già portato all’abbattimento di circa 15 mila capi di bestiame. “E’ una situazione che ci preoccupa molto – ha detto all’Adnkronos il direttore della Coldiretti di Novara e Vercelli, Luciano Salvadori - anche perché il danno non è solo quello calcolato sul suino abbattuto che viene pesato e pagato, occorre calcolare pure il danno provocato alla selezione genetica, durata magari anche vent’anni, che in questo modo viene distrutta e costringe l’allevatore a ricominciare tutto da capo”

Il tema degli indennizzi

Non solo, ha proseguito Salvadori, perchè occorre tenere conto che “si tratta di animali che sono stati abbattuti perché così prevedono le norme sanitarie che vanno assolutamente rispettate ma che sono stati colpiti da un virus che in nessun modo viene trasmesso all’uomo”. Auspicando anche che quanto prima si proceda con gli indennizzi

Il rischio per la filiera

E proprio sugli indennizzi si è espresso anche il vicepresidente di Coldiretti Piemonte con delega territoriale alla zootecnia, Bruno Mecca Cici: “Gli indennizzi non devono solo riguardare quelle aziende che hanno subito abbattimenti, dobbiamo tenere in considerazione il tema del fermo aziendale che riguarderà tutti quegli allevamenti che saranno costretti a restare fermi e non potranno nemmeno ripopolare. A rischio c’è l’intera filiera suinicola piemontese che conta circa 3000 aziende, un fatturato di quasi 400 milioni di euro e 1.200.000 capi destinati soprattutto ai circuiti tutelati dalle principali dop italiane”, ha spiegato

Il rischio per la filiera