Virus B delle scimmie, i sintomi e come si trasmette all’uomo
L’Herpesvirus simiae è tipico dei macachi e sebbene in quasi un secolo i casi documentati siano una cinquantina - e solo uno di trasmissione fra esseri umani - non è da sottovalutare. Le prime manifestazioni della malattia sono simil-influenzali, ma se non si interviene tempestivamente l’infezione può progredire fino a causare sintomi neurologici, problemi di coordinazione muscolare, danni cerebrali e al sistema nervoso e il decesso del paziente
- Dopo che un 37enne di Hong Kong è stato attaccato da una scimmia durante un’escursione in un parco ed è finito in terapia intensiva, si è tornati a parlare dell’Herpesvirus simiae, noto anche come virus B
- Si tratta di un virus che si trova nella saliva, nelle feci e nelle urine delle scimmie, in particolare dei macachi. Questo significa che l’uomo può infettarsi tramite morsi o graffi di questi animali o se entra in contatto con occhi, naso o bocca della scimmia
- La prima infezione documentata da Herpesvirus simiae risale al 1932 e da allora fino al 2020 - riferiscono i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) - sono stati registrati un’altra cinquantina di casi (nessuno dei quali in Italia) di cui 21 mortali
- Non si tratta quindi di un virus molto diffuso e il rischio di contrarlo, visto anche che accade se si entra in contatto con una scimmia, è basso. Inoltre, dal 1932, è stato documentato un solo caso di trasmissione da uomo a uomo
- Come spiegano i Cdc, i sintomi solitamente compaiono entro un mese dall’esposizione al virus B, ma possono verificarsi anche in un lasso di tempo più breve di 3/7 giorni
- I primi sintomi sono simil-influenzali: febbre e brividi, dolori muscolari, affaticamento e mal di testa. Possono inoltre comparire delle vesciche in prossimità della ferita o della zona del corpo che è entrata in contatto con la scimmia
- È importante che il paziente sia trattato il prima possibile, perché l’infezione da Herpesvirus simiae causa anche altri sintomi come fiato corto, nausea e vomito e dolore addominale
- Se non si interviene tempestivamente l’infezione può progredire fino a causare sintomi neurologici e infiammatori vicino alla ferita, problemi di coordinazione muscolare, danni cerebrali e al sistema nervoso e il decesso del paziente
- Il virus B ha un "alto rischio di mortalità", spiega all'Adnkronos Salute Arnaldo Caruso (nella foto), presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv). Se inizialmente il virus provoca "sintomi locali, di tipo simil-influenzale" e trattabili con farmaci antivirali, "in almeno la metà dei casi l'infezione arriva a livello cerebrale e quando ciò accade la morte è altamente probabile"
- Come per tutti i virus erpetici, anche per curare l'Herpesvirus simiae nell'uomo esistono dei farmaci antivirali (aciclovir, ganciclovir). Medicinali che, dice Caruso, "vanno dati immediatamente, non appena si sospetta l'infezione. Perché se arriva al cervello i farmaci non possono più agire"
- "Certamente - aggiunge l'esperto - non stiamo parlando di un pericolo epidemico né tantomeno pandemico". È però "importante controllare il diffondersi dell'infezione tra le scimmie" e "sapere - avverte - che anche l'uomo può ammalarsi, se accidentalmente ferito da una scimmia infetta"
- "Si sa che negli Usa - sottolinea Caruso - ci sono colonie di scimmie portatrici di questo virus che pare si stia diffondendo all'interno delle colonie stesse". Se "dal punto di vista pratico sembra difficile che una scimmia riesca ad avere con l'uomo contatti tali da infettarlo, certamente - ammonisce l'esperto - se questo virus continua a diffondersi tra gli animali e questi entrano in contatto con l'uomo, il rischio di trasmissione all'uomo cresce. Serve controllare l'infezione all'interno delle popolazioni di scimmie, valutare le colonie"